Whistleblowing-EU

Whistleblowing: analisi della situazione in Europa, in attesa del recepimento della Direttiva

22 giugno 2022

di Maurizio RUBINI

Premessa

Negli ultimi anni è diventato sempre più chiaro che la diffusione di una cultura della conformità e la protezione dei whistleblower rappresentano una efficace linea di difesa per la salvaguardia dell’interesse pubblico.

Come dimostrano, infatti, i recenti scandali come Cambridge Analytica, Panama e Paradise Papers e LuxLeaks, gli informatori svolgono un ruolo chiave nel far emergere gli illeciti.

Di fatto il luogo di lavoro è spesso centrale per l’identificazione di illeciti poiché le persone che lavorano per, o hanno contatti lavorativi con, un’organizzazione sono spesso le prime a venire a conoscenza di presunti comportamenti scorretti nell’organizzazione stessa. Allo stesso tempo, però, il timore di ritorsioni e la mancanza di assistenza e protezione legale possono scoraggiare le persone dal segnalare le loro preoccupazioni.

Le leggi sul whistleblowing sono attualmente in vigore su base nazionale più o meno in tutta l’Unione Europea ma, nella maggior parte dei paesi, le protezioni sono limitate, incoerenti o addirittura inesistenti. Proprio per tale motivo l’UE ha emanato nel 2019 la Direttiva che disciplina “la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione(1) che mira a correggere l’approccio esistente a livello nazionale che a detta della Commissione è, appunto, “disomogeneo e frammentato”. Il pacchetto di iniziative mira, quindi, a creare un quadro giuridico completo, che prevede tra le altre cose:

  • canali di segnalazione accessibili,
  • il rafforzamento dell’obbligo di riservatezza,
  • il divieto di ritorsioni contro i whistleblower e,
  • l’istituzione di misure di protezione mirate.

Nel Preambolo della Direttiva, infatti, è specificato il ruolo cruciale del whistleblower nella lotta alla corruzione nel momento in cui viene riconosciuto che: “nel segnalare violazioni del diritto dell’Unione che ledono il pubblico interesse, tali persone (gli informatori – i whistleblower appunto) svolgono un ruolo decisivo nella denuncia e nella prevenzione di tali violazioni e nella salvaguardia del benessere della società”. Il whistleblower fornisce con la sua segnalazione “informazioni che portano all’indagine, all’accertamento e al perseguimento dei casi di violazione delle norme dell’Unione, rafforzando in tal modo i principi di trasparenza e responsabilità”.

Purtroppo, però, come noto, la scadenza del mese di dicembre 2021 per il recepimento della normativa non è stata rispettata in Italia e il nostro legislatore non ha attuato neanche la delega conferitagli con la “Legge di delegazione europea 2019-2020” (Legge n. 53/2021). Ne è conseguita la comunicazione del 27 gennaio 2022 della Commissione Europea sull’avvio nei confronti dell’Italia di una procedura di infrazione. Il nostro paese però questa volta è in buona (!) compagnia, purtroppo; non c’è stato, infatti, un solo paese dell’Unione Europea, che abbia rispettato la scadenza del 17 dicembre scorso per recepire, nel diritto nazionale, la Direttiva destinata ad aumentare la protezione dei whistleblower.

Cosa dice la Direttiva?

La Direttiva riguarda la segnalazione di presunte violazioni del diritto dell’UE in settori quali: i servizi finanziari, gli appalti pubblici, la sicurezza e la conformità dei prodotti, la sicurezza ambientale, la protezione dalle radiazioni e la sicurezza nucleare, il benessere degli animali, la salute pubblica, la privacy e i dati personali, gli aiuti di Stato e la concorrenza. In particolare, ogni azienda o ente pubblico con 250 o più dipendenti deve conformarsi alle disposizioni europee e dal 2023, lo dovranno fare anche le aziende con 50 o più dipendenti. Coloro che segnalano le violazioni saranno protetti dal licenziamento, dalla sospensione, dalla retrocessione e da qualsiasi altro tipo di ritorsione. Questa protezione è estesa a qualsiasi dipendente, appaltatore, azionista o fornitore. Gli informatori sono obbligati a seguire una procedura di allerta in tre fasi:

  1. un’allerta interna,
  2. un’allerta alle autorità se non vengono prese misure internamente entro tre mesi e,
  3. infine, se non succede nulla, una divulgazione pubblica.

Nonostante lo scopo meritevole la Direttiva è stata oggetto di forti critiche; l’ONU e l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), che sovrintende sul rispetto dei diritti umani a livello internazionale, hanno entrambi chiesto una maggiore protezione all’interno della Direttiva e che gli informatori siano in grado di rivelare gli illeciti nel modo più appropriato per loro. Nel febbraio 2019, inoltre, 77 media indipendenti e organizzazioni anticorruzione dissero che la Direttiva non era “abbastanza”, oltre a sottolineare il fatto che il processo potrebbe impedire ai media di svolgere un ruolo vitale nel portare alla luce gli illeciti e nel chiedere conto alle aziende dei casi di corruzione. Il sistema, inoltre, secondo alcuni osservatori mette gli informatori nella posizione di dover riferire le malefatte proprio a coloro che potrebbero averle agevolate e si teme che questa prassi potrebbe effettivamente scoraggiare gli informatori dal parlare proprio per paura di ritorsioni.

Come sta procedendo il percorso di recepimento nei paesi dell’Unione Europea?

Secondo i dati elaborati dall’EU Whistleblowing Monitor(2), l’iter attuativo è stato avviato in 24 paesi (su 27), mentre altri 3 non hanno neanche iniziato.

In Francia il Parlamento ha adottato, lo scorso mese di febbraio una nuova legislazione “Proposition de loi visant à améliorer la protection des lanceurs d’alerte” che riforma la legge esistente nota come “Sapin II” per allineare il quadro di protezione degli informatori alla Direttiva UE. Rispetto alla normativa anticorruzione il whistleblower dovrà avere la possibilità di effettuare una segnalazione anonima o avere la possibilità di informare un’autorità esterna indipendente, come ad esempio l’Agenzia Francese anticorruzione. La legge approvata dal governo francese va oltre la Direttiva Europea in quanto prevede sanzioni anche nei confronti di chi divulga o non tutela l’identità del whistleblower (chi cerca di bloccare o intimidire un segnalante, infatti, rischia 3 anni di reclusione e 60.000 euro di multa); e stabilisce anche in maniera chiara il tempo massimo per la gestione di una segnalazione: entro 3 mesi le aziende devono fornire una risposta all’autore della segnalazione, in questo modo si cerca di scongiurare il pericolo che segnalazioni importanti possano rimanere nascoste. La legge diventerà applicabile il 1° settembre 2022 quindi le aziende hanno ancora tempo per adattare le loro politiche interne di whistleblowing.

In Portogallo è stata pubblicata, lo scorso 20 dicembre 2021, una nuova legge di attuazione della Direttiva, che specifica che entrerà in vigore “180 giorni dopo la sua pubblicazione“, quindi il 18 giugno 2022.

La nuova legge svedese in materia di whistleblowing sostituisce la legge 2016/749 e ne estende il campo d’azione, in particolare in due punti:
1. la protezione dei whistleblower comprende le violazioni in cui vi è un “interesse generale” nelle segnalazioni, oltre quindi la direttiva UE che si concentra solo sulle violazioni del diritto dell’Unione.
2. anche i comuni con meno di 10.000 abitanti dovranno implementare un canale di segnalazione interna, mentre la direttiva UE lo prevede se si superano i 10.000 abitanti.

La Croazia aveva già una legge sul whistleblowing dal 2019, ma erano necessarie modifiche significative per allineare il quadro nazionale allo standard minimo richiesto dalla Direttiva. La nuova normativa – “legge sulla protezione dei segnalanti di irregolarità” – è stata pubblicata il 15 aprile ed è entrata in vigore il 23 aprile 2022.

La Germania non ha ancora recepito la Direttiva ma il nuovo governo della coalizione di centrosinistra ha promesso di “porre l’accento” sulla questione. Dall’esecutivo hanno fatto sapere di volerla recepire in un modo che sia “efficace e ineccepibile dal punto di vista giuridico”, aggiungendo che una bozza sarà presentata il prima possibile. Il precedente governo non era riuscito a implementare la legislazione a causa di uno stallo tra gli allora partner di coalizione; il progetto di legge presentato dall’allora ministro della Giustizia Christine Lambrecht, infatti, era stato giudicato troppo ampio dai conservatori. Il ministro aveva proposto di andare oltre i requisiti della Direttiva UE e di proteggere i whistleblower che denunciano violazioni non solo della legislazione europea ma anche nazionale.

La Slovenia non ha recepito la direttiva e non ha neanche avviato la consultazione pubblica in materia: un processo che richiede almeno un mese. All’inizio di dicembre, il ministero della Giustizia ha detto che è in corso un “coordinamento interdipartimentale”, con l’obiettivo di approvare la legge entro la primavera.

In Romania la scorsa primavera il governo ha iniziato l’iter di recepimento della Direttiva nella legge nazionale, tuttavia, non si sa se la legge sia stata approvata o, comunque, quale sia il suo stato attuale.

In Repubblica Ceca, il governo non ha rispettato la scadenza prevista e le ONG locali hanno chiesto al nuovo governo di attuare la Direttiva Europea il prima possibile. La protezione dei whistleblower e la riforma legata alla Direttiva UE rientrano anche tra gli obiettivi del PNRR di Praga.

Il governo Irlandese ha pubblicato lo scorso 9 febbraio un Disegno di Legge sulle segnalazioni che ora deve passare attraverso un numero di fasi legislative prima che diventi legge a tutti gli effetti.

Altri paesi che devono ancora attuare la Direttiva sono Belgio, Malta, Polonia, Spagna, Ungheria e Lussemburgo.

Alla luce di quanto previsto dalla Direttiva e degli adempimenti posti in essere a carico delle aziende e degli enti si può dire che proteggere i segnalanti, in realtà, non dovrebbe rappresentare un mero obbligo, bensì ciò a cui dovrebbe aspirare ogni organizzazione per diffondere una cultura d’impresa incentrata sull’etica e sulla sostenibilità.

Chi permette comunicazioni chiare e trasparenti all’interno dell’azienda di fatto instaura un clima di fiducia sia internamente che esternamente. É evidente poi che le aziende che introducono canali di segnalazione efficienti saranno in grado di identificare i rischi in una fase preliminare e di evitare pertanto sanzioni, multe e, anche, danni reputazionali con benefici immediati sia da un punto di vista finanziario che non finanziario.

 


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   Direttiva (UE) 2019/1937 – Protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione,   23 ottobre 2019

(2)   EU Whistleblowing Monitor



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