Salute e Sicurezza sul lavoro

Salute e sicurezza sul lavoro: spunti per l’implementazione di idonei presidi

12 ottobre 2022

di Paola GRIBALDO

L’attenzione sempre più crescente ai temi di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è anche il riflesso dei recenti interventi legislativi; infatti, il D.L. n. 146/2021, convertito in L. 215/2021, ha introdotto importanti novità al D.Lgs. n. 81/2008, rafforzando il compito/dovere della formazione e vigilanza in capo al datore di lavoro, con l’obiettivo (anche) di ridurre gli infortuni sul lavoro.

L’importanza dell’informazione e formazione

Il tema della formazione è oggetto della sentenza della Cassazione Penale n. 32434(1) dell’8 giugno 2022 che conferma la condanna del datore di lavoro per omicidio colposo, aggravato dalla violazione della disciplina prevenzionistica, per la morte di un operaio – dipendente della sua azienda agricola – a seguito di un incidente avvenuto nel 2018, provocato dal ribaltamento della macchina agricola che stava conducendo su un tratto di strada a forte pendenza e senza indossare la cintura di sicurezza.


La causa del sinistro era stata rintracciata nella mancanza di formazione ed informazione del lavoratore, il quale non aveva mai seguito corsi sui rischi per la salute e la sicurezza connessi all’attività lavorativa svolta.

La Cassazione, condividendo l’impostazione dei giudici dei precedenti gradi di giudizio, riconosceva sì che il tragico incidente fosse stato determinato dall’accentuata pendenza del terreno bagnato e dalla condotta del lavoratore, che aveva eseguito una manovra pericolosa e vietata dallo stesso manuale d’uso del mezzo, tuttavia, traeva da tale comportamento la prova del deficit formativo della vittima in riferimento alle caratteristiche e potenzialità del macchinario da lui condotto.

Pertanto, è stata confermata la responsabilità del datore a titolo di colpa specifica per non aver adempiuto agli obblighi di formazione ed informazione gravanti su di lui, a nulla rilevando le condotte imprudenti del lavoratore, trattandosi – anzi − di conseguenza diretta e prevedibile dell’inadempienza degli obblighi formativi del datore di lavoro.
Un obbligo, quello datoriale di informazione e formazione dei dipendenti, che non è escluso né è surrogabile dal personale bagaglio di conoscenza del lavoratore, formatosi per effetto di una lunga esperienza lavorativa.

In termini del tutto analoghi si era pronunciata la Corte di Cassazione Penale in data 17 maggio 2022 che, con la sentenza n. 34936(2), aveva condannato l’ente per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25 septies del D.Lgs. 231/2001. Anche in questo caso, era stato individuato il profilo di colpa del datore di lavoro nel non aver fornito adeguata formazione all’infortunato, ravvisando il vantaggio dell’ente nel risparmio di spesa derivante dall’omessa redazione di idoneo DVR (Documento di Valutazione dei Rischi), dalla mancata formazione dei lavoratori e predisposizione di misure di salvaguardia.

Le sentenze in commento confermano il consolidato indirizzo giurisprudenziale che riconosce in capo al datore di lavoro l’obbligo di proteggere l’incolumità del lavoratore anche da condotte imprudenti, negligenti o imperite di quest’ultimo. Il comportamento colposo del dipendente è idoneo ad escludere la responsabilità penale del datore di lavoro solo “allorquando il comportamento anomalo del primo (n.d.r. il lavoratore) sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore” (Cass. n. 34936/2022; in senso conforme, Cass. n. 13198/2021, 37761/2019, 44327/2016, 14010/2015).

Health & Safety e 231

Come emerge dalla sentenza da ultimo citata (Cassazione nr. 34936/2022), la materia della salute e sicurezza sul lavoro è naturalmente connessa alla responsabilità degli enti ex D.Lgs. 231/2001, essendo le fattispecie di reato afferenti a tale ambito incluse nel catalogo dei reati-presupposto.

Recentemente la Cassazione penale, con sentenza n. 34943/2022(3), si è pronunciata sulla possibilità di attribuire al delegato in materia di sicurezza una posizione da “apicale” all’interno dell’ente (ai fini del riconoscimento della responsabilità amministrativa da reato in capo allo stesso). Sul punto, è stato chiarito come la piena autonomia di decisione costituisca il presupposto di operatività della delega di funzioni in materia di prevenzione sul lavoro, senza che ciò implichi il riconoscimento di poteri di amministrazione, di gestione e di rappresentanza che coinvolgono l’ente nel suo complesso ovvero una articolazione organizzativa dello stesso.

Secondo la Suprema Corte, infatti, “non può costituire elemento sintomatico della costituzione di una posizione verticistica ovvero direzionale lo strumento delineato dall’art. 16 D.Lsv. 81/2008 che attiene al diverso ambito della delega di funzioni nel settore della prevenzione dei rischi in ambito lavorativo, che non determina il trasferimento della funzione datoriale, nella sua accezione gestionale e di indirizzo, né di regola, la costituzione di una posizione verticistica, ma risulta strutturato per sollevare il datore di lavoro da singoli incombenti in materia di sicurezza nel limitato ambito delle funzioni trasferite”.

La società che, prima della commissione del reato abbia implementato un idoneo Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo (Modello 231), non risponde per il reato di lesioni colpose commesso dal delegato alla gestione della sicurezza, in quanto non è possibile operare una sorta di equiparazione tra il potere di compiere scelte decisionali in piena autonomia in materia di salute e sicurezza ed il riconoscimento di una veste apicale, secondo la previsione dell’art. 5 lett. a) del D.Lgs. 231/2001 per cui l’ente è responsabile per i reati commessi “da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, nonché da persone che esercitano anche di fatto, la gestione o il controllo dello stesso“. Tale norma, infatti, non è rivolta ad individuare le posizioni in ambito H&S (datore di lavoro, dirigente, preposto), “bensì a indicare, in termini generali e omnicomprensivi la massima espressione di rappresentanza e di gestione dell’ente-persona giuridica la cui responsabilità è determinata dalla commissione dei reati presupposto”.

Posto che gli obblighi prevenzionistici gravanti sul datore di lavoro possono essere trasferiti a un delegato (salvo quelli espressamente non delegabili ex art. 17 D. Lgs. n. 81/2008), tale delega di funzioni determina solo l’attribuzione di un definito novero di competenze e non anche l’intera gestione aziendale. Il delegato non può dunque essere elevato al rango di soggetto apicale, tanto più che lo stesso rimane sottoposto all’ampio potere del delegante, che viene esercitato anche sotto forma di vigilanza. Al fine di evitare equivoci circa le responsabilità dei vari soggetti coinvolti nella gestione della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, oltre a pericolose risalite di responsabilità ai vertici aziendali con esposizione della società al rischio di imputazione ex D.Lgs. 231/2001 per i reati commessi, è opportuno strutturare adeguati sistemi di deleghe e procure aziendali, predisporre procedure e implementare adeguati sistemi di controllo che possano rafforzare la tenuta del Modello 231.

 

Intervento di Paola GRIBALDO  – Avvocato, LL.M. | Director | Managing Associate  c/o   Deloitte Legal Italy

 


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   Corte di Cassazione, Sentenza n. 32434 dell’ 08/06/2022

(2)   Corte di Cassazione, Sentenza n. 34936 del 17/05/2022

(3)   Corte di Cassazione, Sentenza n. 34943 del 24/05/2022



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