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Payback: a volte ritornano. Continua l’incredibile vicenda relativa al payback dei dispositivi medici

4 ottobre 2023

di Matteo CORBO

Come già illustrato nell’articolo dello scorso 23 gennaio(1), la vicenda del payback è iniziata con il Decreto Legge n. 98 del 2011, che ha stabilito la regola per cui la spesa sostenuta dal Servizio Sanitario Nazionale per l’acquisto dei dispositivi medici fosse fissata entro un tetto, parametrato al fabbisogno sanitario nazionale e regionale standard.

Con il successivo Decreto-legge 78/2015 si è poi previsto che una percentuale dell’eventuale sforamento del tetto sarebbe stata a carico delle aziende fornitrici dei dispositivi medici nelle annualità di riferimento (nella misura del 40% per il 2015, 45% per il 2016 e 50% dal 2017 in poi).

Nel novembre del 2019 (dopo ben 8 anni dal D.L. del 2011!), sono stati definiti i tetti regionali di spesa sia per le annualità ricomprese tra il 2015 e il 2018 (in via retroattiva), sia per il 2019.

Le aziende si sono così trovate, dall’oggi al domani, a dover pagare somme – anche importanti – in favore di Regioni e Province Autonome, senza aver avuto alcuna responsabilità nello sforamento dei budget regionali.

Il Governo, dopo un silenzio durato svariati anni, in data 15 settembre 2022 (e quindi dopo altri tre anni dal 2019!), ha rispolverato la vicenda, emettendo un Decreto che certificava il superamento del tetto di spesa dei dispositivi medici a livello nazionale e regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018. Come da scadenza fissata dal D.L. “Aiuti-bis”, le singole Regioni e le Province Autonome hanno infine pubblicato gli elenchi delle aziende fornitrici soggette al meccanismo del ripiano per ciascun anno, richiedendo alle stesse di effettuare i pagamenti dovuti nei trenta giorni successivi a tale pubblicazione.

Si sono susseguiti innumerevoli rinvii, sino all’ultimo che ci ha condotti al prossimo 30 ottobre.

Ma nel frattempo, mentre il Governo e il Parlamento rinviavano scadenza dopo scadenza, cosa è successo?

A fronte delle forti pressioni da parte del mondo dell’imprenditoria e delle numerose azioni legali intraprese, il Governo ha tentato un intervento risolutivo. Innanzitutto, aveva considerato, o almeno così pare, l’ipotesi di abolire tout court il payback, ma il problema che si poneva non era di poco conto: la cifra pari a circa 2,2 miliardi di euro era già stata stanziata nei bilanci regionali e, pertanto, o tale somma veniva ripianata direttamente dall’Erario oppure, per salvare le aziende dal rischio di default, si imponeva alle Regioni coinvolte di far fronte a tale onere.

La soluzione è ben presto arrivata con il Decreto-Legge 30 marzo 2023, n. 34 (cd. Decreto Bollette) con cui, all’art. 8, il Governo ha stabilito che le aziende avrebbero potuto pagare il payback nella misura ridotta al 48% degli importi indicati nei provvedimenti regionali entro la scadenza per il versamento della quota loro spettante (quindi oggi slittata al 30 ottobre), intendendo però tale riduzione applicabile solo a fronte della rinuncia o comunque dell’assenza di contenziosi pendenti.

Si è trattato sicuramente di un importante passo avanti e di un reale tentativo del Governo di mettere mano al problema, ma con un piccolo inconveniente: come era prevedibile, la riduzione resta comunque subordinata alla rinuncia alle azioni giurisdizionali eventualmente avviate (o comunque al loro mancato esperimento). E, quindi:

  • alle aziende collaborative, che non si oppongono ai provvedimenti governativi, verrà applicata una somma dimidiata; mentre,
  • alle aziende che mantengono la linea di voler vedere rispettati i propri diritti, viene richiesto il pagamento dell’intero.

Risulta così evidente la violazione del diritto alla difesa delle aziende coinvolte.

Tutto questo era difficilmente accettabile dagli operatori di mercato, che per la maggior parte hanno continuato la propria battaglia, insistendo con la propria linea difensiva nei procedimenti amministrativi, sperando di trovare, al di là delle concessioni governative, il famoso “Giudice a Berlino”.

E proprio come il famoso mugnaio di Potsdam trovò il suo “Giudice onesto”, anche le imprese fornitrici di prodotti medicali forse lo hanno trovato nella Sezione III Quater del Tar Lazio.

Infatti, nell’udienza che si è tenuta lo scorso 27 giugno, il TAR Lazio ha accolto le richieste di sospensiva dei provvedimenti sul payback avanzate da una prima serie di aziende e lo stesso ha fatto in tutte le successive udienze cautelari sull’argomento.

Da un’analisi delle ordinanze, pare che il TAR Lazio non abbia fatto differenze tra imprese di piccole, medie o grandi dimensioni e che quindi la sospensione dei pagamenti sia stata disposta per tutte le aziende prese in esame, a prescindere dalla situazione finanziaria in cui si troverebbero in conseguenza del provvedimento.

Di fatto, l’ordinanza cautelare del TAR Lazio tiene una linea sostanzialista: fino a quando non ci sarà una decisione nel merito, le aziende che abbiano ottenuto la pronuncia cautelare non saranno tenute rimborsare alcunché alle Regioni.

Per la sentenza definitiva, si dovrà probabilmente attendere la fine dell’anno: l’udienza “pilota” (così è stata definita, proprio nelle stesse ordinanze cautelari) di discussione è stata infatti fissata per il prossimo 24 ottobre e sarà in questa sede che si giocherà la partita finale, senza tuttavia smettere di invocare medio tempore un intervento da parte del Governo che metta la parola “fine” a questa tormentata vicenda.

In ogni caso, una scelta di campo a livello nazionale sembra ineludibile, poiché il termine del 30 ottobre (che continua a valere per tutte le Aziende non soggette a sospensiva) scadrebbe subito dopo l’udienza (fissata appunto per il 24 ottobre), ma i tempi per la sentenza, come si sa, potrebbero essere lunghi (l’art. 89 del codice di rito amministrativa parla indicativamente di 45 giorni).

Ça va sans dire, servirà probabilmente un ulteriore rinvio e, preferibilmente, una revisione organica del meccanismo del payback, come del resto hanno chiesto a gran voce, pochi giorni fa, le Giunte di Marche e Veneto.

Il Governo e il Parlamento saranno pronti a gestire la situazione?


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) M. Corbo (2023), “Un rischio imprevisto per le imprese: il payback sui dispositivi medici”; Risk & Compliance Platform Europe



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