Crowdfunding

Crowdfunding: Uno sguardo sullo strumento di finanza alternativa di grande successo

11 ottobre 2019

di Nunzia RUSSO

Il crowdfunding è un fenomeno di finanza alternativa nato nel 2010 in Australia e negli Stati Uniti, attraverso il quale il promotore di un’iniziativa a carattere economico, sociale o benefico, richiede al pubblico indistinto (crowd) tramite un sito Internet (portale o piattaforma) somme di denaro, anche di modesta entità, per sostenere il progetto esposto (funding).

L’obiettivo del crowdfunding è quello di migliorare l’accesso ai finanziamenti in particolare per le startup e le piccole imprese. Le startup infatti possono presentare i loro progetti su di una piattaforma on-line e chiedere il sostegno sotto forma di prestito tra privati (prestito peer to peer, P2P) o di capitali e dall’altro lato gli investitori ottengono in cambio un ritorno finanziario.

L’Italia è stato il primo Paese europeo ad aver introdotto una disciplina specifica per il crowdfunding. In particolare il legislatore ha creato una normativa dedicata unicamente all’equity-based crowdfunding, mentre per gli altri modelli – donation, invoice, pre-purchase, real estate, reward e royalty – si usa riferirsi alla regolamentazione già esistente per modalità di finanziamento simili.

L’Italia, assieme a Belgio, Francia, Germania e Spagna, è proprio una di quelle nazioni in cui la regolamentazione è stata plasmata mediante esenzioni. La legge di bilancio 2019 del nostro Paese ha confermato la possibilità per portali di equity crowdfunding di collocare anche le obbligazioni di startup e PMI. Nella maggior parte dei Paesi in cui operano portali di crowdfunding il fenomeno non è soggetto a regolamentazione ed è fatto pertanto rientrare nell’ambito di applicazione di discipline già esistenti (appello al pubblico risparmio, servizi di pagamento, etc.).

Ormai dopo qualche anno dalla nascita di queste piattaforme, che in Italia si fissa intorno al 2013, il mercato del credito tra privati “P2P lending market” è diventata un’area in cui crescono le opportunità di collaborazione tra banche e fintech.
In questo campo le banche si stanno muovendo verso una modalità di interazione sempre più ampia con le fintech. Collaborando, infatti, si rendono più efficienti le modalità con cui raggiungere particolari segmenti di clientela che chiedono credito e, allo stesso tempo, si offrono possibilità di nuovi investimenti per i clienti con maggiore capacità patrimoniale.
Difatti, le piattaforme di credito stanno sempre di più lavorando con le banche anche per realizzare cartolarizzazioni e per diversificare i loro flussi di entrate, fornendo diverse tipologie di prestiti.

In Europa il fenomeno di collaboration tra le crowdfunding platform e le banche è cominciato già nel 2016, quando la banca digitale tedesca “Fidor” inserisce l’equity crowdfunding tra i propri servizi siglando un accordo con la britannica “Seedrs”, prima piattaforma a ricevere in Europa l’autorizzazione nel 2012 da parte dell’autorità inglese FCA.
Sempre nel 2016 la banca digitale britannica Monzo siglò un accordo di collaborazione con la piattaforma “Crowdcube”, stabilendo un record: raccogliere un milione di sterline in meno di due minuti dall’apertura del servizio.
Société Générale, uno dei principali gruppi finanziari europei, ha stretto una partnership con la francese Spear, che si occupa di crowdfunding solidale, con focus su progetti ad alto impatto sociale o ambientale.
Secondo Crowdfund Insider, l’equity crowdfunding mostra segnali di rallentamento in Francia. In Germania, nel mese di maggio scorso sono state approvate alcune novità regolamentari che allargano le tipologie di strumenti finanziari collocabili attraverso i portali e incrementano il limite di investimento per i piccoli risparmiatori da € 10.000 a € 25.000, ma restano ancora esclusi dal crowdinvesting le quote delle imprese più piccole (GmbH).
Secondo l’ultimo report di AltfiPeer-to-Peer Lending State of the Market Report”, nel 2019 il mercato continentale del lending crowdfunding crescerà del 50% rispetto al 2018 e le piattaforme UK continueranno a dominare il mercato con una quota del 67%. Uno dei trend dominanti sarà certamente l’opportunità di utilizzare le nuove tecnologie blockchain al servizio della raccolta.

Da noi, in Italia, si è registrata la crescita del segmento P2P complessivo. Il volume totale di 10 piattaforme erogato nel 2018 è stato pari a 763 milioni – un aumento del 125% rispetto ai 340 milioni nel 2017.
L’erogazione totale da parte di 10 piattaforme P2P nell’ultimo trimestre 2018 è aumentata a 256 milioni di euro, + 42% rispetto al terzo trimestre 2018 e + 90% rispetto all’ultimo trimestre 2017 (Fonte Medici). La raccolta complessiva tra Equity e Lending è stata di 517,9 milioni di euro con una ripartizione di Equity all’incirca di 83 milioni€ e Lending 436 milioni€ (Fonte Osservatorio Entrepreneurship & Finance del Politecnico di Milano).

Voglio nominare giusto un paio di esempi significativi, accaduti in Italia nell’ultimo anno, come:

  • La quotazione a Piazza Affari, a marzo 2019, sul segmento AIM di CrowdFundMe raccogliendo 2,8 milioni €. CrowdFundme è stato il primo portale di equity crowdfunding al mondo e la prima fintech in Italia a quotarsi. Nel solo 2018 aveva raccolto 36 milioni di euro con oltre 114 campagne.
  • Il Gruppo Intesa Sanpaolo, attraverso il veicolo di corporate venture capital Neva Finventures, che ha scelto di investire nel capitale di BacktoWork24, operatore di equity crowdfunding e gestore dell’omonimo portale online, per la raccolta di capitali di rischio.

In Italia lo svolgimento dell’attività di prestito P2P richiede l’autorizzazione della Banca d’Italia. Il comparto è completamente disciplinato e le piattaforme sono regolamentate dalla Banca d’Italia.
Se parliamo solo di portali di equity crowdfunding, al 30 giugno 2019 sono 35 quelli autorizzati da Consob, un numero sicuramente elevato rispetto alla dimensione del mercato e agli altri paesi europei.

Per favorire lo sviluppo del crowdfunding e, quindi, agevolare l’accesso ai finanziamenti da parte delle startup innovative, il Regolamento Consob a cui sono soggetti i portali di Crowdfunding prevede una esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di investimento per gli investimenti che siano complessivamente al di sotto di una determinata soglia pari a:

  • 500 euro per singolo ordine e 1.000 euro per ordini complessivi annuali, per gli investimenti delle persone fisiche,
  • 5.000 euro per singolo ordine e 10.000 euro per ordini complessivi annuali, per gli investimenti delle persone giuridiche.

Per poter applicare l’esenzione, è necessario che gli investitori dichiarino di non avere superato le soglie. Fatta eccezione per i portali gestiti da SIM o Banche che non usufruiscono di tale esenzione.

Le previsioni per il 2019 indicano la crescita dei prestiti P2P dovuti sia per il quadro congiunturale complessivo sia per elementi strutturali. Le motivazioni di questo incremento si basano sul fatto che mentre in precedenza i finanziatori erano solo i privati, negli ultimi anni si nota che gli investitori istituzionali stanno diventando i principali finanziatori di queste iniziative.

Difatti per quanto riguarda gli investitori, tra le opportunità principali che l’equity crowdfunding offre loro, abbiamo sicuramente l’elevato potenziale di rendimento; le persone fisiche possono godere di una detrazione fiscale pari al 30% di quanto investito e le persone giuridiche di una deduzione dei ricavi pari al 30% dell’investimento. A fronte di tali benefici vi sono però anche diversi rischi da tenere in considerazione come la perdita di capitale nel caso, non improbabile, in cui il progetto della startup non vada a buon fine.
Va considerato poi il divieto di distribuzione di utili (secondo la normativa vigente in Italia in materia di equity crowdfunding) per tutto il periodo in cui la società mantiene i requisiti di startup innovativa e cioè per un massimo di 4 anni dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese, per cui gli eventuali utili, in questo caso, devono essere reinvestiti nella società.
Ulteriore rischio riguarda il fatto che questi strumenti finanziari risultano molto illiquidi non potendo essere negoziati su mercati secondari.

A mio parere molte delle novità che vedremo nei prossimi mesi riguarderanno le attività cross-border in Europa e specie i portali italiani che al momento devono richiedere una apposita autorizzazione in ogni Stato membro, non potendo avvalersi del regime di passporting.

Invece, avranno libertà di lavorare in ambito UE con un’unica autorizzazione, a breve, tramite l’entrata in vigore del Regolamento sugli European Crowdfunding Service Providers(1) – considerato il primo passo verso la Capital Markets Union –.

A questo punto gli scenari odierni potranno cambiare, le raccolte e le strategie di ogni portale si differenzieranno maggiormente e le dinamiche che andremo ad analizzare saranno più interessanti rispetto al solo panorama domestico.

 

 


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   Proposta di Regolamento UE sui fornitori europei di servizi di crowdfunding (incluso allegati)

2018/0048(COD) European crowdfunding service providers (ECSP) for business, status – Legislative Observatory EU



Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnati con *