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COVID-19: L’impatto delle variabili macroeconomiche sulla redditività delle banche

2 aprile 2020

di Vito Carlo MICENE

L’evento pandemico COVID-19 potrebbe richiedere una forte reazione macroeconomica finalizzata all’assorbimento dell’onda d’urto sull’economia reale delle famiglie e delle imprese si profila infatti, essere lo shock economico più estremo dopo il crack di Lehman Brothers.

La politica monetaria deve mantenere un certo livello di liquidità all’interno del sistema finanziario e garantire condizioni di finanziamento e di supporto per tutti i settori dell’economia in quanto la contrazione ed il rallentamento dell’attività economico-produttiva si tradurrebbe in un rallentamento del PIL reale, in uno shock significativo dell’inflazione, soprattutto dal lato della domanda, e in un incremento del tasso di disoccupazione.

Le misure espansive non convenzionali(1), così come la loro trasmissione, che risulta essere più forte in presenza di elevati livelli iniziali di indebitamento, operano prevalentemente attraverso la redistribuzione di reddito a favore dei debitori determinando, quindi, un calo dei tassi sui nuovi mutui e sul costo del finanziamento.

Tali operazioni potrebbero colpire il sistema bancario e BCE(2), al fine di evitare che si realizzino assorbimenti patrimoniali con impatto negativo sugli impieghi bancari, ha realizzato misure che prevedono:

  • la flessibilità ad operare al di sotto del livello di capitale definito dal Pillar II (P2R e P2G), la possibilità di operare al di sotto del buffer di mantenimento del capitale (CCB, Capital Conservation Buffer) e di quello relativo al coefficiente di copertura della liquidità (LCR, Liquidity Coverage Ratio);
  • un orientamento favorevole all’allentamento della riserva di capitale anticiclica (CCyB, Countercyclical Capital Buffer) da parte delle Autorità nazionali;
  • la flessibilità nell’uso parziale di strumenti di capitale che non si qualificano come Common Equity Tier 1 per soddisfare i requisiti del secondo pilastro e soddisfare le esigenze di capitale;
  • il rinvio gli stress test previsti per il 2020 per la riduzione dello stock dei crediti deteriorati, con endorsement favorevole dell’EBA(3);
  • un elevato grado di flessibilità per quanto riguarda il trattamento dei crediti deteriorati (NPL, Non-Performing Loans) sia in termini di classificazione in UTP (Unlikely To Pay) sia in termini di accantonamento a conto economico;
  • nuovi incentivi per le banche europee a concedere prestiti alle PMI nell’ambito della revisione delle condizioni stabilite nel programma TLTRO III(4).

Le misure sopra riportare potrebbero influenzare le posizioni patrimoniali delle banche e anche diversi aspetti operativi tra cui, ad esempio, le operazioni di aggregazione bancaria (M&A), le prospettive commerciali degli istituti con forti ripercussioni sulla qualità del credito, la liquidità e la redditività bancaria. Quest’ultima, assieme agli indici del mercato azionario bancario, sarà messa sotto pressione da volumi inferiori e dall’aumento del costo del credito che determineranno una contrazione dei proventi derivanti e no da interessi, da un incremento delle perdite su prestiti per spese operative ed altri accantonamenti e dall’ incremento dei tassi di insolvenza delle famiglie e delle imprese (NPE ratio).

Le banche sono tra quelle che potrebbero maggiormente risentire degli effetti indiretti della pandemia.

Questo è il motivo che ha spinto il Governo e le banche italiane a introdurre la moratoria sui finanziamenti per fornire, temporaneamente, assistenza alle micro, piccole e medie imprese danneggiate dall’emergenza epidemiologica “COVID-19” garantendo la sospensione del pagamento della quota capitale delle rate dei finanziamenti a medio lungo termine fino a un anno.

Tali moratorie devono essere interpretate come misure volte a tutelare la stabilità finanziaria, e non devono essere classificate automaticamente come misure di forbearance ai fini dell’IFRS 9, contrariamente da quanto previsto nelle attuali disposizioni di vigilanza, nonché tra i crediti deteriorati.

Per assicurare un efficiente e rapido utilizzo delle misure a supporto della liquidità, in data 29 marzo 2020(5), Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Banca d’Italia, l’Associazione Bancaria Italiana e il Mediocredito Centrale (MCC) hanno costituito una Task Force per assicurare l’efficiente e rapido utilizzo delle misure di supporto alla liquidità adottate dal Governo con il D.L. n°18/2020 “Cura Italia(6).

Sulla base dell’analisi degli indicatori di riferimento Banca d’Italia, con l’utilizzo di uno degli strumenti macroprudenziali progettato per aiutare la contro-prociclicità nel sistema finanziario, ha deciso di mantenere il coefficiente anticiclico di capitale (CCyB) allo zero per cento per il secondo trimestre del 2020 perché, già nel quarto trimestre del 2019, l’andamento a lungo termine della relazione tra credito bancario e PIL (credit-to-GDP gap) è stato ampiamente negativo.

Ciò contribuirà a creare ulteriori riserve che consentiranno di mantenere l’offerta di credito e di attenuare il rallentamento del ciclo finanziario per poter garantire un aumento della capacità di tenuta del settore bancario nel momento in cui si riterrà che il rischio sistemico sia in aumento.

Sulla base di quanto detto in precedenza, al fine di massimizzare il sostegno all’economia reale il MVU(Meccanismo di Vigilanza Unico)(7), attraverso la BCE, per le banche significative e, attraverso la Banca d’Italia(8), per le banche meno significative, ha ritenuto appropriato vietare le distribuzioni discrezionali di dividendi.

La BCE raccomanda che, almeno fino al 1° ottobre 2020:

⇒ non vengano pagati dividendi,

⇒ che gli enti creditizi non assumano alcun impegno irrevocabile per il pagamento dei dividendi per gli esercizi finanziari 2019 e 2020,

⇒ che gli enti creditizi si astengano dal riacquisto di azioni volte al fine di remunerare gli azionisti.

I motivi per cui è necessario comprendere l’evoluzione della qualità del credito dei vari istituti, a seguito delle variazioni delle condizioni macroeconomiche, sono estremamente importanti al fine di valutare la resilienza dell’intero sistema bancario.

Le banche sono chiamate a predisporre un adeguato livello di copertura patrimoniale delle proprie attività dotandosi di accurati sistemi di rilevazione e controllo interno al fine di tendere, in maniera continua e decisa, alla riduzione e ottimizzazione della rischiosità degli impieghi e, di conseguenza, alla minimizzazione del costo opportunità determinato dalla necessità di accantonare capitale crescente a fronte di impieghi dell’elevato grado di rischio.

Esse pertanto impostano i loro coefficienti patrimoniali ottimali sulla base dei cambiamenti delle condizioni macroeconomiche, modificando principalmente i loro RWA (Risk Weighted Assets), coefficienti influenzanti l’entità del patrimonio e che dovranno detenere per soddisfare i requisiti di adeguatezza patrimoniale richiesti dal Comitato di Basilea.

Le banche contribuiscono alla trasmissione delle decisioni di politica monetaria in virtù dello storico rapporto tra le variabili macroeconomiche ed il Tier1 ratio. Questa relazione è stata interrotta solo durante gli shock di capitale bancari verificatisi nel corso del 2008 e parimenti a tale crisi, anche il COVID-19 potrebbe aver indotto rapidi cambiamenti nelle relazioni tra il ciclo economico, il mercato finanziario e le variabili bancarie.

Nel corso del 2020, il settore bancario sarà chiamato a intraprendere un’importante impresa perché, a fronte di una riduzione della redditività, è necessario tutelare la qualità degli attivi alla luce degli obiettivi pluriennali di NPE Ratio prefissati dagli istituti e preservare la quantità e la qualità di dotazione del capitale (Tier 1 capital).

Il significativo inasprimento delle norme sui crediti deteriorati, che veniva promosso dalla BCE già dal 2014 e si realizzava prima con la pubblicazione della management guidance sulle NPE(Non-Performing Exposures) nel 2017 e dopo con l’addendum del 2018, oltre al recente accantonamento del Calendario, hanno portato a un netto miglioramento della qualità delle attività bancarie, la fase di “lockdown” imposta dai governi, può mettere a repentaglio sia la possibilità di ottenere recuperi attraverso la strategia giudiziaria (è il caso dell’Italia che ha chiuso tutti i Tribunali) sia la capacità dei debitori di onorare per via extra-giudiziale tutti gli accordi dovuti a seguito delle crescenti difficoltà economiche.

Negli ultimi anni le banche italiane hanno completato importanti cessioni di crediti deteriorati, contribuendo in modo significativo alla riduzione del NPL ratio sia a livello di singolo intermediario sia a livello nazionale. Ne sono esempi sia le cessioni di crediti UTP (Unlikely To Pay) sia la nascita di un prospero mercato secondario delle sofferenze bancarie.

Le strategie di deleveraging e derisking devono necessariamente considerare il mutato contesto macroeconomico e l’impatto sulla redditività delle banche e sui loro bilanci; ciò potrebbe tradursi in una riduzione degli indicatori di prestazione come il Collection Ratio (CCR) and Profitability Ratio (NPV ratio).

In prospettiva, si potrebbe registrare un aumento del Credit Default Swap (CDS) e, in futuro, gli investitori e le agenzie di rating potrebbero utilizzare approcci più conservativi basati su ipotesi più prudenziali nella stima dei tempi e dei recuperi lordi. Ciò potrebbe pertanto avere effetti negativi sui prezzi di vendita e di sottoscrizione delle notes con ripercussioni sul Conto Economico delle banche venditrici.

Tuttavia, gli effetti potenziali avversi potrebbero essere mitigati, o addirittura annullati, attraverso misure di sostegno appositamente predisposte dal governo e/o da possibili benefici fiscali Deferred Tax Asset (DTA) come previsto dal governo italiano con il Decreto «Cura Italia» che prevede, all’articolo 55, importanti misure in favore della cessione di crediti deteriorati.

La Società che perfeziona la cessione a titolo oneroso di crediti deteriorati entro il 31 dicembre 2020 ha la possibilità di trasformare in crediti d’imposta le Deferred Tax Asset (DTA) derivanti da perdite fiscali (ex art. 84 TUIR) ed eccedenze ACE (Aiuto alla Crescita Economica.

L’opzione comporta l’obbligo del pagamento di un canone annuo (deducibile ai fini IRES ed IRAP), pari all’1,5% della differenza (se positiva) tra l’ammontare delle attività per imposte anticipate e le imposte versate, fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2029.

I crediti di imposta così ottenuti potranno essere portati in compensazione, ceduti ovvero richiesti a rimborso.

 

Intervento del Dott. Vito Carlo MICENE, Manager Audit & Consulting

 


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)    La nostra risposta al Coronavirus  –  BCE, 19 marzo 2020

(2)   Measures to support bank liquidity conditions and money market activity  –  ECB, 12 March 2020

(3)   EU-wide stress testing  –  EBA, 19 March 2020

(4)   Easing of conditions for targeted longer-term refinancing operations (TLTRO III)  –  ECB, 12 March 2020

(5)   Moratoria su mutui e potenziamento Fondo PMI  –  ABI, 29 marzo 2020

(6)   D.L. 17 marzo 2020, n. 18  –  Misure di sostegno economico connesse a COVID-19

(7)   Raccomandazione sulla Distribuzione di Dividendi durante la pandemia di COVID-19  –  BCE, 27 Marzo 2020

(8)   Raccomandazione distribuzione dividendi Banche meno significative  –  Banca d’Italia, 27 marzo 2020

 



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