Papa Francesco Etica Corruzione

La lotta alla corruzione di Papa Francesco: dall’etica al pragmatismo normativo

2 giugno 2021

di Antonio ROSSI

Il 26 aprile 2021, al fine di conformarsi alle migliori pratiche per prevenire e contrastare la corruzione nelle sue diverse forme dentro le mura vaticane, Papa Francesco, con “motu proprio”, ha emanato la nuova legge anti corruzione vaticana.

Tale nuovo dispositivo normativo è senza dubbio un “tassello” rilevante nella lotta alla corruzione a livello internazionale, in quanto rappresenta un esempio, sia per le amministrazioni pubbliche, che per tante realtà private, le quali vedono la corruzione, purtroppo, ancora come un mero rischio da “manuale” e non come un fenomeno che dilaga in modo silenzioso sia in ambito pubblico che privato.

La fedeltà nelle cose di poco conto è in rapporto, secondo la Scrittura, con la fedeltà in quelle importanti. Così come l’essere disonesto nelle cose di poco conto, è in relazione con l’essere disonesto anche nelle importanti”.

Così inizia la lettera apostolica in forma di “motu proprio” scritta dal Sommo Pontefice il 26 aprile 2021 recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica.

In particolare, tale incipit rappresenta un riferimento al versetto 10 del capitolo 16 del Vangelo di Luca, il quale è molto significativo, poiché racchiude in sé due concetti fondamentali nell’ambito dell’anti-frode: la fiducia e la materialità (1).

Come sosteneva il criminologo e padre del “triangolo delle frodi” Donald Cressey “(…) le persone tradiscono la fiducia che è stata loro accordata quando si trovano di fronte ad un problema finanziario non condivisibile con altri (…)“ (2) pertanto, le persone tradiscono la fiducia a seguito di una “pressione”, la quale rappresenta il primo elemento su cui si erge il “triangolo delle frodi” seguito dall’opportunità (ad es. carenze nei sistemi di controllo) e dalla razionalizzazione (autogiustificazione del frodatore).

Con riguardo, invece alla materialità, si evidenzia, che la stessa, in ambito anti-frode, è irrilevante, poiché una frode si considera tale al di là della sua materialità e dei suoi impatti.

Nel dettaglio, il Sommo Pontefice, al fine di rendere concreto l’obbligo di fedeltà di cui si parla nel Vangelo e quindi di aumentare la trasparenza e meglio presidiare il rischio di conflitti d’interesse, mediante la lettera apostolica ha integrato il Regolamento Generale della Curia Romana introducendo l’art. 13bis e l’art. 40, paragrafo 1, lettera n) (3).

In particolare, l’art. 13bis introduce la sottoscrizione di un’auto-dichiarazione, all’atto di assunzione dell’ufficio o dell’incarico con cadenza biennale, per tutti i soggetti inquadrati o da inquadrare nell’amministrazione del Vaticano a livelli dirigenziali, ivi compresi i Cardinali Capi Dicastero o Responsabili di Enti, nonché coloro che ricoprono funzioni di amministrazione attiva giurisdizionali o di controllo e vigilanza.

Il documento in parola, include, tra le altre, che i dirigenti dichiarino di:

  • non aver riportato condanne definitive per delitti dolosi nello Stato della Città del Vaticano o all’estero e di non aver beneficiato in relazione agli stessi di indulto, amnistia, grazia e altri provvedimenti assimilabili o essere stati assolti dagli stessi per prescrizione;
  • di non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio di proventi di attività̀ criminose, sfruttamento di minori, tratta o sfruttamento di esseri umani, evasione o elusione fiscale;
  • di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti, ivi incluse le partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società e aziende, in paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni ad alto rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo e in paesi non cooperativi a fini fiscali;
  • che tutti i beni, mobili e immobili, di proprietà o anche solo detenuti dal dichiarante hanno provenienza da attività lecite e non costituiscono il prodotto o il profitto di reato;
  • di non detenere, per quanto a conoscenza del dichiarante, partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società o aziende che operino con finalità e in settori contrari alla Dottrina Sociale della Chiesa.

Come si può notare dai punti sopraesposti, l’auto-dichiarazione, la quale rappresenta un importato presidio di controllo preventivo, cerca di essere onnicomprensiva e punta a limitare potenziali situazioni di conflitto d’interesse o circostanze d’imbarazzo per l’amministrazione vaticana.

Pertanto, la stessa potrà essere oggetto di verifica da parte dalla Segreteria per l’Economia ed in caso di dichiarazioni false o mendaci, potranno essere adottati provvedimenti di licenziamento nonché essere richiesti dallo Stato Vaticano dei risarcimenti per i danni eventualmente subiti.

In aggiunta, con riguardo all’articolo 40, paragrafo 1, lettera n), il Sommo Pontefice introduce per tutti i dipendenti della Curia romana, dello Stato della Città del Vaticano e degli enti collegati: il divieto di accettare, in ragione del proprio ufficio, “regali o altre utilità̀” di valore superiore a 40 euro. Tale divieto, si collega al già citato concetto di materialità, in quanto trattasi di un ammontare indubbiamente poco significante, ma la disonestà la si vede anche “nel poco”.

Sulla base di quanto sin qui descritto, le disposizioni introdotte da Papa Francesco risultano molto interessanti, in quanto lo stesso, ha tradotto in norma una serie di concetti che si basando sull’insegnamento cattolico, il quale nello Stato Vaticano potrebbe essere accomunato a quello che in una azienda pubblica o privata verrebbe definita come “etica aziendale”.

In particolare, le nuove norme istituite sono atte ad irrobustire in modo decisamente significativo il corpo normativo in materia di anti-corruzione mediante l’introduzione di un auto-dichiarazione e una “gift policy”, entrambe molto stringenti.

A valle della disamina sin qui effettuata, si precisa, che tra il 2019 e il 2020, secondo il Report to the Nations redatto dall’Association of Certified Fraud Examiner, la seconda tipologia di frode maggiormente commessa in ambito aziendale è la corruzione, la quale ha generato una perdita media per ciascun caso di c.a. 200 mila dollari.

In merito a ciò, l’Italia – secondo il Corruption Perception Index del 2020 redatto da Transparency International, il quale sulla base di un punteggio da 0 a 100 (dove 0 indica il più alto tasso di corruzione) determina il livello di corruzione in ambito pubblico – con Malta, Arabia Saudita, Grenada, e Mauritius ha totalizzato 53 punti, il che significa che si trova a metà strada tra i paesi più virtuosi e quelli con il più alto tasso di corruzione.

Alla luce di ciò, seppur tanto lavoro – sia a livello nazionale, che europeo – è già stato fatto, appare indubbiamente di rilievo per i decisori aziendali pubblici e privati implementare delle misure a contrasto della corruzione sempre più stringenti ed efficaci.

A differenza del contesto in cui opera Papa Francesco, fortemente permeato da valori etici e morali ben noti a tutti i dipendenti e collaboratori dell’amministrazione vaticanense, il decisore di un’azienda pubblica o privata operante al di fuori delle mura vaticane ha il preliminare compito di definire i valori etici aziendali e trasferirli ai propri dipendenti e collaboratori.

In particolare, il decisore aziendale, al fine di prevenire condotte fraudolente da parte di dipendenti e collaboratori, dovrebbe definire una cultura aziendale basata sulla “zero tollerance” e formare periodicamente i dipendenti e collaboratori su tematiche anti-corruzione al fine di diffondere i valori etici e prevenire l’insorgere di condotte corruttive attive e/o passive. Tali aspetti, purtroppo, molto spesso vengono sottovalutati o minimizzati, seppur di fondamentale importanza ed efficacia ai fini della prevenzione di eventi fraudolenti.

In aggiunta, a tale presidio, risultano altresì di fondamentale importanza, ai fini della prevenzione del rischio di corruzione, l’adozione/implementazione da parte delle società di:

(i) policy anti-corruzione;

(ii) canali per le segnalazioni anonime da parte dei c.d. “whislteblowers”;

(iii) procedure per le c.d. “internal investigations”;

(iv) background check su dipendenti, collaboratori e terze parti; e

(v) analisi delle transazioni.

Concludendo, nel presente contributo è stato possibile osservare come Papa Francesco abbia egregiamente derivato da principi etici religiosi delle norme atte a contrastare il fenomeno della corruzione in Vaticano, portando alla luce, per analogia, l’importanza dell’etica aziendale come strumento di prevenzione di condotte fraudolente ed in particolare, di condotte corruttive.

Per completezza, si segnala, oltre che nel Vangelo, anche nel Corano, nella sura Al Baqara versetto 188, viene trattato in modo molto incisivo e chiaro il tema della corruzione, in particolare: “(…) non divoratevi l’un l’altro i vostri beni, e non datene ai giudici affinché vi permettano di appropriarvi di una parte dei beni altrui, iniquamente e consapevolmente (…)” seppur, come viene evidenziato nel Corruption Perception Index del 2020, i paesi a prevalenza musulmana risultano meno virtuosi e con un più alto tasso di corruzione. Tale discrasia è riconducibile, molto probabilmente, ad una carenza del c.d. “tone at the top” e al riguardo è molto interessante quanto fu affermato da un noto giurista islamico egiziano del XIX secolo, Muhammad Abduh, il quale disse: “(…) sono andato in Occidente e ho visto l’Islam, ma non i musulmani; sono tornato in Oriente e ho visto i musulmani, ma non l’Islam (…)”. Pertanto, com’è possibile notare in quest’ultimo caso, nonostante i paesi a prevalenza musulmana abbiano una popolazione molto praticante e osservante delle prescrizioni dettate dalla religione invero, non sono riusciti a trasporre taluni principi dettati dalla religione in azioni pratiche e quindi, nel caso specifico, in azioni atte a mitigare la diffusione della corruzione.

Al riguardo, come già sopracitato, tale differenza potrebbe essere riconducibile dall’assenza di esempi positivi da parte degli amministratori pubblici e da una carenza di trasparenza delle amministrazioni stesse.

 

 


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   “(…) Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto (…)” Vangelo di Luca 16:10

(2)   Donald R. Cressey, Other People’s Money (Montclair: Patterson Smith, 1973) p. 30;

(3)   Lettera Apostolica in forma di “Motu proprio” del Sommo Pontefice Francesco recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica del 26 aprile 2021.



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