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L’istituto della prescrizione nel sistema 231

16 ottobre 2019

di Cipriano FICEDOLO

La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n.  30634/2019(1) è ritornata a trattare un argomento che, negli ultimi tempi, ha assunto un grande rilievo giuridico, ovvero la materia della prescrizione applicata alla normativa della responsabilità da reato degli enti(2).

L’importanza del tema trattato si fonda su di un contrasto giurisprudenziale che negli ultimi anni si è acuito in seno ai giudici di legittimità, tra la V sezione penale e le sezioni II e IV.

Il tema dibattuto riguarda gli effetti della prescrizione applicata alla normativa 231, ed in particolare l’art. 22 del D.Lgs. 231/2001 il quale, regola il predetto istituto giuridico:


Art. 22. – Prescrizione

1. Le sanzioni amministrative si prescrivono nel termine di cinque anni dalla data di consumazione del reato;

2. interrompono la prescrizione la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive e la contestazione dell’illecito amministrativo a norma dell’articolo 59;

3. per effetto della interruzione inizia un nuovo periodo di prescrizione;

4. se l’interruzione è avvenuta mediante la contestazione dell’illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.

Da una prima analisi del testo della norma possiamo riscontrare già le prime peculiarità rispetto alla prescrizione applicata in materia penale, ed in particolare, se analizziamo i commi 3 e 4 possiamo notare che, nell’ambito della normativa 231 la prescrizione subisce l’influenza del codice civile allorquando si afferma che, l’interruzione della prescrizione determina l’inizio di un nuovo periodo di prescrizione, circostanza assolutamente non presente nel codice penale dove la prescrizione, salvo casi circostanziati e regolati, non si interrompe, ed anche dopo una interruzione non ricomincia daccapo ma, prosegue il suo corso al netto dell’interruzione.

LA PRESCRIZIONE IN AMBITO CIVILE E PENALE

La prescrizione è un istituto giuridico che riguarda gli effetti del trascorrere del tempo ed è regolata sia in materia civile che, penale.

In materia civile la prescrizione può essere definita come la perdita del diritto soggettivo per effetto dell’inerzia o del non uso da parte del titolare di esse, protrattosi per un periodo di tempo determinato dalla legge.

Quanto alla durata occorre distinguere tra diverse ipotesi di prescrizione:

  • Prescrizione ordinaria (decennale);
  • Prescrizioni brevi;
  • Prescrizioni presuntive.

La prescrizione presuppone un’inerzia ingiustificata del titolare del diritto, di conseguenza:

  • se l’inerzia è giustificata si ha sospensione della prescrizione (art. 2941 c.c.);
  • se invece, l’inerzia viene a mancare in quanto, il titolare del diritto compie un atto di esercizio del diritto si ha l’interruzione della prescrizione (art. 2943 c.c.).

E sono proprio gli artt. 2943 e 2945 c.c. gli anelli di congiunzione della prescrizione in ambito 231 poiché, il legislatore all’art. 22 del D.Lgs. 231/2001 commi 2 – 3 – 4 non ha fatto altro che, riproporre quanto previsto nei citati articoli del codice civile, ovvero:

Art. 2943. C.C.
Interruzione da parte del titolare.

1. La prescrizione è interrotta dalla notificazione dell’atto con il quale si inizia un giudizio (…);

Art. 2945. C.C.
Effetti e durata dell’interruzione.

1. Per effetto dell’interruzione s’inizia un nuovo periodo di prescrizione;

2. Se l’interruzione è avvenuta mediante uno degli atti indicati dai primi due commi dell’articolo 2943, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.

In ambito penale invece, la prescrizione è un istituto di natura sostanziale che collega l’effetto estintivo del reato al decorso del tempo prescritto dalla legge, senza che sia intervenuta una sentenza di condanna irrevocabile.

È regolata dagli artt. 157 e ss. del codice penale e presenta notevoli differenze rispetto alla prescrizione civile:

  • primo fra tutti l’art. 158 c.p. stabilisce che, il termine di prescrizione decorre per il reato consumato dal giorno della consumazione, per il delitto tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole, per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza;
  • l’art. 159 c.p. regola i casi di sospensione della prescrizione;
  • mentre l’art. 160 c.p. elenca gli atti che interrompono il corso della prescrizione che, in ogni caso, a differenza dell’ambito civilistico dopo una interruzione continua il suo decorso regolare, non riparte daccapo e, la sua durata massima è prefissata per legge dall’art. 161 c.p.

Di conseguenza, in ambito penale l’istituto della prescrizione presenta notevoli differenze sostanziali rispetto alla prescrizione civilistica, primo fra tutti che il suo decorso continua nonostante le eventuali interruzioni, ovvero, non si azzera mai, è predeterminato nel suo limite massimo per legge e, soprattutto, durante lo svolgimento del processo non si interrompe ma, continua a decorrere.

LA SENTENZA N.  30634/2019 ED IL RILEVATO CONTRASTO GIURISPRUDENZIALE

Il caso di cui ci occupiamo trae origine da una sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Rimini il quale, dichiarava non doversi procedere nei confronti di una società per intervenuta prescrizione dell’illecito di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25 septies, comma 2, in relazione al reato di cui all’art. 590 c.p., commi 2 e 3, commesso:

  • dal committente dei lavori di risanamento conservativo di un fabbricato;
  • dal legale rappresentante della impresa affidataria dei lavori;
  • dal Legale Rappresentante di un’altra società, preposto dell’impresa affidataria dei lavori;
  • dal responsabile dei lavori e coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione ed esecuzione, per avere i medesimi, ciascuno nella propria qualità, contribuito a cagionare, con violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008, lesioni personali gravi ad una persona.

La sentenza oggetto di gravame stabiliva che, il termine di prescrizione di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 22, regolante la disciplina della prescrizione dell’illecito amministrativo, dipendente da reato dell’ente, è di cinque anni, a far data dalla commissione dell’illecito e che il comma 2, della disposizione dispone che detto termine si interrompa a seguito della contestazione dell’illecito amministrativo fatta a norma del D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 59; richiamata la giurisprudenza di legittimità – secondo cui la richiesta di rinvio a giudizio, in quanto atto di contestazione dell’illecito, produce l’effetto interruttivo solo se, oltre che emessa, sia stata anche notificata entro cinque anni dalla consumazione del reato presupposto, dovendo applicarsi, ai sensi della L. 29 settembre 2000, n. 300, art. 11, comma 1, lett. r), le norme del codice civile sull’interruzione della prescrizione (Cass. pen. Sez. 6, n. 18257 del 12/02/2015 – dep. 30/04/2015, P.M. in proc. Buonamico e altri, Rv. 263171); rilevato che, nel caso di specie, il decreto di rinvio a giudizio era stato ritualmente notificato solo oltre detto termine, dichiarava l’illecito contestato estinto per prescrizione.

Avverso la sentenza del Tribunale ricorreva il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Rimini, formulando un unico motivo.

Con la predetta doglianza faceva valere la violazione della legge penale in relazione alla data di prescrizione dell’illecito contestato alla società imputata, con riferimento al D.Lgs. n. 81 del 2001, artt. 22 e 59.

Osservava la pubblica accusa che, fra la data di commissione del fatto e la data di notifica dell’ultimo decreto di citazione in giudizio erano decorsi effettivamente più di cinque anni, ma che detta ultima notificazione era stata preceduta dalla notifica del 27-maggio 2013, disposta a seguito della prima udienza dibattimentale, nel corso della quale era stata eccepita la nullità della notifica del decreto di citazione in giudizio del 14 febbraio 2013.

Deduceva, inoltre che, la notificazione del decreto di citazione del 27 maggio 2013 alla società era stato ritualmente notificato, avendo l’ente eletto domicilio presso il difensore, ma che all’udienza del 25 novembre il medesimo difensore eccepiva l’omessa notifica al difensore d’ufficio della società e che il Tribunale, accogliendo l’eccezione disponeva la separazione della posizione della società, rimettendo gli atti al Procuratore della Repubblica, che provvedeva all’emissione di nuovo decreto di rinvio a giudizio, ritualmente notificato il 19 novembre 2015.

Il P.M. proseguiva sostenendo che, la natura civilistica dell’istituto della prescrizione dell’illecito amministrativo, imponeva di ritenere che la prescrizione si era interrotta una prima volta in data 27 maggio 2013, ed una seconda volta in data 19 novembre 2015, entro il quinquennio.

Invero, le notifiche regolari dell’atto di citazione, in quanto contenenti gli estremi dell’addebito, se non consentono il corretto esplicarsi del diritto di difesa nel procedimento sanzionatorio, allorquando sia omessa la notifica al difensore della persona giuridica, nondimeno, instaurano nei suoi confronti il rapporto processuale.

Richiamava la giurisprudenza penalistica e del lavoro, secondo cui la domanda giudiziale invalida rivestiva la natura di atto di costituzione in mora, avente efficacia interruttiva della prescrizione, che dimostrava, ancorché non perfettamente in termini, che il vizio dell’omessa notifica al difensore, in quanto vizio processuale, non si ripercuoteva sulla natura sostanziale del decreto di citazione, idoneo ad interrompere la prescrizione e concludeva per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

La Suprema Corte investita della questione, in via preliminare, rilevava che, in materia sussisteva un contrasto giurisprudenziale fra due opposte tesi in relazione all’individuazione del momento della produzione degli effetti interruttivi della contestazione, posto che, la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’ente, interrompe la prescrizione e ne sospende il decorso dei termini fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, ai sensi del D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 59 e art. 22, commi 2 e 4.

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Intervento di Cipriano FICEDOLO – Avvocato Penalista d’Impresa

LEGGI QUI l’articolo successivo  2/2,   La Prescrizione nel Sistema 231: le sentenze della Cassazione

 


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)  Cass. Pen. sez. IV, (ud. 09.04.2019) dep. 12.07.2019, n. 30634

(2)  D. Lgs. 8-6-2001 n. 231 – Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni

 



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