Tutti colpevoli, nessun colpevole

Per non cadere nella trappola del «tutti colpevoli, nessuno colpevole»

6 ottobre 2023

di Giovanni COSTA

Gli stupri di Palermo e di Napoli (e non solo), gli operai morti a Brandizzo, i ricorrenti femminicidi, l’incoerenza di chi demonizza le tasse (pizzo di Stato), promette di tagliarle e nello stesso tempo cerca di rimpiazzare le risorse che si è appena sottratto o si accinge a sottrarsi: l’estate è stata scossa da una serie di eventi che hanno impegnato analisti e commentatori in denunce da non sottovalutare e senza farsi distrarre, se possibile, dalle improvvide esternazioni di generali, addetti stampa e altri.

Non le ha sottovalutate il Governo che è intervenuto con il «decreto Caivano» che prova ad affrontare una parte della questione.

È il caso di partire da alcuni dati di realtà.

  • Per consumare uno stupro continuato di gruppo non basta un branco ci vuole l’indifferenza, se non proprio la connivenza, di un’intera comunità con famiglie, istituzioni e altri ancora.
  • Per un femminicidio non bastano le ossessioni di una personalità immatura e violenta, ci vuole un deserto di relazioni sociali e affettive che viene da lontano e non va da nessuna parte.
  • Per provocare la morte di cinque operai in una notte di fine estate in un cantiere di manutenzione ferroviaria non bastano errori e negligenze dell’uomo o procedure obsolete non sostenute dalla tecnologia, ci vogliono pressioni sui «risparmi» lungo tutta la filiera delle manutenzioni e dei subappalti.
  • Per fare un centinaio di miliardi di evasione fiscale e contributiva non bastano gli artifizi finanziari, gli espedienti dei professionisti dell’elusione, le furbizie delle piccole imprese marginali o gli ammiccamenti assolutori delle ricorrenti campagne elettorali, ci vuole la più o meno consapevole complicità di tutto l’ecosistema politico, economico e sociale.

Per non cadere nella trappola del «tutti colpevoli, nessuno colpevole» è necessario esaminare i singoli casi, individuare i punti critici e le misure correttive. Ma senza una profonda rivoluzione culturale è difficile uscirne.

Si interviene ora con nuove leggi, nuove misure repressive e preventive, nuovi apparati di controllo. Legittimo dubitare della loro efficacia anche se tutto è migliorabile, ma si eviti il gioco delle parti per cui le opposizioni sanno cosa fare e i governanti no. Gioco che si inverte quando la ruota gira. Si lavori piuttosto sulla scoperta di soluzioni condivise, sullo sviluppo del senso del bene comune.

Va bene un severo controllo sul rispetto dell’obbligo scolastico ma si riaffermi la centralità dei processi educativi – avviati il più precocemente possibile – in tema di affettività, di solidarietà, di equità. Si evitino atteggiamenti indulgenti e tolleranti verso piccole infrazioni di linguaggio e di comportamenti che aprono la strada alle grandi deviazioni. E necessario uno sforzo corale per mettere alcuni punti fermi non negoziabili il cui controllo sia assunto da ciascuno attraverso un progressivo affinamento di sensibilità e di rigore.

Certo, di rigore. Non è di grande utilità la ricerca ossessiva di responsabilità collettive (la società) o di improbabili responsabilità adolescenziali, punto terminale di una catena di omissioni. Più utile sarebbe la ricerca di chi:

  • sia in grado di proporre soluzioni e,
  • sia disposto a sperimentarle senza schemi ideologici,

con umiltà e pragmatismo, avendo a disposizione le risorse necessarie. C’è un lungo e immane lavoro per tutti.

Intervento di Giovanni COSTA, Professore Emerito di Strategia d’impresa e Organizzazione aziendale all’Università di Padova. Ha svolto attività di consulenza direzionale e ricoperto ruoli di governance in gruppi industriali e bancari. (www.giovannicosta.it)


Pubblichiamo questo articolo per gentile concessione dell’Autore. Fonte, Corriere del Veneto dorso regionale del Corriere della Sera del 10-09-2023)



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