Brexit Analisi

Brexit: i retroscena che ci siamo dimenticati

25 gennaio 2019

di Massimo BALDUCCI

Riportiamo la trascrizione dell’Intervista rilasciata dal nostro autore Prof. Massimo Balducci a Radio InBlue

Se vogliamo cercare di dire qualcosa al di là di quello che ormai tutti hanno detto è che il Regno Unito si trova nella difficoltà di decidere, perché deve ritrovare una sua identità. Non è più l’Inghilterra che comandava il mondo.

È interessante per esempio considerare che i giovani in occasione del referendum sulla Brexit hanno votato tutti per rimanere, sono state le persone di una certa età abituate ad una vecchia concezione, a votare per uscire. Ma al di là di quello che l’elettorato pensa, al di là di come è stata condotta la campagna elettorale sul referendum, vorrei fare alcune riflessioni: ma voi pensate veramente che a Bruxelles i funzionari e i commissari siano preoccupati per il fatto che l’Inghilterra possa uscire?

Voglio ricordare che quando ci fu il referendum a Bruxelles si sperava che vincesse l’Exit e non il Remain.

Il Regno Unito non è mai stato considerato un partner veramente convinto della costruzione europea; il Regno Unito è entrato nell’Unione Europea quando si è capito che l’Unione Europea cominciava a camminare con le sue gambe e, probabilmente, ci è entrato per rallentarla.

Non va dimenticato il fatto che uno dei meccanismi per far crescere l’Unione Europea avrebbero potuto essere le “collaborazioni rinforzate”, quindi la possibilità per alcuni Stati di andare più in là della collaborazione reciproca. Queste collaborazioni rinforzate, per espressa volontà del Regno Unito sono state diluite al punto che se Francia, Germania e Italia avessero voluto collaborare, per esempio nell’unione militare, avrebbero dovuto avere il beneplacito di tutti gli Stati Membri quindi compreso il Regno Unito. Infatti, i progressi – al di là dei trattati europei – non sono stati fatti con la collaborazione rinforzata ma con trattati a parte: Schengen è un trattato a parte, l’euro è un trattato a parte e altri sono trattati a parte. Questo va tenuto in opportuna considerazione.

Come è nato il contenzioso tra l’Inghilterra e l’Unione Europea?

Il contenzioso è nato sui problemi della regolamentazione bancaria. La regolamentazione bancaria avrebbe imposto alla City di Londra una serie di vincoli e di controlli sui capitali che girano nella City. Londra non voleva essere controllata e stare alle regole di nessuno anche perché vi circolano capitali che non sono necessariamente commendevoli. Da lì passano i capitali arabi, i capitali degli oligarchi russi. Oggi la piazza su cui si ricicla non è più la Svizzera..… e questo non dobbiamo dimenticarlo. Non dimentichiamoci neppure che ad un certo punto Theresa May ha tentato di far passare una unione doganale che riguardasse soltanto prodotti industriali e agricoli e non i servizi cioè non le banche. Questa proposta non è passata. Quindi vuol dire che a Bruxelles non si è più disposti a dire sempre Sì all’Inghilterra ma si comincia a dire No. E questo è un bel passo avanti.

C’è una cosa che mi ha sempre incuriosito: si tratta di una coincidenza che ha spinto verso certi sviluppi, il referendum sulla Brexit si è fatto quando sono decaduti i limiti alla costruzione di armi imposti alla Germania dai trattati di pace. E lì è ripartita immediatamente la collaborazione franco-tedesca sullo sviluppo di un’industria militare europea che l’Inghilterra non ha mai visto di buon occhio.
Che cosa può succedere adesso, da un punto di vista europeo? Il Regno Unito potrebbe trovarsi ad avere uno status simile a quello della Norvegia e dell’Islanda, cioè della vecchia EFTA quindi di una collaborazione di tipo meramente economico, una European Economic Area. Questo probabilmente spingerebbe tutta la costruzione dell’Unione Europea ad essere prevalentemente uno spazio di libera circolazione e non una potenza. Probabilmente non siamo maturi per essere una potenza. Probabilmente il Regno Unito e gli inglesi tenteranno di far passare questa seconda versione di accordo Brexit.

A proposito dell’autocritica fatta pochi giorni fa da Juncker (ndr in riferimento al salvataggio della Grecia) vorrei ricordare che non si è trattato di un’autocritica. Infatti, quando ci fu la crisi greca non c’era Juncker ma c’era Barroso notoriamente molto filoinglese, molto filo Fondo Monetario Internazionale. Quindi Juncker non ha fatto una critica a se stesso ma è una critica fatta a Barroso. Infatti, a suo tempo molti si chiesero: perché l’Unione Europea in quella occasione si fosse comportata come un insieme di Stati e non un’unione. Se ci fossimo comportati come un’unione e non un insieme di Stati, il Fondo Monetario Internazionale non avrebbe avuto modo di entrare nella partita. La crisi greca, reale, potevamo gestirla in casa e invece abbiamo permesso ad organismi sovranazionali di inserirsi.

Infine, una cosa interessante, facile da verificare personalmente. Se si guarda il sito del WTO – e ricordo che l’Italia come la Germania non fa parte del WTO, bensì è l’Unione Europea che fa parte del WTO – i dati sul PIL sono separati per i singoli stati membri, perché se li mettessimo insieme scopriremmo che noi abbiamo un PIL superiore alla Cina e agli Stati Uniti: purtroppo, abbiamo difficoltà a prendere consapevolezza della nostra identità.

Ora dobbiamo crescere, prima non c’eravamo, adesso dobbiamo capire che ci siamo e che siamo la più grande potenza economica che esiste sul globo terracqueo, altro che crisi.



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