Responsabilità amm.va D.Lgs.231: illeciti ambientali e mancata applicabilità dell’attenuante

Responsabilità amm.va D.Lgs.231: illeciti ambientali e mancata applicabilità dell’attenuante

19 febbraio 2024

di Paola GRIBALDO

Responsabilità amministrativa degli enti e reati ambientali: in presenza di reati di pericolo astratto non si applica la riduzione della sanzione per particolare tenuità del danno.

Con sentenza n. 50770 del 23 novembre 2023 (depositata il 20 dicembre 2023), la Corte di Cassazione Penale è tornata a pronunciarsi sulla responsabilità amministrativa dell’Ente per la commissione di reati ambientali, approfondendo la tematica relativa al riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 12 D.Lgs. 231/2001 (“Decreto 231”) in presenza di reati di pericolo astratto.

La vicenda processuale

Il Tribunale di Campobasso ha condannato la società XXX alla sanzione pecuniaria di Euro 77.400,00 per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25 undecies D.Lgs. 231/2001, comma 2, in relazione all’art. 256, commi 1 e 2, D.Lgs. 152/2006, commesso dal Presidente del Consiglio di Amministrazione e rappresentante legale della società (soggetto apicale) per aver consentito, nell’interesse o a vantaggio dell’ente, che gli impianti di depurazione effettuassero uno smaltimento illecito dei fanghi prodotti, effettuato mediante diluizione dei fanghi – rifiuti speciali – con le acque reflue di scarico e/o prelevando e sversando detti fanghi direttamente nel corpo idrico superficiale – nel corso d’acqua locale.

L’Ente ha presentato ricorso per Cassazione, adducendo quattro motivi. Il profilo di maggiore interesse della presente sentenza risiede nel quarto motivo di impugnazione, relativo ai presupposti per il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 12 del Decreto 231.

L’attenuante di cui all’art. 12 del Decreto 231

L’articolo 12 si inserisce tra le previsioni premiali del Decreto 231, prevedendo una serie di ipotesi di riduzione della sanzione pecuniaria

In particolare, la pena pecuniaria viene ridotta della metà e non può comunque essere superiore a Euro 103.291 se:

  1. l’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;
  2. il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità.

Inoltre, la sanzione è ridotta da un terzo alla metà se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado:

  1. l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso; oppure
  2. è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi.

Nel caso in cui concorrano entrambe le condizioni previste dalle lettere precedenti, la sanzione è ridotta dalla metà ai due terzi.

Trattasi di diminuzioni di pena legate – nella prima ipotesi – alla concreta realizzazione del reato mentre – nella seconda ipotesi – alla condotta tenuta dall’Ente successivamente alla commissione del fatto.

Nel caso di specie, la società ha contestato il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 12, seppure in presenza di due condizioni di applicabilità:

  • (i) la società aveva adottato ed efficacemente attuato, post factum, il Modello di Organizzazione, Gestione e Controllo di cui al D.Lgs. 231/2001 (“Modello 231”), in virtù del quale avrebbe avuto diritto alla riduzione della sanzione pecuniaria ai sensi del suddetto articolo 12, comma 2 lett. b) del Decreto 231 e
  • (ii) sussistevano i presupposti per l’applicazione dell’art. 12 comma 1, lett. b), attesa l’inesistenza del danno.

Il Modello 231 post factum

Ai sensi dell’art. 6 D.Lgs. 231/2001, tra le condizioni di esclusione della responsabilità dell’Ente vi sono l’aver adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del reato, un Modello 231 idoneo a prevenire la commissione di reati della specie di quello verificatosi nonché l’aver affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza del Modello 231 ad un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, il cd. Organismo di Vigilanza (art. 6 D.Lgs. 231/2001).

Nel caso in cui l’Ente adotti il Modello 231 in un momento successivo alla commissione del fatto (ma prima che abbia inizio il dibattimento di primo grado) è possibile ottenere la riduzione di pena in commento. 

Tuttavia, i Giudici di legittimità hanno ricordato che al fine del riconoscimento dell’attenuante è necessario che sussistano due requisiti ulteriori rispetto alla mera adozione del Modello 231:

  1. (i) tale Modello deve essere stato reso operativo nel contesto aziendale e
  2. (ii) il Modello deve essere idoneo a prevenire la commissione di reati della stessa specie (in senso conforme, Cass. Pen., sentenza n. 38025 del 07.10.2022).

Come sottolineato dai Giudici nella sentenza in commento, non sussistealcun automatismo tra l’adozione del modello e la concessione dell’attenuante, che è invece subordinata, come evidenziato anche in dottrina, ad un giudizio di natura fattuale, essendo il giudice tenuto a verificare se la lettera della norma stia stata rispettata specificatamente e nel suo complesso” (Cassazione in commento, pag. 8).

Si ricorda, inoltre, che l’adozione ed efficace adozione del Modello post factum, unitamente all’integrale risarcimento del danno e alla messa a disposizione del profitto del reato, consente all’Ente di evitare l’applicazione delle sanzioni interdittive, ai sensi dell’art. 17 del Decreto 231.

La particolare tenuità del danno cagionato

Il profilo di novità della sentenza in commento risiede nella pronuncia relativa applicabilità dell’attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale in caso di commissione di reati ambientali.

In poche righe, la Corte di Cassazione ha perimetrato l’ambito applicativo dell’attenuante di cui si discorre ai soli reati che presuppongono un danno patrimoniale e “non anche a quelli, come nel caso in esame, che si esauriscono in violazioni “formali” e di pericolo astratto, in cui vengono punite condotte indipendentemente e a prescindere dalla produzione di un danno, patrimoniale e non patrimoniale”.

Tale pronuncia è di particolare interesse laddove si considera che la maggior parte dei reati ambientali presenti nel catalogo dei reati presupposto 231 sono strutturati quali reati di pericolo astratto e, quindi, puniti a prescindere dalla sussistenza del pericolo e dalla realizzazione di un evento dannoso per il bene giuridico tutelato, essendo sufficiente la mera conformità tra il fatto realizzato e la fattispecie astratta.

Conclusioni

La sentenza in commento si inserisce in una serie di recenti pronunce giurisprudenziali che, sotto profili differenti, hanno ribadito i principi su cui poggia la responsabilità amministrativa degli enti, anche in caso di commissione di reati ambientali.

L’adozione ed efficace attuazione di un Modello 231 idoneo a prevenire la commissione dei reati presupposto potenzialmente realizzabili dalla società è una scelta di sana e prudente gestione aziendale che consente all’Ente di garantire l’adeguatezza degli assetti organizzativi richiesta dall’art. 2086 c.c. nonché di beneficiare dell’esimente ovvero, se adottato successivamente alla commissione del fatto, di un trattamento sanzionatorio ridotto.

Ai fini del riconoscimento dei benefici, tuttavia, non è sufficiente che il Modello 231 sia stato formalmente approvato dall’Organo amministrativo e che l’Organismo di Vigilanza sia stato formalmente nominato, essendo necessario che il Modello stesso sia reso efficacemente operativo nella realtà aziendale (e.g. mediante l’effettiva attività dell’Organismo di Vigilanza, etc.).

Inoltre, il Modello 231 deve superare il vaglio giudiziale circa la sua idoneità a prevenire la commissione di reati della specie di quello verificatosi.

Al fine di costruire un Modello funzionale rispetto alla specifica realtà aziendale, si rende necessaria una attenta analisi dei processi interni e dei potenziali rischi a cui la società è esposta, con conseguente individuazione di presidi idonei ad elidere in concreto il rischio di commissione di reati. 

Sul punto, la Corte di Cassazione Penale ha ricordato che il Modello 231 deve essere “realizzato “su misura” per ciascuna impresa e per ogni diversa organizzazione. Ciò, come rilevato in dottrina, soprattutto in relazione alle peculiarità dei reati ambientali, che determinano la necessità che la mappatura dei rischi sia condotta in modo specifico per ciascun reato, non essendo pienamente configurabile una modalità attuativa unitaria per il gruppo di questi reati, che possono essere commessi, nell’ambito dell’attività d’impresa, con modalità che nella pratica possono risultare estremamente eterogenee e disparate” (Cass. Pen., sentenza n. 27148 del 17.05.2023). Il Modello 231 che preveda esclusivamente la descrizione dell’attività svolta ed il rimando alle procedure ed istruzioni operative esistenti non può considerarsi idoneo, in assenza della indicazione in concreto delle misure da adottare e dei soggetti destinatari.

Inoltre, si ricorda la necessità di segregare opportunamente ruoli e responsabilità nell’ambito aziendale, attraverso la predisposizione di un adeguato sistema di deleghe e/o procure, in conformità a quanto suggerito dalle Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei Modello 231.

Un adeguato sistema di governance risulta infatti fondamentale per garantire una maggiore efficienza aziendale e tempestività di intervento allocando correttamente compiti e responsabilità non solo all’interno del Consiglio di Amministrazione ma anche tra i responsabili delle funzioni aziendali.

In merito, la Suprema Corte ha chiarito che:  “proprio perché la legge costituisce la persona giuridica direttamente responsabile della gestione del ciclo del rifiuto da essa trattato, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale; b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; c) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; d) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo. [….] Tale argomento si salda a quello relativo alla responsabilità dell’ente. La mancanza di deleghe di funzioni, nei termini sopra indicati, è fatto che di per sé prova la mancanza di un efficace modello organizzativo adeguato a prevenire la consumazione del reato da parte dei vertici societari” (Cass. Pen., sentenza n. 9132 del 12.01.2017).

Pertanto, la mancata o inadeguata individuazione del Gestore ambientale e/o del suo delegato espone, come illustrato, a responsabilità non solo le persone fisiche ma altresì gli Enti ex Decreto 231.


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Corte di Cassazione, per tutte le sentenze sopracitate, consultare questo link



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