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Gender Equality Officer: la nuova Figura Professionale necessaria alle Imprese

14 luglio 2023

di Florinda SCICOLONE

La Parità di Genere aziendale diventa sempre più un asset importante per le Imprese che vogliono investire in sviluppo sostenibile, dal momento che entro il 2030 non solo gli Stati, ma anche le aziende dovranno rimuovere ogni forma di ostacolo per il raggiungimento dell’obiettivo cinque che riguarda la realizzazione della parità di genere.

Altresì, il panorama legislativo europeo e nazionale in materia di empowerment femminile cui le aziende dovranno districarsi per adeguarsi sta diventando sempre più fitto.

Per quanto riguarda le normative europee, le due ultime.

  1. La prima, la Direttiva sulle quote di genere nei board dei CdA quotate.
  2. La seconda, la Direttiva che prevede la parità salariale con importanti novità per le aziende, dal divieto di chiedere la R.A.L precedente al candidato/a durante un colloquio di lavoro, all’obbligo di rendere pubblica nell’offerta della posizione di lavoro la R.A.L. Dedicherò un focus specifico su quest’ultima Direttiva ad hoc.

Vorrei per il momento dedicare un passaggio alla Direttiva sulle quote di genere nei board dei CdA quotate che dovrà essere recepita entro giugno 2026. Per il principio di preferenza, le Fonti di Diritto dell’Unione Europea prevalgono su quelle nazionali. Conseguentemente anche se lo Stato italiano ha già una sua normativa in materia di quote di genere nei CdA delle quotate che è la Legge Golfo – Mosca, con la legge di recepimento della Direttiva de qua:

  • decadranno tutte le norme della Legge Golfo-Mosca che saranno in contrasto con la Direttiva, oppure,
  • in altri casi le norme della Direttiva rinvieranno alla normativa nazionale.

Un punto fondamentale del testo della Direttiva prevede, tra l’altro, che lo Stato membro competente a regolamentare la società quotata dovrà essere quello in cui la società ha la sede legale, e non quello nel cui mercato regolamentato la società quotata negozia le azioni. Significa che la legge sarebbe quella del Paese in cui la società ha la sede legale. Significa che se una società ha sede legale in Italia, anche se negozia le proprie azioni in un mercato diverso da quello italiano, avendo la sede legale in Italia si applica il principio territoriale secondo la Direttiva, quindi di conseguenza troverà applicazione la disciplina dello Stato nel quale ha sede trovando cosi piena applicazione anche a quelle società anche nelle ipotesi di società che non negoziano le proprie azioni nella Borsa italiana, ma nelle Borse estere, ma per il sol fatto che abbiano sede in Italia rinvierebbe alla legge italiana che la Legge Golfo-Mosca con tutto quello che prevede come la vigilanza sotto l’egida della Consob ed eventuali sanzioni in caso di non conformità. In altre situazione come nel caso delle partecipate continuerà a trovare applicazione solo la Legge Golfo- Mosca.

Un altro elemento importante della Direttiva è la previsione secondo la quale le società hanno obbligo di fornire informazioni sulla rappresentanza di genere nei loro Consigli e sulle misure che stanno adottando per conseguire l’obiettivo del 40%. Ma, ancora di più, un elemento innovativo è l’aspetto meritocratico, infatti, vi è un importante previsione sulle misure integrate di salvaguardia in grado di garantire che non vi sia alcuna promozione automatica e incondizionata del genere sottorappresentato.

La Legge Golfo – Mosca, attualmente in vigore nel nostro stato non prevede il criterio del merito, ma un mero automatismo della quota del 40%, quindi adesso si dovrà comprendere quando entrerà in vigore la Direttiva come si concilierà con Legge Golfo Mosca, in quanto per il principio di preferenza, prevarrà la fonte di diritto europeo su quella italiana, quindi la normativa europea che identifica il criterio del merito per la quota del 40%. Però dovremmo anche comprendere come il legislatore italiano la concilierà con l’art. 3 della Costituzione che prevede che la legge è uguale per tutti, dal momento che non esiste una norma che prevede il criterio del merito per uomini nei CdA. Quindi per non essere in contrasto con l’art. 3 della Costituzione probabilmente il legislatore dovrà estendere il criterio uguale del merito a uomini e donne cioè a ogni membro che dovrà far parte dei board?

È vero che la normativa sia italiana che europea riguarda il genere sottorappresentato (no uomo o donna) quindi non vi un riferimento a quote rosa cioè quote femminili, ma nella pratica sappiamo che casi di sottorappresentanza di uomini non esistono.

Dal punto di vista giuridico il recepimento dovrà porre un equilibrio quindi tra il principio di uguaglianza previsto come principio nella carta costituzionale e verso la disciplina normativa precedente che vige in Italia cioè appunto la Legge Golfo-Mosca. Il recepimento dovrà porre un equilibrio, visto che l’Italia è uno di quei pochissimi paesi che già aveva una normativa in tal guisa preesistente.

A me personalmente piace molto il criterio del merito perché la meritocrazia dovrebbe regnare il mondo e soprattutto il mondo professionale quindi ben venga ma con un criterio uguale per tutti senza gap di genere.

L’approvazione della Direttiva rafforza un importante quadro europeo in materia di provvedimenti in materia di empowerment femminile in conformità alla strategia della parità di genere dell’Europa che dovrà realizzarsi entro 2025 e 2026.

Ritorno alla riflessione iniziale, ovvero la complessità del quadro normativo europeo e nazionale fanno sorgere sempre di più la necessità che la parità di genere aziendale non può essere più declinata ad una mera volontà d’impegno come scelta volontaria di alcune aziende virtuose, ma le normative europee identificano la necessità di sviluppare la parità aziendale e alcune normative italiane come quella della Certificazione della parità di genere identificano già un percorso chiaro verso il quale le aziende si dovranno dirigere ovvero creare pian piano un settore autonomo della Parità di genere affidando ad una figura che già viene indicata a grande linee dalla stessa UNI/PDR 125/2023 che è la figura della Gender Equality Officer. Alcune aziende stanno cominciando a prevedere tale figura, ma di qui a poco diventerà una necessità affidare tale settore a figure professionali preparate nella materia. Anche perché dal 2022 per gli Enti pubblici e Privati che sono destinatari di finanziamenti europei vi è la previsione obbligatoria di redigere Piani della Parità di Genere (Gender Equality Plan), uno strumento supportato e riconosciuto come un documento pubblico.

La Figura professionale della Gender Equality Officer si assiste che in alcune aziende comincia ad essere interna oppure in altre outsourcing questo dipende dalla dimensione dell’azienda di poter sostenere i costi d’inquadramento della figura, oppure esternalizzare, si sta affacciando per questa figura l’approccio di Temporary Manager. Una certezza indubbia è che il quadro che si delinea è quello della necessità di questa nuova figura professionale che:

  • che si dovrà occupare della creazione delle politiche strutturali di genere,
  • dovrà saper creare una strategia della parita di genere a lungo termine,
  • una figura alla quale dovrà essere affidato la programmazione dello sviluppo dell’empowerment femminile aziendale,
  • che dovrà in modo trasversale dialogare e programmare con tutte le direzioni, dalla Direzione Generale, alla Direzione Finanziaria, alle Risorse Umane, alla direzione Legal, Compliance, Sicurezza nei Luoghi di lavoro.
  • Dovrà sapere redigere i Piani della parità di Genere.

Oggi gli stakeholder in assoluto quelli stranieri premiano le aziende che investono in parità. La Certificazione della parità di genere che è su base volontaria, se le aziende vorranno ottenere l’effetto premiale nei bandi, negli appalti, dovranno presentare la certificazione della parità e non più in autocerticazione.

Le Linee Guida della UNI/PDR125 prevedono che l’azienda deve nominare un Comitato della Parità e un Coordinatore, Responsabile della parità. Quindi la necessità di una figura che sia in grado di gestire, programmare e far raggiungere all’azienda obiettivo delle politiche di equità e inclusive. Una Figura che sappia indicare le politiche di genere nella DNF (Dichiarazione non Finanziaria), dal momento che ancora sono poche le aziende che identificano le politiche di genere nella DNF perché ancora un settore in via di costituzione nella maggior parte delle Imprese. Oltre a prevederlo la UNI/PDR è sorta l’esigenza per le aziende di affidare, pertanto, lo sviluppo della parità a figure competente professionali, formate con specifiche expertise e soft skills per la materia. Non può più essere lasciato a buone volontà ma a figure competenti, gli stessi 6 KPI della UNI PDR125 indicano la complessità dello sviluppo degli indicatori, indicano che le aziende che vorranno certificarsi dovranno programmare e investire in parità, pertanto, necessità una programmazione in strategia, policy, progetti perché la parità di genere diventi un driver importante dello sviluppo aziendale, affinchè diventi un driver sostenibile vincente per l’intero business dell’Impresa.



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