Europa Italia

Navigare nella UE: Il Ruolo dell’Italia

21 gennaio 2019

di Massimo BALDUCCI, Christiane COLINET, Giorgio NATALICCHI

Una guida per profittare della UE e orientarsi nel dibattito pro o contro la UE

La necessità di modificare i rapporti con Bruxelles per troppo a lungo limitati alla fase di ricezione delle normative e, invece, di essere più presenti nella fase di definizione delle stesse.

Questo articolo fa parte di una serie di 4 articoli:

Leggete qui l’articolo precedente, Link 1/4   –   Navigare nella UE: Dai Giudici alla Tavola Rotonda

Leggete qui l’articolo precedente, Link 2/4   –   Navigare nella UE: Europa Spazio o Europa Super-Stato?

Leggete qui l’articolo precedente, Link 3/4   –   Navigare nella UE: come funziona il meccanismo decisionale UE

 

5.  ALCUNE CONCLUSIONI

Da questo excursus riteniamo di poter tenere fermi i seguenti punti:

a) la UE è una comunità di valori resi operativi da una serie di standards di natura tecnica, economica e giuridica

b) la UE non ha il monopolio della forza, cosa caratteristica di uno Stato

c) le norme cogenti elaborate da Bruxelles sono il frutto della codecisione degli Stati Membri; significativa l’espressione pooling of authority molto diffusa a Bruxelles, espressione che mette in evidenza come la titolarità dell’autorità risiede negli Stati Membri

d) il processo decisionale vede sempre più coinvolta la società civile; questo coinvolgimento avviene in due modi:

  • (i) rendendo trasparente i percorsi in cui le decisioni maturano a livello tecnico e permettendo, quindi, alla società civile di far sentire la sua voce proprio in questa fase cruciale e
  • (ii) creando un collegamento diretto tra la società civile e la Commissione, facendo pervenire, quindi, alla Commissione le domande della società civile in maniera diretta (funzione di input).

Qui si impongono due osservazioni, una riguardante l’Italia ed una riguardante la Commissione.

Iniziamo con l’osservazione relativa alla Commissione. La maggior parte dei cittadini della UE non conosce le ovvie cose che abbiamo esposto nei paragrafi precedenti, cose che evidenziano il fatto che la UE rappresenta il tessuto su cui si basa la società contemporanea degli Stati Membri. Eppure una delle critiche avanzate alla UE che più ci si sente dire è proprio quella che rinfaccia alla UE di non essere presente e di non fare niente. Qui la Commissione è sicuramente venuta meno ai suoi doveri di informazione. Forse si può rimproverare alla Commissione di non aver sviluppato la sua cultura organizzativa e di aver mantenuto la cultura delle fasi in cui la UE era caratterizzata esclusivamente da funzioni di output e la Commissione si comportava come qualcosa di sovraordinato agli Stati Membri.

Per quanto riguarda il ruolo dell’Italia va rimarcato che istituzionalmente l’Italia non ha mai cercato di impegnarsi nella fase di input mano mano che questa fase acquisiva di importanza. I rapporti con Bruxelles sono stati per lungo tempo limitati alla fase di output, alla fase cioè di ricezione della normativa europea.

In questa fase il Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri si curava della stesura della così detta legge La Pergola (legge n° 86/1989), la legge che ogni anno recepisce le direttive UE. Il coinvolgimento nella fase di input fino a tutto il 2005 era limitato ad un mini ufficio per lo sviluppo economico alla Farnesina che fungeva da contatto romano della nostra rappresentanza a Bruxelles.

Nel 2005, con la legge n. 11 (così detta legge Buttiglione), si cerca di regolamentare per la prima volta la partecipazione dei funzionari italiani nella fase di input (definita nella stessa legge 11/2005 come fase ascendente, segno inequivocabile che non si percepisce la UE come una realtà da noi partecipata ma come una realtà a noi superiore e come una realtà lontana). Improvvisamente la Farnesina sembra svegliarsi e crea rapidamente ben due direzioni dedicata alla UE. Con la legge 234 del 2012 la legge 11/2005 viene abolita e il coordinamento della presenza italiana nella fase ascendente sembra essere affidato al CNEL, organismo che, secondo il contratto di governo che lega i due partiti di maggioranza, dovrebbe essere abolito.

Di fatto oggi nessuno governa la presenza (più spesso l’assenza) dei funzionari italiani nella fase di messa a punto della normativa comunitaria.

 

Intervento di:

Massimo BALDUCCI, docente alla Scuola di Scienze Politiche Cesare Alfieri dell’Università di Firenze, esperto del Center of Expertise on Local Government Reform del Consiglio d’Europa

Christiane COLINET, dr. Juris Università di Liegi, Avvocato del Foro di Bruxelles e del Foro di Firenze

Giorgio NATALICCHI, PhD in Political Science, The Graduate Center of the City University of New York (CUNY), esperto nei mercati delle ITC

 

4/4

 



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