Banca Centrale Russa

Mai prima d’ora, le sanzioni alla Banca Centrale russa

2 marzo 2022

Redazione

L’invasione russa dell’Ucraina ha compattato la risposta dell’Europa ed i Paesi Occidentali che hanno deciso di applicare alla Russia pesantissime sanzioni.

Non solo sanzioni a Putin, agli oligarchi e ad altri esponenti russi (fra cui 351 membri della Duma), alle banche e ad altre organizzazioni russe ma anche l’esclusione di alcune banche dallo Swift – il sistema di messaggistica per evitare le frodi e garantire la sicurezza dei pagamenti internazionali -.

Inoltre, per rendere le sanzioni più efficaci, per la prima volta in assoluto dal 28 febbraio è stato deciso di applicare le sanzioni ad una banca centrale di un paese del G20: la Banca Centrale della Federazione Russa (CBR, Central Bank of Russian Federation).


La CBR è ricchissima di riserve finanziarie in valuta e in oro ma la maggior parte non sono accessibili alla Russia a causa delle sanzioni dei Paesi occidentali. Infatti, le riserve internazionali ammontano a circa USD 640 MLD (fonte Statista.com) e sono costituite da: oro, obbligazioni statali e, valute pregiate, soprattutto, Euro, Dollari, Yen, Sterline. Va aggiunto che a fronte dell’oro detenuto in Russia (22%), quasi il 75% delle riserve valutarie internazionali (USD 480 MLD) è invece depositato all’estero (di queste, 13% in Cina). Per cui la Russia, oggi, a causa delle sanzioni, non ha accesso alla gran parte delle riserve internazionali. Per dare un termine di paragone, si consideri che USD 640 MLD sono 20 volte il valore delle importazioni mensili.

I Paesi occidentali (fra cui USA, Commissione UE, GB, Francia, Germania, Canada, Italia) hanno deciso di impedire – attraverso le sanzioni – che la Banca Centrale russa possa avere accesso alle riserve internazionali depositate all’estero e utilizzarle per supportare il valore del rublo e impedirne la svalutazione. Infatti, il recente aumento dei tassi di interesse dal 9,5% al 20% – da parte della CBR – è proprio in sostegno del valore del rublo e quindi per non perdere troppo valore nei confronti del dollaro. Molte altre armi per mantenere la stabilità del rublo non ci sono; anche se decidesse l’applicazione di sanzioni simili verso le banche centrali dei Paesi coinvolti, l’impatto non è paragonabile visto la palese e minore attrattività del rublo a livello internazionale.

La CBR – come tutte le banche centrali – mantiene asset costituiti da obbligazioni/titoli di stato e depositi monetari in valuta su conti (espressi in valuta nazionale del paese ospitante) aperti presso le banche centrali di altri paesi e, in qualche caso anche presso le banche commerciali. Queste riserve valutarie detenute in altri paesi servono per:

  1. assicurare la stabilità della propria moneta attraverso la vendita o l’acquisto (in caso di svalutazione) di propria moneta con in contropartita le valute di altri paesi;
  2. facilitare i pagamenti fra paesi diversi e valute diverse;
  3. in caso di necessità fare prestiti alle banche del proprio paese.

Con l’entrata in vigore delle sanzioni verso la banca centrale russa, tutti gli asset che la CBR ha depositato presso le banche (centrali e commerciali) delle piazze finanziarie mondiali (i.e. New York, Londra, Francoforte, etc.) sono congelati e le istituzioni finanziarie non possono fare alcuna operazione con la CBR. Per cui la CBR è di fatto impossibilitata a:

  • mantenere la stabilità monetaria e contrastare la svalutazione del rublo attraverso l’acquisto di rubli e la corrispondente vendita di valuta estera;
  • supportare le banche nazionali che si trovassero in difficoltà;
  • facilitare i pagamenti internazionali;
  • effettuare pagamenti per finanziare la guerra.

In particolare, la svalutazione del rublo significa la perdita – anche per imprese e consumatori – sia di potere d’acquisto sia del valore del patrimonio / ricchezza. Secondo dati recenti il 55%-65% delle proprie riserve internazionali non sono disponibili per la CBR.

Rimane, comunque, una fetta di riserve internazionali che non sono toccate dalle sanzioni. Si pensi alle riserve in Renminbi (valuta cinese) circa 13% e alle riserve auree (circa 22%). Le riserve non soggette a sanzioni possono essere comunque vendute a paesi “amici” fra cui la Cina di Xi Jinping (anche se, in teoria, le sanzioni potrebbero essere estese ad altri paesi).

Al momento, dalle sanzioni sono esclusi i pagamenti verso le società fornitrici di energia (gas, petrolio, etc.). Questo perché l’Europa è fortemente dipendente dal gas russo e vorrebbe continuare ad acquistarlo ma la situazione è in continuo sviluppo e i leader europei si riuniscono anche oggi (1 marzo) per decidere nuove sanzioni. Inoltre, da più parti c’è un appello alla ricerca di una soluzione di solidarietà fra paesi. In quest’ottica, la decisione dei paesi IEA, International Energy Agency di vendere una parte delle loro riserve strategiche per calmierare il prezzo di mercato.

La situazione è comunque incandescente per i mercati e per la gestione dei rischi da parte degli investitori. I mercati azionari sono in diminuzione a vantaggio dei mercati obbligazionari. Oro e dollaro rimangono i beni rifugio. E poi c’è l’incognita BCE. È molto probabile che i tassi di interesse rimangano bassi ma le decisioni si sapranno solo in occasione della riunione del prossimo 10 marzo.

 



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