Catene di fornitura

La Commissione europea pubblica la proposta sugli obblighi di diligenza nelle catene di fornitura

30 marzo 2022

di Marco AVANZI

Il 23 febbraio 2022 la Commissione Europea ha pubblicato la proposta di Direttiva in materia di Corporate Sustainability Due Diligence in risposta alla risoluzione del Parlamento Europeo del marzo 2021 che richiedeva la definizione di un framework comune in materia di obblighi di due diligence nella supply chain delle imprese.

La proposta di direttiva mira alla creazione di un obbligo comune di due diligence, al fine di considerare i temi ambientali e dei diritti umani all’interno del mondo dell’impresa nonché spingere sui temi della sostenibilità e della condotta responsabile per le imprese operanti in UE che sono nel perimetro di azione della proposta di direttiva.

In via generale le imprese coinvolte dovranno implementare sistemi e processi al fine di identificare, prevenire e mitigare i possibili rischi sui temi ambientali e dei diritti umani nella loro catena di fornitura mirando agli obiettivi di sviluppo sostenibile in UE e ad una maggiore trasparenza verso gli stakeholders.

Sono coinvolte in questa proposta di direttiva:

1- tutte le società dell’UE con più di 500 dipendenti e più di 150 milioni di euro di fatturato netto a livello mondiale (“Gruppo 1”);

2- altre società che operano in settori definiti ad alto impatto (ad esempio l’industria tessile, mineraria e agricola), che non soddisfano entrambe le soglie del Gruppo 1, ma hanno oltre 250 dipendenti e un fatturato netto di oltre 40 milioni di euro a livello mondiale (“Gruppo 2”).
Per queste aziende, le regole inizieranno ad essere applicate 2 anni dopo rispetto al Gruppo 1.

Anche se le PMI non sono direttamente nel campo di applicazione della proposta, potrebbero essere indirettamente interessate dalle nuove regole come risultato dell’effetto delle azioni delle grandi imprese attraverso le loro catene di fornitura.

3- società stabilite al di fuori dell’UE con

(i) un fatturato netto nell’UE di più di 150 milioni di euro durante l’esercizio finanziario precedente l’ultimo esercizio finanziario, o

(ii) un fatturato netto mondiale di più di 40 milioni di euro e meno di 150 milioni di euro, se almeno il 50% del fatturato netto mondiale è stato generato nei settori ad alto rischio sopra elencati.

Le società non UE che rientrano nel campo di applicazione della proposta di direttiva devono designare un rappresentante autorizzato stabilito o domiciliato in uno degli Stati membri dell’UE in cui operano. I dettagli del rappresentante autorizzato devono essere notificati a un’autorità di vigilanza nello Stato membro dell’UE interessato.

La proposta introduce anche doveri per gli amministratori. L’articolo 26 della proposta di direttiva indica che questi doveri includono:

  1. la creazione e la supervisione dell’implementazione dei processi di due diligence, così come
  2. l’integrazione della due diligence nella strategia aziendale nonchè
  3. prendere in considerazione tutte le conseguenze a breve, medio e lungo termine delle loro decisioni ai sensi dell’articolo 25 della direttiva.

La proposta di direttiva richiede quindi che le aziende prendano misure appropriate per identificare gli effettivi o potenziali impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente derivanti dalle loro operazioni, dalle operazioni delle loro subsidiaries e dalle relazioni commerciali stabilite all’interno delle loro catene di fornitura.

La proposta di direttiva definisce gli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente come violazioni delle convenzioni internazionali elencate nell’allegato; queste includono, per esempio, il lavoro minorile, lo sfruttamento dei lavoratori, la discriminazione, etc.

In pratica, la nuova proposta richiederà alle aziende che rientrano nel campo di applicazione di procedere considerando:

  • L’integrazione della due diligence nelle politiche strategiche d‘impresa.
  • L‘identificazione degli impatti negativi sui diritti umani e sull’ambiente.
  • La prevenzione e/o mitigazione degli impatti potenziali sui temi considerati.
  • La cessazione e minimizzazione degli impatti effettivi dei rischi sui temi coinvolti.
  • La creazione di procedure di reclamo e segnalazione di violazioni o situazioni a rischio.
  • Il monitoraggio dell’efficacia delle misure di due diligence implementate.
  • La comunicazione delle politiche e attività di due diligence.

Per quanto riguarda la prevenzione, le aziende devono sviluppare un piano strategico d’azione di prevenzione in allineamento con gli stakeholders adottando misure e soluzioni contrattuali (insieme a misure per verificare la conformità) con i partner commerciali.
Laddove i potenziali impatti negativi non fossero evitati o sufficientemente mitigati da tali misure, le aziende interessate sarebbero tenute ad astenersi dall’intraprendere nuovi affari con il partner problematico e, se legalmente possibile, a sospendere temporaneamente la loro relazione commerciale (o a terminarla del tutto se il potenziale impatto negativo è grave).

Le aziende devono altresì stabilire procedure appropriate per trattare i reclami presentati dagli stakeholders o dai soggetti impattati da questi rischi e dalle organizzazioni della società civile interessate.

Le aziende devono condurre valutazioni periodiche delle loro operazioni, filiali e catene di valore per monitorare la conformità con i loro obblighi di diligenza ai sensi della proposta di direttiva.
Tali valutazioni devono essere effettuate ogni volta che nuovi rischi sono ragionevolmente identificabili, e almeno una volta all’anno.

Le aziende che non rientrano nel campo di applicazione della CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) devono comunque riferire sulle questioni coperte dalla proposta di direttiva in una dichiarazione annuale da pubblicare.

Quali sono gli standard e i framework utilizzabili?

Poiché gli obblighi di due diligence delle imprese ai sensi della proposta di direttiva sono in linea con gli standard e le raccomandazioni esistenti stabiliti nei Principi delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani (2011) e nella Guida alla Due Diligence dell’OCSE per una condotta aziendale responsabile (2018), le imprese dovrebbero utilizzare questi strumenti come risorse guida. La proposta di direttiva sottolinea comunque che l‘Europa può emettere linee guida su come le aziende dovrebbero adempiere ai loro obblighi di due diligence, anche per settori specifici o ad impatti negativi specifici.
È previsto che l‘UE fornirà delle linee guida su modelli di clausole contrattuali che possono essere incluse nei contratti con i partner commerciali di un’azienda al fine di garantire il rispetto degli obblighi di due diligence dell’azienda.

In caso di inosservanza, le autorità di vigilanza dovranno imporre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive, comprese multe e ordini di adeguamento e ripristino di condizioni di liceità. Nel fare ciò, le autorità di vigilanza devono prendere in considerazione gli sforzi dell’azienda per conformarsi a qualsiasi azione correttiva ordinata, con investimenti e collaborazione con altre entità al fine di prevenire e porre fine agli impatti negativi.

La proposta di direttiva afferma che le autorità di vigilanza potranno avere il potere di ordinare la cessazione delle violazioni e, se necessario, azioni correttive entro un periodo di tempo adeguato; imporre sanzioni amministrative pecuniarie basate sul fatturato della società e adottare misure provvisorie per evitare il rischio di danni gravi e irreparabili. La proposta di direttiva non prevede la responsabilità penale come era stato previsto dal Parlamento europeo, ma gli Stati membri dell’UE rimangono liberi di prevedere misure più severe nei loro atti di recepimento.

Gli Stati membri dell’UE dovranno garantire strumenti giuridici affinchè le vittime di illeciti abbiano l’opportunità di chiedere ristoro alle imprese che non hanno rispettato i loro obblighi, attraverso richieste di risarcimento dei danni che avrebbero potuto essere evitati o mitigati con adeguate misure di due diligence.

Un’azienda non sarà comunque responsabile dei danni causati da un impatto negativo derivante dalle attività di un partner indiretto, se l’azienda ha ottenuto le garanzie contrattuali richieste dal suo partner commerciale diretto, a meno che non fosse irragionevole per l’azienda aspettarsi che l’azione intrapresa sarebbe stata sufficiente a prevenire, mitigare, rimediare o minimizzare l’impatto negativo.

La proposta di direttiva contiene un chiarimento del dovere di diligenza degli amministratori.
Quando questi adempiono al loro dovere di agire nell’interesse della società, il management delle società dell’UE in-scope devono prendere in considerazione le conseguenze delle loro decisioni per le questioni di:

  • sostenibilità, compresi, se del caso,
  • i diritti umani,
  • il cambiamento climatico e
  • le conseguenze ambientali a breve, medio e lungo termine.

Le violazioni di questo obbligo saranno considerate una violazione dei doveri fiduciari secondo le leggi nazionali.

Mentre le questioni di sostenibilità possono già essere parte delle migliori pratiche commerciali di alcune società, la proposta di direttiva mira a renderla un requisito legale per tutte le società interessate. Ciò espanderà il dovere di diligenza degli amministratori secondo le leggi degli Stati membri dell’UE nella misura in cui tale dovere di agire nel migliore interesse della società non comprenda già tali questioni di sostenibilità

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LEGGI QUI l’articolo successivo  2/2,  Implementare il processo di Due Diligence nel rispetto dei requisiti di Responsible Business Conduct

 


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

European Commission  |  Proposal for a Directive on corporate sustainability due diligence, February 2022

European Commission  |  Annex to proposal for a Directive on corporate sustainability due diligence, February 2022

Commissione EUROPEA | Economia giusta e sostenibile: le imprese devono rispettare i diritti umani e l’ambiente nelle catene di approvvigionamento mondiali  | Scheda informativa, Febbraio 2022



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