Legge

Responsabilità amministrativa delle società e degli enti: le specifiche del ”sistema 231”

22 marzo 2017

di Giuseppe NUCCI

Dopo il precedente articolo, molti colleghi che operano nella pubblica amministrazione mi hanno chiesto chiarimenti sul sistema 231.

Ciò non è dovuto a impreparazione ma al fatto che la normativa sulla c.d. responsabilità amministrativa delle società e degli enti a seguito di reato, di cui al d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, nel settore pubblico trova applicazione solo per gli enti pubblici economici.
Tuttavia, la conoscenza degli attori e della disciplina del sistema dei controlli interni può risultare utile anche quando riguardi ambiti applicativi diversi dal proprio, per cui in questo articolo saranno riassunti le caratteristiche fondamentali che connotano la materia. Per chi, invece, già opera in tale contesto, si tratta dell’implementazione del principio… repetita iuvant!

A chi si applica questo tipo di responsabilità

I soggetti destinatari della normativa in esame (gli “Enti”) sono:
a) soggetti dotati di personalità giuridica:
• società di persone e capitale (Snc, Sas, Spa, Srl, Consorzi, Cooperative, ecc.);
• fondazioni e Enti privati a scopo economico;
b) soggetti privi di personalità giuridica (quali le associazioni non riconosciute, i comitati, ecc.).
Non sono compresi lo Stato, gli Enti pubblici territoriali e qualsiasi altro Ente con funzioni di rilievo costituzionale (ad esempio partiti politici, sindacati, ecc.).
Alla luce dell’interpretazione giurisprudenziale, nella platea dei destinatari del decreto figurano anche società di diritto privato che esercitino un pubblico servizio – per esempio in base a un rapporto concessorio – e società controllate da pubbliche amministrazioni.
La responsabilità dell’Ente si aggiunge – e non si sostituisce – a quella penale della persona fisica che ha compiuto materialmente l’illecito.

Cos’è il reato presupposto

Per l’applicazione di questa responsabilità occorre che venga commesso un “reato-presupposto”, e cioè una fattispecie, penalmente sanzionata, compresa nell’elenco composto dai 18 articoli della sezione III del Capo I del decreto.
Si va dalle truffe ai delitti informatici, dai reati societari alla ricettazione, dalla violazione del diritto d’autore ai reati ambientali, dagli illeciti relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro a diverse altre figure di reato.

Chi può commettere il reato presupposto

Per integrare questo tipo di responsabilità, Il reato presupposto deve essere commesso da uno dei seguenti soggetti:
• persone fisiche che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione, direzione o controllo (anche di fatto) dell’Ente o di aree organizzative dotate di autonomia finanziaria e funzionale e che svolgono, anche di fatto, la gestione e il controllo dell’ente stesso (c.d. “soggetti apicali”);
• persone fisiche sottoposte alla direzione o vigilanza dei soggetti sopraindicati;
• soggetti che operano per nome e per conto dell’Ente in virtù di un mandato e/o di qualsiasi accordo di collaborazione o conferimento di incarichi.

Quando rileva il reato presupposto

L’ente può essere ritenuto responsabile dell’illecito se il reato è stato commesso nel suo interesse o a suo vantaggio (se non si è concretizzato alcun vantaggio, l’ente potrà beneficiare di una riduzione della sanzione).
Se il soggetto qualificato ha agito per realizzare un interesse esclusivamente proprio o di terzi, l’ente non è responsabile.
In relazione ai reati colposi (ed in particolare, a quelli afferenti la salute e la sicurezza dei lavoratori e ai reati ambientali) l’interesse o vantaggio dell’ente non può essere valutato rispetto all’evento ma dovrebbe riferirsi alla condotta inosservante delle norme cautelari e potrebbe ravvisarsi nel risparmio di costi per la sicurezza ovvero nel potenziamento della velocità di esecuzione delle prestazioni o nell’incremento della produttività, sacrificando l’adozione di presidi antinfortunistici (Linee Guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs 231/2001, Confindustria, Marzo 2014).

L’onere della prova

La responsabilità dell’Ente è presunta qualora l’illecito sia commesso da una persona fisica che ricopre posizioni di vertice o responsabilità; ricade di conseguenza sull’Ente l’onere di dimostrare la sua estraneità ai fatti provando che l’atto commesso è estraneo alla policy aziendale.
Viceversa, la responsabilità dell’Ente è da dimostrare nel caso in cui chi ha commesso l’illecito non ricopra funzioni apicali all’interno del sistema organizzativo aziendale; l’onere della prova ricade in tal caso sull’organo accusatorio che deve dimostrare l’esistenza di carenze a livello organizzativo o di vigilanza che possano comportare una corresponsabilità da parte dei soggetti apicali.
Più in particolare, se il reato è commesso da soggetti apicali, l’ente è responsabile se non dimostra che:
• ha adottato ma anche efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e gestione idonei a impedire reati della specie di quello commesso (art. 6, comma 1, lett. a, del decreto);
• ha istituito un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, il quale abbia effettivamente vigilato sull’osservanza dei modelli;
• il reato è stato commesso per fraudolenta elusione dei modelli da parte del soggetto apicale infedele.
Quando, al contrario, il fatto è realizzato da un soggetto sottoposto, la pubblica accusa deve provare che la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza da parte degli apicali. Questi obblighi non possono ritenersi violati se prima della commissione del reato l’ente abbia adottato ed efficacemente attuato un modello idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Requisiti del modello di organizzazione e gestione

Tale modello deve prevedere, in relazione alla natura e alla dimensione dell’organizzazione nonché al tipo di attività svolta, misure idonee a garantire lo svolgimento delle attività nel rispetto della legge e a scoprire ed eliminare tempestivamente situazioni di rischio. Dunque l’efficace attuazione del modello richiede:
a) una verifica periodica e l’eventuale modifica dello stesso quando sono scoperte significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività;
b) un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello.

Le sanzioni

Le sanzioni, a cui possono essere assoggettati gli enti sono:
• pecuniarie;
• interdittive ( a) l’interdizione dall’esercizio dell’attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi);
• la confisca;
• pubblicazione della sentenza.



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