pilastri antiriciclaggio

I pilastri dell’Antiriciclaggio: verifica, collaborazione, conservazione dati, limitazione contanti

17 aprile 2024

di Annamaria GALLO

La cornice legislativa antiriciclaggio italiana (il Decreto Legislativo 231/2007) delinea un sistema di prevenzione articolato in 4 pilastri:

  1. adeguata verifica,
  2. collaborazione attiva,
  3. conservazione dei dati,
  4. limitazione al contante.

1. Adeguata verifica

L’adeguata verifica è il primo pilastro dell’antiriciclaggio. Le istituzioni finanziarie e altri operatori devono implementare processi rigorosi per verificare l’identità dei propri clienti. Questo implica la raccolta di informazioni dettagliate, come dati anagrafici, documenti di identità, e recapiti nell’ottica di una maggiormente approfondita analisi del cliente. L’obiettivo è garantire che i servizi finanziari non siano utilizzati per scopi illeciti.

Il nuovo assetto valutativo, attuato con il Decreto Legislativo 90/2017:

  • segue l’approccio Know Your Customer (KYC) che
  • delinea una due diligence complessa basata sulla valutazione del rischio che ponderi aspetti soggettivi ed aspetti oggettivi.
    • Il primo ambito riguarda il cliente e ne esamina la natura giuridica, l’attività prevalentemente svolta, l’area geografica di residenza o sede legale, nonché il comportamento tenuto al momento dell’instaurazione del rapporto o dell’esecuzione dell’operazione occasionale.
    • Il secondo profilo si riferisce al rapporto ed all’operazione individuandone il tipo, la modalità di svolgimento, l’ammontare, l’area geografica di destinazione e, valutati in rapporto all’attività svolta dal cliente, la frequenza, il volume e la ragionevolezza dell’operazione. 

In base al principio dell’approccio basato sul rischio, l’adempimento dell’obbligo dell’adeguata verifica deve essere adeguato e parametrato all’entità del rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo riscontrato nel caso concreto; ne consegue che gli oneri di adeguata verifica saranno più intensi nelle fattispecie a rischio maggiormente elevato.

2. Collaborazione attiva

La collaborazione attiva è il secondo pilastro chiave. Le banche devono segnalare alla UIF le attività sospette. Tale collaborazione tra banche e autorità di vigilanza è essenziale per rilevare e prevenire attività illecite in ambito finanziario.

In generale, un’operazione può dirsi sospetta quando, a seguito di una valutazione compiuta sulla base di elementi oggettivi e soggettivi, emergano anomalie. Al fine di agevolare l’attività di valutazione del soggetto obbligato in merito al profilo di sospetto, l’Unità di Informazione Finanziaria ha elaborato degli indicatori di anomalia, aggiornati a maggio 2023.

3. Conservazione dei dati

La conservazione dei dati è un elemento cruciale nell’antiriciclaggio. Le banche sono tenute a conservare accuratamente i dati relativi ai propri clienti e alle transazioni effettuate. Questo permette:

  • un monitoraggio continuo e retrospettivo delle attività,
    • facilitando tra l’altro anche l’identificazione di schemi anomali attraverso strumenti di transaction monitoring che vengono proprio alimentati dall’Archivio standardizzato. 

Il principale obiettivo è la messa a disposizione di documenti e informazioni conservati a fini AML/CFT all’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) e alle altre autorità competenti. Oltre alle finalità di controllo, i dati e le informazioni sono utilizzati anche dagli stessi soggetti obbligati per finalità connesse all’adempimento degli obblighi di adeguata verifica e di segnalazione di operazioni sospette.

Elemento chiave del sistema in cui vengono archiviati i documenti e le informazioni relative ai clienti e alle transazioni è l’Archivio Standardizzato, che assicura accessibilità tempestiva e completa dei dati; la completezza, la trasparenza e la chiarezza dei dati, che devono essere adeguatamente memorizzati ed archiviati; la trasmissione dei dati aggregati e la conservazione dei dati per almeno 10 anni dalla cessazione del rapporto continuativo, della prestazione professionale o dall’esecuzione dell’operazione occasionale. 

I dati che devono essere conservati vengono descritti accuratamente dal Provvedimento di Banca d’Italia Disposizioni per la conservazione e la messa a disposizione dei documenti del marzo 2020 e riguardano ad esempio la data di instaurazione del rapporto e la filiale, la data di chiusura, la data, l’importo e la causale dell’operazione e soprattutto i dati identificativi del cliente ovvero il nome e il cognome, il luogo e la data di nascita, la residenza anagrafica e il domicilio, ove diverso dalla residenza anagrafica, gli estremi del documento di identificazione e, ove assegnato, il codice fiscale o, nel caso di soggetti diversi da persona fisica, la denominazione, la sede legale e, ove assegnato, il codice fiscale. 

L’Archivio Standardizzato viene alimentato:

  1. dalla movimentazione e
  2. dall’anagrafe

per cui è fondamentale censire correttamente la propria clientela con dati corretti e riscontrabili da documentazione acquisita.

Tra questi dati sono particolarmente importanti i dati classificativi corretti. Una persona fisica sarà censita come 600, un professionista ad esempio un avvocato sarà censito come 615 e verrà acquisita anche la Partiva Iva, una società verrà censita seguendo la classificazione riportata sulla documentazione presentata dal cliente quale l’attribuzione di P. IVA.

Tutte le variazioni anagrafiche alimentano automaticamente l’Archivio standardizzato per cui ogni variazione deve essere supportata dalla relativa documentazione

4. Limitazione al contante

Il quarto pilastro riguarda la limitazione all’uso del contante. Questa misura mira a ridurre:

  • la possibilità di transazioni anonime e
  • il trasferimento di fondi entro determinate soglie,

promuovendo di fatto l’uso di strumenti elettronici tracciabili per pagamenti.

Attualmente [n.d.r. gennaio 2024] è vietato il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, siano esse persone fisiche o giuridiche, quando il valore oggetto di trasferimento è complessivamente pari o superiore a 5.000 euro. Il trasferimento superiore al predetto limite, quale che ne sia la causa o il titolo, è vietato anche quando è effettuato con più pagamenti, inferiori alla soglia, che appaiono artificiosamente frazionati. Il trasferimento può tuttavia essere eseguito per il tramite di un intermediario abilitato. È lecito pagare parte in contanti e parte con strumenti tracciabili se il contante non è superiore al limite consentito.

È bene ricordare – come chiarito anche dalla FAQ del MEF – che per soggetti diversi si intendono entità giuridiche distinte

In relazione alla violazione del divieto di effettuare trasferimenti in denaro contante o titoli al portatore di valore complessivo superiore al limite di legge, si ricorda che l’art. 51, 1° comma, del Decreto Legislativo 231/2007 prevede l’obbligo in capo agli intermediari di effettuare una comunicazione al Ministero entro il termine di 30 giorni, qualora nell’esercizio delle proprie funzioni o nell’espletamento della propria attività abbiano notizia di tali infrazioni.

In deroga alle norme sul limite all’uso del contante, è possibile per gli operatori del settore del commercio al minuto e agenzie di viaggio e turismo vendere beni e servizi a cittadini stranieri persone fisiche non residenti in Italia, entro il limite di 15.000 euro.

Per fruire della deroga, occorre inviare una comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate, nella quale occorre indicare il conto che l’esercente intende utilizzare per l’accredito delle disponibilità derivanti da tali cessioni.

Rientra in tale ambito anche la disciplina degli assegni per cui tutti gli assegni bancari emessi per importi pari o superiori a 1.000 euro devono recare l’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario e la clausola di non trasferibilità. Di norma gli istituti finanziari rilasciano assegno muniti della clausola di non trasferibilità ma il cliente può richiedere per iscritto il rilascio, in forma libera, di assegni circolari e di moduli di assegni bancari, da utilizzarsi in forma libera esclusivamente per importi inferiori a 1.000 euro. In caso di richiesta di assegni in forma libera, il richiedente dovrà corrispondere, a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 euro per ciascun modulo di assegno.

Intervento di Annamaria GALLO, AML Specialist c/o ICCREA Banca S.p.A.

Questo articolo fa parte della Serie Podcast “Antiriciclaggio Detto Fatto” realizzata dall’autrice Annamaria GALLO.

Le opinioni espresse e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente all’Autore e non impegnano in alcun modo la responsabilità dell’istituto di appartenenza.



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