Rischio Riciclaggio

Rischio Riciclaggio nei reati tributari e frodi fiscali

27 settembre 2023

di Nicola LORENZINI

Crediti fiscali: disconoscimento del beneficio fiscale in ipotesi di illeciti penali tributari.

Il tema che viene posto all’attenzione dei soggetti obbligati ex Dlgs 231/07, in particolare ai dottori commercialisti, esperti contabili, consulenti del lavoro, avvocati e notai, è l’esponenziale aumento delle segnalazioni per operazioni sospette relative all’evasione e ai reati tributari e frodi fiscali.

Il fenomeno del riciclaggio può essere inquadrato tra i reati a carattere potenzialmente “transnazionale” in quanto i reati presupposto interessano Paesi diversi.

Il ruolo rilevante lo fanno i paradisi fiscali c.d. centri off-shore che costituiscono un notevole vantaggio per riciclatori ed evasori fiscali.

La globalizzazione dei mercati, del sistema bancario e finanziario, soprattutto le nuove tecnologie connesse anche all’utilizzo della blockchain, consentono la riconversione dei proventi illeciti sfruttando appunto la transnazionalità del Sistema finanziario.

L’acquisto di beni immobili, intermediazione finanziaria non bancaria, distrazioni di fondi, operazioni economiche fittizie, ricorso a strutture commerciali appositamente costituite, società di comodo, settore calcistico, operazioni di emersione del capitale, attività di gioco, commercio dell’oro, rischio di infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali.

Ciò detto sono alcune tecniche elusive già adottate dalle organizzazioni criminali per l’attività di ripulitura di beni o denaro di provenienza illecita con la conversione e trasferimento nel circuito economico per occultarne la fonte criminale.

I destinatari degli obblighi in materia di contrasto al riciclaggio, di fronte al sospetto della provenienza illecita della ricchezza investita devono verificare sempre la giustificazione fornita non fermandosi mai all’apparente regolarità, il tutto riassumendosi nell’espressione “follow the money”.

La normativa antiriciclaggio Decreto Legislativo 21 Novembre 2007, n. 231 e succ. mod. è oggetto di una continua evoluzione, ed è chiamata a fronteggiare nuove sfide, tra le quali la diffusione delle criptovalute, l’adempimento degli obblighi AML/CFT anche a “distanza”, nonché i recenti impatti nell’economia derivati dalla crisi pandemica.

In un sistema economico-finanziario vulnerabile è necessario che i soggetti obbligati acquisiscano una vasta cultura degli scenari d’attualità, dei continui cambiamenti, delle manifestazioni dei fenomeni illeciti e dei reati presupposti.

Sono soggetti obbligati antiriciclaggio ex art. 3 D.lgs.231/07:

  • gli Intermediari finanziari (banche, IMEL, IP, SIM, SGR, SICAV, SICAF, agenti di cambio ex 201 TUF, intermediari 106 TUB, Consulenti finanziari, intermediari bancari e finanziari..);
  • altri operatori finanziari (società fiduciarie, mediatori creditizi, agenti in attività finanziarie, cambia valute);
  • i professionisti in forma individuale, associata o societaria (commercialisti consulenti del lavoro, associazioni di categoria di imprenditori e commercianti, CAF e patronati, notai, avvocati, revisori legali, società di revisione);
  • altri operatori non finanziari (commercio di opere d’arte, operatori professionali in oro, agenti immobiliari, recupero crediti, i prestatori di servizi relativi all’utilizzo di valute virtuali, prestatori di servizi di portafoglio digitale;
  • i prestatori di servizi di gioco, case di gioco;
  • i prestatori relativi a società e trust.

Questi soggetti sono vigilati e oggetto di attività ispettiva e di controllo Art. 9. D.Lgs. 231/2007 in particolare del (Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e Direzione investigativa antimafia).

La Guardia di Finanza, ai fini delle verifiche antiriciclaggio, sviluppa due modelli operativi tipici:

  1. L’ispezione antiriciclaggio che si sostanzia in un approfondito ed esteso esame degli aspetti salient e più significativi della posizione del soggetto vigilato ai fini del rispetto degli obblighi AML/CFT.
  2. Il controllo antiriciclaggio, attività ispettiva limitata al riscontro di uno o più atto di gestione (verifiche degli obblighi). Contestazione di una o più violazioni amministrative sulla base di pregresse risultanze informative o di comunicazioni provenienti all’interno dello stesso Corpo della Gdf.

Ulteriore rischio per i soggetti obbligati è che l’utilizzo dei dati e informazioni ex art. 9 comma 9. D.Lgs. 231/2007 acquisiti nell’ambito delle attività svolte ai sensi del presente articolo sono utilizzabili per accertamenti e verifiche fiscali, secondo le disposizioni e le attribuzioni vigenti.

La relazione annuale della UIF pone un accento forte circa il fatto che nel contesto del riciclaggio di denaro sporco, una segnalazione per operazione sospetta su cinque è correlata all’evasione fiscale.

  • Il 20,2% delle segnalazioni ricevute nel 2022 rispetto al 16,8% del 2021, dall’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia quindi 31.396 (su 155.426 totali) sono relative al riciclaggio di fondi provenienti dall’evasione fiscale.
  • Il 25% è relativa a presunte frodi nelle fatturazioni; di queste, quindi, 7.849 riguardano fatture false e frodi fiscali relative all’Iva, che hanno registrato un lieve calo come altri fenomeni tradizionali (come i movimenti di fondi tra persone fisiche e giuridiche collegate e l’utilizzo di relazioni personali al posto di quelle aziendali).

Ulteriore allarme è dato dalle infiltrazioni delle organizzazioni Cosa nostra, camorra e ’ndrangheta che insieme si uniscono per riciclare i proventi illeciti che Secondo i magistrati milanesi al Nord «lavorano» alleate per operazioni commerciali che generano crediti Iva.

Il Procuratore Capo della Procura Distrettuale Antimafia di Venezia, Bruno CHERCHI, ha dichiarato “Ormai in Veneto c’è una presenza radicata della criminalità organizzata che permea, da tempo, ogni settore imprenditoriale senza distinzione di settori merceologici. Abbiamo elementi per rilevare che soggetti riconducibili alla criminalità organizzata sono presenti praticamente ovunque, dall’edilizia allo smaltimento di rifiuti, alle attività imprenditoriali più complesse e organizzate.

Su questo sicuramente gioca un ruolo determinante la scarsa attenzione culturale del problema dell’infiltrazione mafiosa negli ambienti socioeconomici, che non significa necessariamente “connivenza” ma che di fatto si tramuta sia in un inquinamento del vivere quotidiano sia nella mancata presa di coscienza reale della società civile e dei suoi organi rappresentativi”.

Un tema è quindi come relazionato dalla UIF, sono i reati tributari connessi al riciclaggio delle organizzazioni criminali e in particolare il vorticoso utilizzo e profilazione dei crediti fiscali da bonus edilizi acquistati dal terzo in buona fede.

Il caso classico che potrebbe prospettarsi è che vangano contestati al cedente dei crediti fiscali illeciti penali dal cui accertamento deriverebbe il disconoscimento del beneficio fiscale.

La Cassazione si è espressa sulla assoggettabilità e della applicabilità del sequestro preventivo ex art. 321 cpp ai crediti fiscali da bonus edilizi acquistati dal cessionario in buona fede.

Con le sentenze nn. 40865/2022, 40866/2022, 40867/2022, 40869/2022, 42012/2022 e 44647/2022, la Corte di cassazione ha confermato l’applicabilità della misura del sequestro preventivo ex art. 321, comma 1, c.p.p. al cessionario di crediti fiscali in buona fede ed estraneo al reato del cedente, a prescindere dal fatto che abbia acquistato i crediti direttamente dal primo cedente o in secondo grado, nel caso in cui vengano contestati al beneficiario illeciti penali e sussista un collegamento fra quest’ultimi e il beneficio fiscale.

La Suprema Corte ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo dei crediti acquistati in buona fede dal terzo, per limitare l’aggravarsi delle conseguenze del reato o la possibilità di commetterne altri, essendo disposto “quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati”.

È sempre possibile quindi che il cessionario subisca il sequestro preventivo dei propri crediti fiscali anche acquistati in buona fede.

Il sequestro cautelare preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento fra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede, se la loro libera disponibilità sia idonea a costituire un pericolo nei termini di cui all’art. 321, comma 1, c.p.p. sopra richiamato.

La filiera dei crediti e la loro trasmissibilità e utilizzabilità in compensazione aggraverebbe notevolmente le conseguenze dei reati ipotizzati, e provocando un ingentissimo danno all’Erario”, è del tutto irrilevante la condizione soggettiva del cessionario, anche se in buona fede e avesse compiuto ogni sforzo possibile per verificare la legittimità amministrativa e fiscale dei crediti, il cessionario che li acquista può sempre subirne il sequestro preventivo, perché altrimenti – ha opinato la Corte – si consentirebbe, ai “terzi cessionari incolpevoli, di far circolare i crediti fiscali.

La buona fede del cessionario non preclude in nessun caso il sequestro preventivo dei crediti acquistati, la disciplina del sequestro preventivo prevede che sia sufficiente “la prova di un legame pertinenziale fra la res ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa”.

Nulla incidono circolari della AdE (Agenzia delle Entrate) e indicazioni di correttezza amministrativa contabile, i principi espressi nelle sentenze citate sono stati confermati dallo stesso Direttore Generale dell’Agenzia delle entrate nell’audizione del 10 febbraio 2022 alla Commissione Bilancio del Senato, durante la quale ha precisato che “tuttavia, in caso di sequestro di crediti inesistenti da parte dell’Autorità giudiziaria, in quanto ‘cose pertinenti al reato’, tali crediti diventano inutilizzabili dal terzo cessionario, anche in buona fede, al quale pertanto non resta che rivalersi nei confronti del cedente”.

È da sottolineare come la Corte di cassazione ha trattato casi in cui vi era una inesistenza assoluta del credito per fatturazione di operazioni inesistenti, in cui appare la responsabilità del terzo acquirente evidente e quindi sicuramente difficile il riconoscimento della sua buona fede.

In casi di reale buona fede del terzo acquirente, diventa un problema non compromettere la ragioni di quest’ultimo, rispetto le ragioni erariali e, un’ultima analisi, di riportare il bene nella disponibilità della collettività.

Evidentemente sicuramente un eventuale sequestro per equivalente nei confronti del cedente, laddove la somma ricevuta a titolo di corrispettivo per la cessione del credito fosse ancora nella sua disponibilità. Questo in ipotesi di frode è solo una ipotesi accademica, in quanto il frutto del reato sarà stato sicuramente oggetto di riciclaggio e reinvestito, occultandone l’origine da attività criminosa.

Gli obblighi antiriciclaggio, quindi, sono l’unico strumento per tutelare i terzi in buona fede e quindi il professionista che organizza e consiglia l’acquisto di crediti per ingenti somme in una filiera, dovrebbe attivare una adeguata verifica, delegando una acquisizione d’informazione per il tramite di consulenti investigativi antiriciclaggio, autorizzati che possano acquisire utili informazioni a tutela del cliente in buona fede, e per formare un fascicolo antiriciclaggio e adeguata verifica ed eventuale SOS, astenendosi in caso di positività del sospetto a porre in essere la transazione di acquisto dei crediti.



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