Introduzione
Nel 2023 l’Italia ha approvato il Decreto Legislativo n. 24/2023, ovvero la Direttiva UE 2019/1937, che ha lo scopo di migliorare la “protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”.
Protezione verso atti ritorsivi da parte (ad esempio) del datore di lavoro, tutelando il dipendente da licenziamenti senza cognizione di causa. In questo modo, è divenuta maggiormente rilevante la figura del segnalante nella lotta alla corruzione e, più in generale, verso qualsiasi fatto illecito.
A tal proposito, in occasione di un recente convegno organizzato sul tema del whistleblowing, sono emersi alcuni spunti di analisi, non solo circa la tutela verso il segnalante (tematica oggetto del decreto già richiamato), ma anche verso lo stesso soggetto segnalato.
Tutela del segnalante
Partendo dal primo punto, il decreto legislativo è sicuramente un importante passo avanti in termini di garanzia, soprattutto grazie alle chiare indicazioni circa gli atti espressamente vietati (nell’articolo 17 rientrano ad esempio il licenziamento, la sospensione, il demansionamento o le misure disciplinari ingiustificate, le valutazioni negative, la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine).
Inoltre, è risultato evidente, come il fattore culturale influenzi negativamente una norma pensata per tutelare, in primis, l’impresa nel suo complesso e, di rimando, la comunità ove la stessa opera. Giova infatti ricordare come la legislazione sul whistleblowing si inserisca in un più ampio gruppo di norme che hanno l’obiettivo di individuare possibili eventi fraudolenti con ripercussioni esterne all’impresa (es. reati ambientali). Inoltre, se nel mondo anglosassone il genere di normativa viene apprezzato con percentuali molto elevate nei vari sondaggi, diverso è l’approccio riscontrato nei Paesi mediterranei, dove l’attività di segnalazione è spesso concepita in senso negativo. Un fenomeno culturale che, lentamente, sta cambiando in positivo almeno da come si evince dalle numerose segnalazioni inviate; un riscontro positivo che dimostra come nel nostro Paese vi sia un senso di fiducia verso le normative poste in essere e nelle Istituzioni che le regolamentano. Fiducia che può essere mantenuta ed incentivata tramite misure efficaci a garanzia del whistleblower, tra le quali rientrano anche e soprattutto tutte quelle azioni volte alla cultura aziendale verso l’importanza di specifici valori, quali trasparenza e integrità (codice etico).
Nel caso pratico, i meccanismi di segnalazione dovranno risultare facilmente accessibili e fidati. Requisiti che, se da un lato impattano il rapporto segnalante–impresa, dall’altro permettono al datore di lavoro di rispettare quanto disciplinato nel decreto e quindi evitare le conseguenti sanzioni. Prerogative che, sul lato della sostenibilità, potrebbero migliorare la capacità dell’impresa nel rispetto dei fattori ESG ed in particolare, quelli relativi alla Governance; sotto questo punto di vista, infatti, nella normativa whistleblowing e nel suo ruolo di evitare comportamenti fraudolenti, una naturale connessione e sinergia con il concetto di sostenibilità dell’organizzazione.
Sotto il punto di vista giurisprudenziale, la tutela del segnalante è già emersa in alcune sentenze. Tra le prime, il Tribunale di Milano (sezione lavoro) nell’agosto del 2023 ha riconosciuto come comportamento di ritorsione vietato dall’articolo 17 il licenziamento di una dipendente che aveva segnalato, tramite i canali interni, un comportamento illecito di alcuni dipendenti verso l’impresa presso cui lavorava. Una sentenza favorevole, ma con focus sul periodo precedente all’entrata in vigore della norma per il quale si continuano ad applicare le precedenti norme. Tutela del segnalante che non andrebbe inoltre collegata all’esito dell’iter oggetto di segnalazione come sentenziato dal Tribunale di Ancona con dispositivo n. 89 del 22 marzo 2023 (purché non sia volutamente effettuata per apportare un danno alla società o ai colleghi),
Tutela del segnalato
Inoltre, come anticipato, di diverso avviso ma non meno rilevante, è la necessità di tutelare anche il segnalato. Infatti, differentemente dalle norme che disciplinano i processi civili e penali, nel caso del whistleblowing sembrerebbero mancare tutti quei meccanismi di tutela e di garanzia per coloro che sono oggetto della segnalazione, non consci di un iter a loro carico e gestito non da soggetti terzi, bensì da altre unità aziendali, come l’Internal Auditing, che potrebbe non avere la corretta formazione a riguardo.
A tutela del segnalato e del sistema in generale, si rende pertanto necessario un continuo ricorso alla formazione e allo scambio di informazione tra tutti gli attori del processo, sulla falsariga del modello 231 che, per alcuni aspetti, è parte integrante di quell’insieme di norme a cui si faceva riferimento in precedenza.
Whistleblowing: Conclusioni
In conclusione, la necessità di garantire un sistema efficiente ed efficace in termini di monitoraggio delle segnalazioni e di tutela dei soggetti interessati si può considerare come il punto di incontro con le normative relative alla sostenibilità aziendale. Infatti, la segnalazione di illeciti può rientrare, in un processo messo in atto a garantire l’integrità e la trasparenza al sistema impresa, indipendentemente dalla dimensione aziendale.
Proprio l’irrilevanza del fattore dimensionale conferma così il concetto per il quale anche le PMI, formalmente escluse dalle normative quali la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) ne vengono invece investite in maniera indiretta tramite le normative direttamente collegate a questa quali la CSDDD o indirettamente come il Decreto Legislativo 24 “Whistleblowing”.
Tutti corpi legislativi volti a prevenire qualsiasi comportamento illecito e, di conseguenza, l’accadimento di danni; in altre parole, normative rientranti nei normali processi di risk management.
Processo di analisi che necessita di canali sicuri e fidati, per superare quel preconcetto di cui si accennava e che vede l’attività di segnalazione, non come un’opera volta a far crescere in salute l’impresa (prevenendo appunto eventuali rischi), ma come un’attività rischiosa per la propria presenza all’interno dell’organigramma aziendale o, per lo meno, per l’eventuale futura carriera professionale.
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