di Gianluca BOZZELLI
L’art. 69 comma 2 del d.lgs 231/2007 (decreto antiriciclaggio o decreto) stabilisce il termine massimo della durata del procedimento sanzionatorio:
«[…] il termine per la conclusione del procedimento sanzionatorio è di due anni, decorrenti dalla ricezione della contestazione notificata all’amministrazione procedente. […] le predette notifiche all’amministrazione sono effettuate esclusivamente tramite posta elettronica certificata.
Il predetto termine è prorogato di ulteriori sei mesi nel caso di formale richiesta da parte dell’interessato di essere audito nel corso del procedimento.
In ogni caso, il procedimento si considera concluso con l’adozione del decreto che dispone in ordine alla sanzione».
L’interpretazione della norma non può prescindere dal dato letterale;
- questa farebbe – prima facie – propendere per la certa decorrenza del termine decadenziale, con l’ individuazione del dies a quo,
- dalla ricezione della notifica da parte dell’amministrazione procedente.
Ciò si ritiene vero e generalmente considerato, eppure, così non può intendersi in maniera inequivoca per ogni ipotesi possibile.
Innanzitutto, la previsione normativa ipotizza che vi sia la notifica della contestazione all’amministrazione procedente, il che logicamente porterebbe a escludere l’applicazione della disposizione a tutti i casi in cui la contestazione non debba essere notificata all’amministrazione procedente, in quanto è la stessa «amministrazione procedente» ad effettuare la verifica: non appare questa un’ipotesi scolastica, se si considerano i motivi che seguono.
Ai sensi dell’art. 9, comma 5 del decreto, il Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza (NSPV):
- accerta e contesta, con le modalità e nei termini di cui alla legge n. 689/1981, ovvero
- trasmette alle Autorità di vigilanza di settore, le violazioni degli obblighi alla disciplina antiriciclaggio riscontrate nell’esercizio dei suoi poteri di controllo(1).
Ai fini dell’esecuzione delle attività di servizio di verifica, sono previsti i poteri di cui all’art. 9 del decreto, ma i militari della Guardia di finanza si avvalgono (ai sensi dell’art. 2, del D.Lgs. n. 68/2001), dei poteri istruttori di accesso, ricerca, ispezione e verifica attribuiti in materia di IVA dagli artt. 51 e 52, del D.P.R. n. 633/1972 e dagli artt. 32 e 33, del D.P.R. n. 600/1973, per le imposte sui redditi(2).
Le attività di controllo non sono però svolte esclusivamente dalla GdF. Ai sensi dell’art. 21 comma 2, lettera a) del decreto, le attribuzioni e i poteri ispettivi e di controllo sono assegnati a diversi organi di controllo e i decreti di modifica (90/2017 e 125/2019) hanno confermato l’articolata ripartizione dei soggetti destinatari tra le Autorità di vigilanza di settore, il NSPV, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli (ADM), gli ordini professionali e la UIF. Il MEF, pure dotato di poteri ispettivi e di acquisizione di elementi utili e della documentazione, non pare avere autonomi poteri di controllo e verifica, servendosi degli organi indicati dal decreto.
Al termine della verifica, viene redatto un atto, eventualmente di contestazione dell’infrazione, ai fini della successiva trasmissione del verbale al MEF, competente per la fase istruttoria e l’irrogazione della sanzione; per le violazioni amministrative attestanti infrazioni al Testo Unico Bancario e la cui contestazione è rimessa alla competenza della Banca d’Italia, ai sensi dell’art. 144 TUB, viene predisposto un apposito verbale di constatazione da inviare alla predetta Autorità di vigilanza per l’ulteriore corso di legge. Per le ipotesi di violazioni penali, i militari operanti ottemperano alle proprie funzioni di polizia giudiziaria, procedendo alla comunicazione di notizia di reato alla competente Autorità giudiziaria(3).
Vero è che il Ministero cura tutta le fasi successive alla contestazione degli addebiti fino all’irrogazione del provvedimento sanzionatorio, cionondimeno può dirsi però serenamente che il verbale di contestazione della sanzione antiriciclaggio a seguito di verifica della NSPV debba essere sempre notificato al MEF quale «autorità procedente» ai sensi del comma 2 dell’art. 69?
No, almeno non serenamente, ad avviso di chi scrive.
Più specificamente, può dirsi che il verbale di contestazione di GdF trasmesso alla Direzione V del MEF rappresenti una «notificazione», anziché la mera trasmissione interna di un atto nell’ambito della medesima struttura organizzativa della stessa P.A.?
La risposta pare essere la medesima.
È noto che il MEF è organizzato in quattro dipartimenti che individuano altrettanti settori generali ed omogenei delle competenze ministeriali: Dipartimento del tesoro; Dipartimento della ragioneria generale dello Stato; Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi; Dipartimento delle finanze; tra le direzioni, si colloca la Direzione V – Prevenzione dei reati finanziari del Dipartimento del tesoro. Tale articolazione ministeriale si occupa della prevenzione del riciclaggio di denaro, degli illeciti valutari, dell’usura e del finanziamento del terrorismo, elabora le politiche e gli indirizzi generali del Ministero; predispone le proposte normative ed i provvedimenti d’attuazione; effettua il monitoraggio del rispetto della normativa e l’adozione delle relative sanzioni amministrative (comprese quelle di cui al Titolo V del decreto); gestisce il Fondo per la prevenzione dell’usura.
Secondariamente, nell’interpretare l’art. 69 del decreto, si deve considerare come «amministrazione procedente», in tema di sanzioni antiriciclaggio, non possa intendersi esclusivamente il MEF, essendo «procedenti» anche altre Autorità indicate nel decreto stesso: dall’art. 61 comma 2 (contestazione OAM per prestatori servizi di pagamento e IMEL), art. 62 commi 7 e 8 (Banca d’Italia, IVASS e CONSOB, per intermediari bancari, assicurativi e finanziari, SIM, SICAV, SGR) all’ultimo comma art. 62 (lo stesso MEF per quanto riguarda le violazioni degli apicali).
Salvo quanto previsto dall’art. 61, comma 2, e dall’art. 62, il MEF provvede all’irrogazione delle sanzioni per violazione degli obblighi previsti nel decreto nei confronti dei soggetti obbligati non sottoposti alla vigilanza delle autorità di vigilanza di settore (art. 65 comma 1).
A questo punto del ragionamento, si consideri che la L. 23 aprile 1959, n. 189, all’ art. 1 comma 1 prescrive che «Il Corpo della guardia di finanza dipende direttamente e a tutti gli effetti dal Ministro per le finanze»(4).
Inoltre, estendendosi alle verifiche AML le garanzie previste per gli accertamenti tributari e fiscali, viene in rilievo l’art. 17 della L. 212/2000 (Statuto del contribuente) definisce gli organi di controllo e verifica in materia tributaria come organi indiretti dell’amministrazione finanziaria(5).
Tutto ciò consentirebbe di affermare la previsione di un rapporto organico tra il Corpo della GdF e il MEF secondo la tradizionale dottrina amministrativistica, per cui il rapporto organico ha varia natura:
- a) gerarchia;
- b) direzione;
- c) coordinamento.
Per quello che qui viene in rilievo, la gerarchia è la relazione organizzativa che racchiude in sé tutte le potestà di sovraordinazione (quali l’ordine, l’indirizzo, la programmazione, il controllo e l’avocazione). Inoltre, si consideri anche che la PA risponde degli illeciti commessi dai suoi dipendenti (a norma dell’art. 28 Cost. e dell’art. 25, D.P.R. n. 3/1957).
Se si considera pertanto il rapporto organico — tra l’accertatore/contestatore ed il sanzionatore — si ritiene che possono distinguersi esclusivamente due distinti procedimenti amministrativi (di accertamento e contestazione da un lato e sanzionatorio dall’altro), da considerarsi come procedimenti distinti, ma effettuati dalla medesima pubblica amministrazione. Certo non può affermarsi si tratta di unico procedimento, che debba essere concluso nel termine — salve le eccezioni — previsto dall’art. 2 della L. 241/1990 (sul procedimento amministrativo), comprensivo della prima fase(6) e della seconda(7) e art. 12 comma 5 dello Statuto contribuente(8).
Se ne può concludere — secondo un’interpretazione garantista — che il termine decadenziale biennale, previsto dal comma 2 dell’art. 69 del decreto per la conclusione del procedimento sanzionatorio, decorra non già dalla notificazione del verbale di contestazione dalla GDF al MEF, ma dalla conclusione del procedimento di verifica. Tale fase conclusiva a sua volta coincide con il verbale di contestazione del NSPV, nel caso in cui l’amministrazione accertatrice sia dipendente e collegata — in forza di rapporto organico — con la medesima amministrazione procedente all’irrogazione della sanzione antiriciclaggio. La trasmissione del verbale di contestazione (dalla GDF al MEF) non potrebbe neppure definirsi attività di “notifica”, nel senso inteso dall’ordinamento civilistico (argomento ex art. 136 c.p.c.), secondo cui notificare s’intende portare a conoscenza secondo particolari forme che ne garantiscano l’effettività. In tali casi, si tratta infatti di semplice trasmissione interna del verbale di contestazione tra uffici della stessa amministrazione (pec da un account con desinenza .gov.it a una con medesima desinenza .gov.it).
Soccorre a tale interpretazione l’art. 17 comma 1 della legge 689/1981(9), disciplinante l’ obbligo del rapporto, ove si prevede che «qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione […] deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all’ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto».
Conferma l’impostazione del ragionamento — con certo margine di certezza logica — ancora, l’ art. 18 della legge 689/1981, disciplinante l’emissione dell’ ordinanza-ingiunzione, che prevede il diritto dell’interessato a far pervenire scritti difensivi, documentazione e richiesta di audizione(10). Se infatti il termine biennale per la conclusione del procedimento sanzionatorio dovesse intendersi – nel senso letterale del comma 2 dell’art. 69 – come decorrente dalla data di notificazione della contestazione all’ «amministrazione procedente», allora dovrebbe intendersi che tali ulteriori attività difensve dovrebbero confluire nel fascicolo dell’accertamento, non in quello del procedimento sanzionatorio: il che proprio non pare si possa affermare.
Le garanzie dell’interessato dovrebbero in tal caso prevedere l’obbligo – da parte dell’accertatore – di comunicazione all’incolpato della data di notificazione della contestazione all’autorità procedente, di modo che da quella data decorrano i trenta giorni per il deposito delle proprie osservazioni difensive, dell’allegazione di documenti e della richiesta di audizione. Paradossalmente (ma neppure tanto) potrebbe verificarsi il caso che l’amministrazione accertatrice non abbia ancora trasmesso (ad esempio per ritardi burocratici) il fascicolo al MEF, allorquando pervengano gli atti difensivi o la richiesta di audizione al ministero procedente: basterebbe immaginare la notificazione da parte della GdF al trentaduesimo giorno e scritti difensivial MEF al ventottesimo giorno. In tale ipotesi il MEF si vedrebbe recapitare documentazione o richiesta di audizione in relazione ad un procedimento che non sarebbe stato ancora ufficialmente aperto e di cui non avrebbe avuto notizia, mancando la trasmissione della contestazione mediante notifica.
Eppure, la norma ha una sua ratio: non sempre, come detto, procede alla verifica antiriciclaggio esclusivamente il NSPV, attività di controllo e di acquisizione documentale vengono effettuate anche da parte di altre autorità e amministrazioni. Diversamente, allorquando la verifica e la contestazione vengano effettuate da altre “amministrazioni” (in senso lato, Autorità, come intese nel decreto antiriciclaggio), emergerà l’esatta portata del disposto del comma 2 dell’art. 69, ovvero la decorrenza del termine decadenziale dalla notifica della contestazione, com’è anche logicamente intuibile: in tali casi, non essendo posto il sanzionatore in condizioni di conoscere la contestazione, se non attraverso un comunicazione per le vie ufficiali e formali della notifica(11).
Al fine di non lasciare l’accertato soggetto al decorso di un termine irragionevolmente dilatabile e incalcolabile, la Corte costituzionale ha più volte affermato (anche di recente) che «la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell’esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell’interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale. Inoltre, la fissazione di un termine per la conclusione del procedimento non particolarmente distante dal momento dell’accertamento e della contestazione dell’illecito, consentendo all’incolpato di opporsi efficacemente al provvedimento sanzionatorio, garantisce un esercizio effettivo del diritto di difesa tutelato dall’art. 24 Cost. ed è coerente con il principio di buon andamento ed imparzialità della PA di cui all’art. 97 Cost.»(12)
L’alternativa interpretativa tradizionale argomenta in analogia con l’art. 14 L. 689/1981(13). In tal caso, si riserva al giudice dell’impugnazione del decreto sanzionatorio, il vaglio di ragionevolezza della durata della fase di trasmissione dell’atto conclusivo della verifica all’amministrazione procedente e la valutazione della decorrenza del termine per la conclusione del procedimento di valutazione, con l’eventuale computo dell’eccedenza ai fini del calcolo del termine. Sono noti al giurista gli approdi interpretativi he suggeriscono — nella valutazione di ragionevolezza del tempo per la trasmissione — di tenere in considerazione gli strumenti di digitalizzazione delle attività e lo stato attuale del progresso tecnologico per gli invii telematici e le notifiche via PEC, in assenza di ostacoli reali, al fine di escludere l’irragionevolezza della compressione dei diritti di difesa in dipendenza di meri ritardi burocratici.
Intervento di Gianluca BOZZELLI, Avvocato Cassazionista, Fondatore di BG&P e di COMP.R.ESA Compliance & Responsabilità d’Impresa
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) La norma prosegue affermando che il NSPV espleta le funzioni e i poteri di controllo sull’osservanza delle disposizioni previste dal decreto da parte dei soggetti convenzionati e agenti di cui si avvalgono i prestatori di servizi di pagamento e gli IMEL, ivi compresi quelli aventi sede legale e amministrazione centrale in altro Stato membro, per l’esercizio della propria attività sul territorio nazionale, nonché da parte dei distributori ed esercenti di gioco, ivi compresi quelli di prestatori di servizi di gioco con sede legale e amministrazione centrale in altro Stato comunitario, che operano sul territorio della Repubblica italiana.
(2) Cfr. la Circolare del Comando Generale della Guardia di finanza n. 83607, in data 19 marzo 2012, in materia di “Attività della Guardia di finanza a tutela del mercato dei capitali”.
(3) Sulla base delle disposizioni previste dall’art. 220 del D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271 (disp. att. c.p.p.) e dell’art. 347 c.p.p. 2
(4) Il comma 2 prescrive che «Esso fa parte integrante delle Forze armate dello Stato e della forza pubblica ed ha il compito di: prevenire, ricercare e denunziare le evasioni e le violazioni finanziarie; eseguire la vigilanza in mare per fini di polizia finanziaria e concorrere ai servizi di polizia marittima, di assistenza e di segnalazione; vigilare, nei limiti stabiliti dalle singole leggi, sull’osservanza delle disposizioni di interesse politico-economico; concorrere alla difesa politico-militare delle frontiere e, in caso di guerra, alle operazioni militari; concorrere al mantenimento dell’ordine e della sicurezza pubblica; eseguire gli altri servizi di vigilanza e tutela per i quali sia dalla legge richiesto il suo intervento».
(5) «Le disposizioni della presente legge si applicano anche nei confronti dei soggetti che rivestono la qualifica di concessionari e di organi indiretti dell’amministrazione finanziaria, ivi compresi i soggetti che esercitano l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione di tributi di qualunque natura».
(6) Comma 1: «Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso».
(7) art 2 comma 6: «I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte».
(8) «La permanenza degli operatori civili o militari dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni. Il periodo di permanenza presso la sede del contribuente di cui al primo periodo, così come l’eventuale proroga ivi prevista, non può essere superiore a quindici giorni lavorativi contenuti nell’arco di non più di un trimestre, in tutti i casi in cui la verifica sia svolta presso la sede di imprese in contabilità semplificata e lavoratori autonomi. In entrambi i casi, ai fini del computo dei giorni lavorativi, devono essere considerati i giorni di effettiva presenza degli operatori civili o militari dell’Amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente».
(9) L’art. 65 comma 9 del decreto — che prevede l’applicazione al procedimento sanzionatorio di competenza del MEF delle disposizioni della legge 689/1981.
(10) «Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’articolo 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità. L’autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l’accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all’organo che ha redatto il rapporto»
(11) Non pare essere di copiosa giurisprudenza di merito che interpreti la norma nel senso indicato dallo scrivente. Eppure, recentemente, segue tale impostazione il Tribunale di Napoli con sent. n. 2352 del 7/3/2022.
(12) Corte Costituzionale sent. n. 151 del 11 maggio 2021.
(13) Per il caso di non immediata contestazione e l’interruzione di termini per vicende eventuali, come la richiesta del nulla osta all’autorità giudiziaria: cfr. ex multis Cass. n.24209.2022.