di Giuseppe NUCCI
Recensione del volume: “Un gatto che si morde la coda ovvero le riforme della pubblica amministrazione. Analisi e suggerimenti“, Massimo Balducci, Guerini e Associati, 2023.
Se riteniamo che lo scopo di un libro di saggistica debba essere quello di descrivere un fenomeno, analizzarlo e, soprattutto, costringere il lettore a prendere una posizione sulle opzioni che scaturiscono dal dibattito sulla materia trattata, ebbene, il libro del prof. Balducci è perfetto!
La materia trattata in questo volume è il funzionamento della pubblica amministrazione – cioè una materia analoga a quella del gioco del calcio: qualsiasi persona, interpellata in merito, ritiene di avere la formula vincente…
Il prof. Balducci – per chi ha letto i suoi libri e articoli non è una novità – procede secondo uno schema molto efficace:
- inserisce i fenomeni analizzati nella complessità,
- descrive le connessioni tra le varie problematiche (approccio olistico);
- arricchisce l’analisi con due preziose comparazioni: una temporale (excursus storico) e un’altra, a mio avviso ancora più utile, con le soluzioni utilizzate in altri Stati (soprattutto “sopra le Alpi”, come usa dire l’Autore) per affrontare le medesime questioni;
- esprime valutazioni chiarissime, talvolta tranchant;
- propone soluzione mai ovvie e scontate, sulle quali il lettore, come dicevo, non può non prendere una posizione.
Personalmente, quest’ultima parte, che definirei dello studioso militante, è ciò che sotto certi aspetti mi ha maggiormente colpito, forse perché tradizionalmente abituato ad approcci… farisei.
Entrando nel merito, il testo si articola in 4 capitoli:
- I “virus culturali” che infestano la nostra amministrazione;
- L’aspetto operativo: cosa fare;
- Riforme amministrative e PNRR;
- Rimbocchiamoci le maniche.
È evidente che si tratta di un percorso ispirato alla concretezza.
Il primo capitolo inizia con un excursus storico, e prosegue con la descrizione del modello assunto dal nostro Stato (quello di Stato regolatore in antitesi a quello, auspicato, di Stato di tipo funzionale), inadeguato per la gestione dello sviluppo tecnologico e, soprattutto, dei nuovi rapporti che intercorrono con i cittadini, non più sudditi ma soggetti portatori di istanze personali inimmaginabili fino al secolo scorso. E ciò nonostante la percentuale di PIL realizzata dal settore pubblico sia passata dal 5% all’inizio del novecento all’attuale 47%.
Viene inoltre sollevato un tema, poi ricorrente, di assoluto rilievo: la necessità di ridimensionare l’obiettivo della legalità rispetto a quelli dell’efficienza e dell’efficacia, eredità culturale del passato. Sostiene l’Autore: “il maggiore ostacolo al miglioramento della nostra amministrazione: affrontare problemi nuovi con schemi concettuali e strumenti professionali obsoleti”. E in questo contesto chiarisce il corretto significato dell’attività di controllo con riferimento ai due obiettivi che gli sono propri, ma che spesso sono interpretati confusamente: la conformità (la compliance con tecniche di auditing) e la performance (il managerial control).
Ma come si fa a controllare se non ci sono i processi?
Su questo tema strategico Balducci afferma: “se si procede, come purtroppo sta avvenendo, alla informatizzazione senza aver prima reingegnerizzato l’organizzazione, senza, cioè, aver in maniera preliminare trasformato l’organizzazione in una organizzazione orientata ai processi, la digitalizzazione porterà alla cristallizzazione della confusione organizzativa oggi esistente”.
E ancora: “Nella nostra amministrazione i processi sono del tutto assenti (e quindi) i problemi vengono affrontati con la logica del caso per caso (…) Se gli si va a chiedere di mostrare i processi, il dirigente pubblico italiano non sa che rispondere”. E le conseguenze nefaste sono descritte con dovizia di particolari.
A proposito di dirigenti, viene chiarito come il loro ruolo sia spesso interpretato in maniera errata in quanto nella maggior parte dei casi vengono considerati come superfunzionari, che conoscono meglio di tutti la materia che tratta il proprio ufficio e non come coloro che, appunto, “sanno dirigere” e gestire le risorse umane, finanziarie e materiali poste a loro disposizione.
A questo proposito, Balducci inserisce il tema della (scarsa) professionalità del personale pubblico, soffermandosi sul reclutamento e sulla formazione, ed indica soluzioni concrete e articolate, comparate con i sistemi di altri Stati.
Un’altra lacuna evidenziata è quella della gestione finanziaria, un tradizionale cavallo di battaglia dell’Autore, che raramente si può trovare in altri testi spiegata in maniera così chiara e integrata nell’azione manageriale.
Il secondo capitolo è quello delle proposte. Qui la vasta e variegata esperienza – maturata anche “sopra le Alpi” e non solo – e la competenza dell’Autore sono palpabili.
La reingegnerizzazione dei processi, la formazione (ancora, purtroppo, in larga parte basata sull’affiancamento e, quindi, sulla perpetuazione di metodi di lavoro vecchi ed inefficaci), il privilegio del sapere rispetto al saper fare, la lotta alla corruzione (in proposito viene evidenziato, in relazione all’Autorità Nazionale Anticorruzione – ANAC, che solo l’Italia ed il Messico hanno una struttura esclusivamente dedicata alla lotta alla corruzione), gli appalti, l’assenza di indicatori, la performance (il PIAO, Piano Integrato dell’Attività e dell’Organizzazione, introdotto nel 2021, secondo il Consiglio di Stato non è una semplificazione ma un adempimento aggiuntivo, una complicazione!), l’ente locale e la sanità, sono solo alcuni dei temi trattati nel libro, con approfondimenti dettagliati, riferimenti ad esperienze di altri Paesi e proposte concrete.
Il terzo capitolo si sofferma sulle riforme amministrative e sulle raccomandazioni indirizzate all’Italia in relazione al Next Generation EU mentre il quarto capitolo contiene una pratica e utilissima tabella riassuntiva di tutte le riforme della pubblica amministrazione ritenute necessarie. Nella stragrande maggioranza si tratta di riforme che potrebbero/dovrebbero essere messe in pratica a partire dai livelli medio bassi dell’amministrazione (posizioni organizzative), riforme che non richiedono interventi legislativi.
Bisogna cambiar la testa piuttosto che le leggi!
In conclusione, vorrei concludere queste considerazioni sul libro del prof. Balducci – che a mio avviso merita un posto di rilievo tra i lavori dedicati alla riforma della pubblica amministrazione – con una proposizione dell’Autore che rappresenta l’architrave di una visione tanto semplice quanto rivoluzionaria: “in un’amministrazione sana non dovrebbe sentirsi il bisogno di obbligare per legge a fare dei piani. I piani dovrebbero essere il risultato della professionalità del management”.
Intervento di Giuseppe NUCCI, Esperto di corporate management, disegno e gestione dei sistemi organizzativi, risk management e sistemi di controllo interno, data protection e comunicazione.
Fabrizio Autieri Replica
Nella P.A. è importante abbattere i luoghi comuni. Per esempio un luogo comune da abbattere è : “il sistema pubblico è diverso dal sistema privato “.Falso!…..