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Navigare nella UE: Come funziona il meccanismo decisionale UE

11 gennaio 2019

di Massimo BALDUCCI, Christiane COLINET, Giorgio NATALICCHI

Una guida per profittare della UE e orientarsi nel dibattito pro o contro la UE

La UE non è un buco nero, un mondo opaco dove le decisioni vengono prese all’oscuro dei cittadini. La realtà è esattamente l’opposto.

Questa parte presenta alcuni fatti che dimostrano che con le sue istituzioni la UE è meno lontana dalla società civile di quello che si creda. In effetti, i fatti mettono in luce uno scenario assai differente da quello presentato dal “coro”.


Questo articolo fa parte di una serie di 4 articoli:

Leggete qui l’articolo precedente,  Link 1/4   –   Navigare nella UE: Dai Giudici alla Tavola Rotonda

Leggete qui l’articolo precedente, Link 2/4   –   Navigare nella UE: Europa Spazio o Europa Super-Stato?

Leggete qui l’articolo successivo, Link 4/4   –   Navigare nella UE: il ruolo dell’Italia

 

4.  COME FUNZIONA IL MECCANISMO DECISIONALE UE

In questa fase, che è quella in cui ci stiamo trovando, la funzione di input si struttura e la Commissione si dota di strumenti sempre più sofisticati per raccogliere gli input provenienti dagli Stati Membri (dalle singole amministrazioni degli Stati Membri bypassando le rappresentanze permanenti) e direttamente dalla società civile. Questa fase (che, dal punto di vista del funzionamento dell’UE nell’area delle politiche comuni, consideriamo ancora in corso) si sviluppa su tre dimensioni:

  • (i) La creazione di comitati della comitologia, che, composti di amministratori nazionali e dalla Commissione, intervengono nella implementazione delle direttive e dei regolamenti tramite dettagliati regolamenti al fine di garantirne una applicazione uniforme. In questo modo una funzione di input va a collocarsi in fase di output. [cfr. Christian JOERGES & Ellen VOS (eds), “Good Governance Through Comitology?”, in EU Committees: Social Regulation, Law and Politics, Oxford, Hart, 1999, 311-338. First Comitology Decision of 1987 (Decision 87/373, of 13 July1987). Second Comitology Decision 1999/468/EC. To adapt the rules to the new Lisbon Treaty to comitology a third act was developed in 2011 (Regulation (EU) No 182/2011) which lays down the general principles concerning mechanisms for control by EU countries of the Commission’s exercise of implementing powers. Con riguardo a quest’ultima vedi, Georg Haibach,“A New Comitology Decision for the 21st Century”, Eipascope (1) 1999, pp. 1-9. Vedi inoltre al riguardo il nuovo articolo 291 del TFEU].
  • (ii) Il coinvolgimento progressivo delle burocrazie nazionali nella fase di elaborazione della legislazione (funzione di input nel gergo italiano definita “fase ascendente”). Nella elaborazione della legislazione, la Commissione si avvale di comitati di esperti, composti da amministratori nazionali, e di numerosi comitati consultivi composti da esperti di vari settori.
  • (iii) Lo sviluppo sempre maggiore delle consultazioni pre-legislative. A ciò va aggiunto che il nuovo Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) prevede anche il coinvolgimento dei Parlamenti Nazionali (anche se solo limitatamente alla verifica del rispetto del principio di sussidiarietà).

Qui vanno fatte due considerazioni, relativamente (i) al rapporto tra legittimazione democratica e legittimazione tecnico-professionale e (ii) alle opportunità fornite dalla nuova tecnologia delle ICT per quanto riguarda le possibilità di coinvolgimento degli stakeholders nella maturazione delle decisioni, in maniera particolare nella messa a punto dell’agenda decisionale.

Relativamente al primo punto (rapporto tra legittimazione democratica e legittimazione tecnico-professionale), va evidenziato che tutti gli Stati moderni esperimentano la problematicità del rapporto tra legittimazione democratica e legittimazione professionale. Le società moderne sono tecnologicamente molto complesse e richiedono, quindi, una normativa molto specialistica che non può essere prodotta da rappresentanti eletti ma deve vedere il coinvolgimento di tecnici. Non è un caso se nelle democrazie parlamentari la presso che totalità delle leggi è di iniziativa governativa e se tali leggi vengono stese dagli uffici legislativi. Questi uffici legislativi hanno, peraltro, una competenza esclusivamente giuridica e, quindi, non conoscendo la materia che si accingono a regolamentare, si avvalgono di gruppi di esperti. Tali gruppi di esperti sono negli stati nazionali molto opachi: non si sa quanti ne siano in opera, chi li compone, quale sia la loro agenda e quale siano i documenti da loro preparati. Al contrario nella UE questi gruppi di esperti sono stati formalizzati e strutturati. Tutte le informazioni sono raggiungibili via web. In effetti, nel settore della messa a punto delle decisioni, il meccanismo UE sembra molto più trasparente di quello in uso negli stati a democrazia consolidata.

La UE non è un buco nero, un mondo opaco dove le decisioni vengono prese all’oscuro dei cittadini. La realtà è esattamente l’opposto. Le leggi oggi, nei paesi democratici, vengono certamente approvate dai parlamenti ma vengono scritte da comitati di esperti di cui nessuno conosce i componenti. Questo perché le società moderne, tecnologicamente molto sviluppate, richiedono normative molto complesse che possono essere messe a punto solo da esperti. Qui si presenta un vero problema per la democrazia rappresentativa: gli eletti (i parlamentari) hanno grande difficoltà a capire i testi di legge che sono chiamati ad approvare. Orbene, qui la UE rappresenta una eccezione, un esempio probabilmente da imitare. Tutti i gruppi di esperti che lavorano alla messa a punto delle direttive e dei regolamenti europei sono individuati e reperibili sul web (sul web si trova l’elenco dei comitati, il nome e il cv dei loro membri, l’agenda dei lavori, l’ordine del giorno delle riunioni, il verbale di ogni riunione). Addirittura si è affermata la prassi così detta “no meeting” secondo la quale non si possono riunire gruppi che non siano registrati nell’elenco ufficiale (cfr. Commission’s Inter-Institutional Agreement (IIA) proposal for a mandatory transparency register, e il “report” della Commissione sull’applicazione del regolamento 1049/2001 sull’accesso ai documenti).

Relativamente al secondo punto (opportunità fornite dalla nuova tecnologia delle ICT) vanno qui citate tutte le iniziative messe in atto dalla Commissione per attivare inputs provenienti direttamente dal sistema economico e dalla società civile.

In effetti è ragionevole sostenere che il così detto “deficit democratico” e il “deficit di trasparenza” oggi è molto più marcato nelle democrazie degli stati moderni e in particolare degli stati membri. La istituzionalizzazione dei rapporti tra titolarità della legittimazione democratica e portatori della legittimità professionale segnala le istituzioni comunitarie per la loro sensibilità ai principi fondatori delle società occidentali.

Nei paragrafi che seguono riassumiamo brevemente il percorso decisionale.

4.1.  LA MESSA A PUNTO DELLE PROPOSTE DELLA COMMISSIONE

La stesura delle proposte di regolamento e/o direttiva è supportata da due tipi di comitati:

  • Comitati di Esperti formati da funzionari degli Stati Membri (a Bruxelles si dice che qui i funzionari rappresentano la propria amministrazione)
  • Comitati Consultivi formati da rappresentanti della società civile (es.: gruppi di interesse T. Christiansen & T. Larson, The Role of Committees in the Policy-Process of the European Union, E.E. Publishing, Maastricht, (2007), pp. 66-67.

Le informazioni ufficiali su comitati e loro funzioni sono rintracciabili su questo Link

Con riguardo alla trasparenza dei comitati della Commissione e le loro procedure si veda:

Va qui tenuto presente che la proposta maturate nell’ambito dei gruppi di esperti viene messo all’ordine del giorno delle sedute plenarie della Commissione. Se entro 48 ore dalla riunione della plenaria non pervengono al Segretariato generale della Commissione richieste di modifiche o di delucidazioni, il testo proposto viene considerato approvato ritualisticamente.

4.1.1  LE NORMATIVE SUL LAVORO

Qui va rimarcata la caratteristica del processo decisionale riguardante le tematiche del Lavoro. Ai sensi dell’art. 155 del TFUE il processo decisionale tradizionale (proposta della Commissione, codecisione Consiglio-Parlamento) può essere sostituito (sulla base di una richiesta delle parti sociali) da una decisione presa dalle parti sociali stesse e il cui rispetto viene monitorato dalle parti sociali stesse, Link.

4.2.  IL CONSIGLIO

Le proposte della Commissione vengono inviate al Consiglio dove queste vengono assegnate a uno di ca. 260 gruppi di lavoro (di nuovo formato da funzionari degli Stati Membri, in questo caso si usa dire che tali funzionari rappresentano i loro Stati).

Le informazioni su questi gruppi di esperti si ritrovano sul sito, Link.

Se nell’ambito di questi gruppi si raggiunge un accordo, il testo del provvedimento viene iscritto all’ordine del giorno del Consiglio dove non viene discusso ma viene considerato ritualisticamente approvato. Nell’eventualità non si trovasse un accordo nel gruppo di lavoro, il problema viene rinviato al CoRePer. Se qui si raggiunge un accordo, il testo del provvedimento non viene discusso al Consiglio ma viene iscritto all’ordine del giorno e viene considerato ritualisticamente approvato.

Di fatto meno del 15% dei provvedimenti approvati sono discussi o dalla Commissione o dal Consiglio. Non ci si deve illudere che i Consigli dei Ministri degli Stati Membri lavorino in maniera molto diversa.

Qui va segnalato il fatto che i lavori delle istituzioni UE sono molto più trasparenti di quelli degli Stati, Link.

4.3.  I CONTATTI DIRETTI CON LA SOCIETÀ CIVILE

Commissione Europea e Società Civile

È ormai divenuta cosa abituale criticare l’Unione per la mancanza di contatti con la società civile e per l’opacità (o assenza di trasparenza) del suo modus operandi. È nostra opinione che tale critica necessiti maggiore attenzione. Tale percezione da parte del pubblico “at large” è giustificata dalla estremamente limitata pubblicizzazione da parte dei media e dei politici nazionali degli innumerevoli “prodotti” della UE (ricordo ad esempio che anni fa in una conferenza un docente affermò che le politiche della UE sono “roba da ambasciatori”). Ma se così è, allora tale percezione è il prodotto di un circolo vizioso basato sul fatto che coloro che accusano Bruxelles di lontananza dal cittadino sono coloro che troppo poco fanno per avvicinarla al cittadino comune o per disinteresse o per interesse. È chiaro che una buona parte del lavoro della UE (come la regolazione dei mercati) sia cosa un po’ complessa per il cittadino medio. Ma è anche vero che la UE da tempo tenta – attraverso i suoi siti web – di presentare e spiegare in linguaggio “comune” le sue attività ed i suoi “prodotti”.

Questa sezione presenta alcuni fatti che dimostrano che alcune istituzioni della UE è meno lontana dalla società civile di quello che si creda. In effetti i fatti mettono in luce uno scenario assai differente da quello presentato dal “coro”, almeno per quanto riguarda la Commissione Europea, ovvero il de facto esecutivo della UE.

Da un lato, seppur disponendo di risorse assai inferiori a quelle di un medio governo nazionale, la Commissione, attraverso gli anni, è riuscita ad instaurare una vasta rete di contatti con le organizzazioni tanto di interesse particolare quanto di interesse pubblico – dal lavoro, all’ambiente, alla salute.

D’altro lato, il modus operandi di tale rete è assai meno oscuro di quanto pubblicizzato dagli euro scettici, e di quanto siano le reti di dialogo tra governi nazionali e gruppi di interesse.

Inoltre – i risultati di ricerche empiriche condotte dopo la grande espansione del network a seguito dell’ Atto Unico – tale dialogo più che corporativo è pluralista [Streeck, Wolfgang and Philippe Schmitter (1991). ‘From National Corporatism to Transnational Pluralism: Organized Interests in the Single European Market’, Politics and Society, Vol. 19, No. 2, pp. 133–164] Ovvero, non è composto solo di organizzazioni al vertice (europee o nazionali) ma anche da un gran numero di enti individuali (singole aziende o associazioni) che appartengono o meno alle organizzazioni di vertice.

I contatti tra Commissione e parti sociali vengono mantenuti per vie più o meno istituzionalizzate. Chiaramente il Comitato Economico e Sociale è il canale più antico e istituzionalizzato. Basato sui Trattati originali, esso è il tipico “organo” di rappresentanza funzionale della UE. Composto in primo luogo da datori di lavoro e forze del lavoro, esso è poi ulteriormente diviso per vari sotto-settori dell’economia. È obbligatorio per gran parte delle iniziative legislative della Commissione avere il suo parere prima di arrivare al Consiglio, ma tale parere non è vincolante. D’altra parte non sarebbe “di buon gusto” per il Consiglio ed il Parlamento ignorarlo sistematicamente.

Andando all’indietro nel processo di decision making – e dunque verso l’origine – delle iniziative, troveremmo i Comitati Consultivi e i Gruppi di Esperti istituiti (anche “ad hoc”) e utilizzati dalla Commissione prima e durante lo sviluppo delle proposte. Da un lato alti funzionari delle amministrazioni nazionali settoriali e dall’altro esperti di alto livello dal mondo dell’industria e dei servizi.

Più indietro ancora, sempre più verso l’origine, sempre meno istituzionalizzati, e sempre più informali e specializzati, troviamo Forum e Piattaforme. Data l’espansione dell’agenda comunitaria e della specializzazione ed espansione dei mercati il numero delle organizzazioni e dei settori interessati aumenta nonché la complessità del lavoro della Commissione. È interessante il fatto che talvolta è la Commissione stessa a sponsorizzare le organizzazioni. Tali formazioni sono presenti in un gran numero di settori quali, ad esempio, la salute pubblica, l’ambiente, la sicurezza sul lavoro, l’occupazione, oppure, nel settore infrastrutture i trasporti, le ICT-Telecom, o l’energia. E così via attraversando tutti i settori in cui opera la UE.

All’interno dei “Forum” e delle “Piattaforme” troviamo le entità individuali (aziende o consumatori ) che, assieme, rappresentano un input essenziale (e semi-permanente) al lavoro “propositivo” della Commissione. Come essenziale (ed opportuno) per la società civile è l’avere la opportunità di suggerire o raccomandare iniziative e soluzioni in una miriade di settori. Qui emerge dunque un incontro di due forze: domanda e offerta di un certo tipo di regolazione. Elegante poiché insieme al tentativo di influenzare la commissione, le parti sociali forniscono importanti informazioni sull’andamento del settore in cui operano.

Oltre ai Forum e le Piattaforme – di natura quasi-permanente – un canale ormai da tempo collaudato sono le consultazioni, organizzate “ad hoc” dalla Commissione, e che possono prevedere tanto una audience “ristretta” o una audience “allargata” a tutto il pubblico interessato. Recentemente, negli ultimi anni poi al formato classico si è aggiunto poi il formato “telematico” che, logisticamente parlando, permette un accesso più ampio.

Le critiche non mancano. Parte dei diretti interessati e degli osservatori hanno mostrato i limiti del sistema delle consultazioni. In articolare con riguardo alla “exclusiveness” e alla “trasparenza”. Tuttavia, seppur criticabile, l’attività della Commissione in quantità e qualità appare notevole se paragonata ad un qualsiasi esecutivo nazionale.

In termini di “inclusività”, attraverso gli anni, la Commissione ha espanso il raggio dei gruppi con cui essa intrattiene un dialogo. Come accennato sopra dalla comunità del “business” a gruppi di interesse “diffuso” [Beate Kohler-Koch, in, Beate Kohler-Koch and Christine Quittkat, “De-Mystification of Participatory Democracy: EU Governance and Civil Society”, Oxford UP, 2013, pp. 43-47]. Inoltre il “trend” è stato di esercitare più controllo centrale sulle consultazioni e di non lasciare totalmente nelle mani delle singole Direzioni Generali (DGs). Naturalmente i DG’s rimangono i principali sponsorizzatori delle consultazioni, essendo i principali attori nello sviluppo e gestione delle politiche. Tuttavia, le consultazioni oggigiorno appaiono in un “single directory”.

In termini di “trasparenza”, la Commissione ha fatto di essa una vera e propria priorità, Link.

La tendenza è stata di rendere le consultazioni il più pubbliche possibile. Qui le tecnologie ICT sono state lo strumento centrale. Le On Line Consultations, non hanno sostituito le consultazioni tradizionali, ma sono tuttavia divenute il modello per le consultazioni pubbliche [Per una analisi approfondita delle On Line Consultations, v. Christine Quittkat, The European Commission’s Online Consultations: A Success Story?, Journal of Common Markets Studies (JCMS), 2011. Vol 49, n. 3, pp 653-674].

Dunque, in generale, seppur condividendo alcune delle attuali critiche, sarebbe difficile negare che vi sono stati progressi nel coinvolgimento delle parti sociali nel processo di sviluppo delle politiche da parte della UE.

I numeri qui sotto indicano infatti una stabilità nella partecipazione della società civile europea e non certo il “general retreat” dalla UE pubblicizzato dai media e dagli euroscettici. Casomai – a voler essere analitici – si potrebbe dire di essere di fronte ad un effetto di “institutional lock-in”, Link.

  • Durante l’anno 2015 la Commissione ha aperto 99 nuove consultazioni
  • Durante l’anno 2016 la Commissione ha aperto 113 nuove consultazioni
  • Durante l’anno 2017 la Commissione ha aperto 114 nuove consultazioni
  • Nel 2018 la Commissione, fino al 14 Giugno, la Commissione ha aperto 47 nuove consultazioni

Infine le analisi di Beate Kohler Koch e Christine Quittkat mostrano chiaramente una espansione della base degli stakeholders sia in termini numerici che qualitativi. Le loro analisi mostrano infatti un aumento nella partecipazione delle Organizzazioni di Pubblico Interesse (“Public Interest” Organizations) relativamente ad altri tipi di organizzazioni (es.: Pubbliche Amministrazioni, Organizzazioni Professionali e Commerciali cfr, Beate Kohler-Koch and Christine Quittkat, De-Mystification of Participatory Democracy. EU Governance and Civil Society. Oxford. Oxford UP, July 2013).

 

Intervento di:

Massimo BALDUCCI, docente alla Scuola di Scienze Politiche Cesare Alfieri dell’Università di Firenze, esperto del Center of Expertise on Local Government Reform del Consiglio d’Europa

Christiane COLINET, dr. Juris Università di Liegi, Avvocato del Foro di Bruxelles e del Foro di Firenze

Giorgio NATALICCHI, PhD in Political Science, The Graduate Center of the City University of New York (CUNY), esperto nei mercati delle ITC

 

to be continued 3/4

 



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