Compliance Covid19

Processi, Compliance e Covid19: C’è una lezione da apprendere?

16 marzo 2020

di Massimo BALDUCCI

La filosofia che sta alla base dell’approccio della compliance può dirci qualcosa su come affrontare la crisi determinata dal virus corona 2019? Personalmente penso di sì. Qui di seguito svilupperò il mio ragionamento e le mie considerazioni.

Richiamiamo innanzi tutto i concetti fondamentali della compliance (Ma cosa è questa Compliance?). In soldoni possiamo dire che la compliance riguarda quelle modalità di controllo che si dovrebbero adottare quando si lavora per processi.

Cosa significa lavorare per processi? Chiunque sia coinvolto in una attività lavorativa deve costantemente rispondere a questa domanda: ora cosa devo fare? Il premio Nobel per l’economia H.A. Simon sosteneva che il coordinamento dell’attività umana è garantito da una serie di meccanismi che riducono la complessità di chi è chiamato a prendere queste decisioni. Questi “meccanismi di riduzione della complessità decisionale” sono 4 e possono essere considerati come una coppia di due coppie. Mi spiego.

Da una parte abbiamo la prima coppia di meccanismi di riduzione della complessità decisionale: la gerarchia e la tradizione.

  1. Di fronte ad un qualsiasi evento l’operatore chiede al suo “capo” cosa fare (meccanismo gerarchico).
  2. Se si ripresenta in futuro un caso uguale l’operatore non disturba più il capo e ripete il comportamento di risposta che gli era stato comandato la volta precedente (meccanismo della tradizione).

Da un’altra parte abbiamo la seconda coppia di meccanismi di riduzione della complessità decisionale: la professionalità e i processi.

  1. Di fronte ad un qualsiasi evento l’operatore fa prima riferimento a che cosa prevedono i processi codificati per il caso che gli si presenta e, poi, alle sue conoscenze e competenze professionali.

 

Vanno qui fatte due considerazioni aggiuntive.

Innanzi tutto una considerazione che riguarda il quadro normativo:

  • nel caso della prima coppia il quadro normativo rispetta la struttura “chi ha potere/autorità su cosa” (esempio: responsabile del magazzino è il sig. Rostagno);
  • nel caso della seconda coppia il quadro normativo si rifà alla struttura “ogni volta che…., allora….” (esempio: ogni volta che arriva una consegna il responsabile di magazzino verifica se corrisponde all’ordine).

Una seconda considerazione riguarda la complessità socio-tecnica in cui ci si trova ad operare. In ambienti tradizionali e caratterizzati da basso sviluppo scientifico e tecnologico prevale la prima coppia (autorità e tradizione), mentre in ambienti sviluppati e dinamici prevale la seconda coppia (processi e professionalità), laddove i processi svolgono anche la funzione cruciale di coordinare la collaborazione positiva di molte e molto diverse professionalità.

Il meccanismo di controllo prevalente nel caso della prima coppia è quello dell’ispettore, sorta di poliziotto che scende dall’alto a controllare se si opera bene, senza aver sentito il bisogno di specificare a priori che cosa sia “operare bene” e “operare male”. Nel secondo caso il controllore (che viene spesso chiamato auditor) verifica se si stanno rispettando i processi, verifica cioè se i comportamenti tenuti comply with, sono in conformità con quanto previsto dai processi.

Orbene in Italia ci troviamo in una fase di passaggio, da una organizzazione del lavoro basata su gerarchia e tradizione ad una basata su processi e professionalità. La transizione non è indolore. La confusione regna sovrana (Ma cosa è questa Compliance?).

 

La difficoltà della transizione emerge con chiarezza se si vanno a vedere i processi destinati a garantire la sicurezza sul lavoro.

  • In quanti luoghi dovrebbero essere usate maschere che invece vengono ignorate?
  • In quante operazioni si dovrebbero indossare guanti che non vengono indossati?
  • In quante sale operatorie si rispettano i criteri di igiene?
  • In quanti ospedali si rispettano gli standards sull’igiene che richiederebbero disinfezioni accurate per lo meno una volta al giorno di ogni ambiente ospedaliero?

Si badi bene che il mancato rispetto di queste norme (di tipo procedurale) molto spesso non è dovuto ad una scelta del datore di lavoro mirante a risparmiare. Spesso il mancato rispetto degli standards di sicurezza è responsabilità degli operatori che non amano sentirsi limitati nella loro autonomia. Comunque dove questi standards vengono puntualmente e puntigliosamente rispettati i rischi di propagazione del Covid19 come di qualsiasi altra infezione è già sotto controllo, molto di più di dove si impongono restrizioni generalizzate che, però, non si sa se e fino a che punto impediscano la trasmissione del virus.

Che cosa c’entra tutto questo con il Covid19? In generale possiamo certamente affermare che dove si lavora per processi e si applicano le metodiche di controllo caratteristiche della compliance in maniera corretta la necessità di provvedimenti autoritari come quelli adottati in Italia sembra meno necessaria.

Dove si lavora per processi già da tempo (vedi il Belgio e l’Olanda) il telelavoro è in uso da diversi anni fondamentalmente per due motivi:

(i) ridurre i costi del datore di lavoro (in termini di postazioni di lavoro, riscaldamento, pulizie in generale tutti i costi riconducibili al facility management) e per,

(ii) ridurre l’inquinamento ambientale (il telelavoro significa minori spostamenti e, quindi, minore consumo di energia e minore inquinamento).

Va qui di sfuggita notato che il telelavoro non è affatto amato dal lavoratore dipendente. Il dipendente quando è in regime di telelavoro non è più controllato in base alla sua presenza oraria sul posto di lavoro ma è valutato sulla base del lavoro realizzato e dei risultati conseguiti in termini di output e outcome (sulla base di incontrovertibili dati forniti dal supporto informatico). Con buona pace dei tornelli voluti da Brunetta e rinforzati dalla Bongiorno. Uno dei modi di affrontare il Covid19 in questi paesi è stato quello di estendere al massimo la prassi del telelavoro, con grande scorno dei dipendenti.

Anche nell’adozione di metodiche di insegnamento a distanza la differenza tra chi opera in un ambiente orientato ai processi e chi si basa sulla gerarchia e la tradizione la differenza è notevole. Alla VUB (Vrije Universiteit Brussel) e a Leiden oramai in aula si fanno solo le esercitazioni, cioè l’apprendimento del “saper fare”. L’apprendimento del “sapere”, precisamente codificato in processi di FAD, avviene presso che esclusivamente on line. Per ridurre le occasioni di contatto non c’è stato bisogno di scoprire la formazione a distanza perché veniva già praticata.

Non sembra ingiustificato avanzare l’ipotesi che là dove si opera sostanzialmente per processi i controlli per contrastare il diffondersi del Covid19 si concentrano sulle singole organizzazioni e sull’accentuazione del lavoro per processi, limitando gli interventi impositivi a livello macro.

 


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

Massimo BALDUCCI (a cura di), Valutazione e Controllo, Milano, Franco Angeli 2014
Massimo BALDUCCI, L’influence de Administrative Behavior de H. Simon sur l’ étude des organisations e sur la théorie du Public Choice », in Revue française d’Administration publique, 2009 /3 (n. 131)

 



  • Commento Utente

    Carmelo Riccobono

    Articolo interessante e realistico. Oggi in Italia l’approccio per processi rimane molto all’interno degli uffici organizzativi e poco nei reparti operativi. Manca la pervasione culturale dall’alto al basso e a volte la conoscenza di metodi per processi viene applicata in modo gerarchico creando maggiore confusione.

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