ChatGPT-Intelligenza-Artificiale

ChatGPT – Quando il robot si applica

19 aprile 2023

di Giovanni COSTA

Un tempo gli insegnanti dicevano ai genitori che dovevano informare sull’andamento non proprio brillante del loro figliolo: «È molto intelligente ma non “si applica”». Oggi a proposito dell’intelligenza artificiale (IA) dovrebbero dire «non è intelligente ma quando “si applica” alle cose che sa fare è efficientissima».

Il tema dell’IA è uscito dagli ambiti specialistici grazie a software del tipo ChatGPT che in queste settimane molti stanno provando. Impazzano scenari catastrofici con milioni di posti di lavoro e di professionisti sostituiti dai robot e dagli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale; con professori disperati che non sanno più se stanno leggendo l’elaborato di un allievo o di un chatbot.

Pochi si domandano cosa sia possibile fare per progettare i nuovi ruoli lavorativi basati sull’IA e per formare le persone a coprirli adeguatamente.

Pochi si concentrano sugli enormi aumenti di produttività del lavoro e di qualità della vita che possono derivare da queste tecnologie.

In quanto ai professori, dovrebbero chiedersi dopo aver assegnato compiti che possono essere svolti da un chatbot se non sia giunto il momento di cambiare radicalmente modo di insegnare e di accertare l’apprendimento. Se i giornalisti scoprono che un chatbot scrive articoli che potrebbero scrivere loro dovrebbero chiedersi se non sia giunto il momento di rivoluzionare il modo di fare giornalismo.

Qualcuno ci sta provando.

Nel film «Le vie del Signore sono finite», Massimo Troisi così si giustificava di non essere abbastanza informato: «Io sono uno a leggere loro sono un milione a scrivere». Questo è il punto: l’utilizzo della enorme quantità di dati e di informazioni che viene oggi prodotta eccede la capacità dell’essere umano di assimilarle e di trattarle.

Fino a metà del secolo scorso si stimava che le conoscenze scientifiche raddoppiassero ogni 50 anni; oggi raddoppiano ogni 72 giorni (Marie-France Tschudin di Novartis). Alla fine del secolo scorso si stimava che il tempo medio di acquisizione di conoscenze in un settore scientifico fosse di circa 4 anni. Il tempo di perdita del 50% del loro valore (tempo di obsolescenza) era stimato in 10 anni. «Oggi in alcuni settori, il tempo di apprendimento supera il tempo di obsolescenza: questo significa che diventa impossibile restare aggiornati» (Roberto Saracco, IEEE).

Ecco perché l’intelligenza artificiale sarà lo strumento a disposizione dell’uomo per utilizzare enormi giacimenti di informazioni e di conoscenze e per dedicarsi ai significati. Operazione prettamente umana che non è almeno per ora nelle possibilità delle macchine. Nel romanzo «La Nausea» di Jean Paul Sartre c’è la figura di un Autodidatta che si istruisce secondo l’ordine alfabetico dei volumi di una biblioteca. Il protagonista si domanda cosa accadrà quando, arrivato alla fine dell’ultimo volume dell’ultimo scaffale, l’Autodidatta si dovrà chiedere: «E adesso?». Bene, l’intelligenza artificiale non sarebbe in grado di porre questa domanda e neanche di rispondere ma sicuramente ridurrebbe o azzererebbe il tempo necessario per «leggere» tutti quei libri, assimilarne e rendere richiamabili i contenuti ma libererebbe tempo che l’individuo potrebbe dedicare a darsi la risposta.

Le macchine si sono dimostrate molto più efficienti dell’uomo nello svolgere con grande precisione attività ripetitive quali per esempio l’apprendimento mnemonico consentendo all’uomo di impegnarsi in cose che le macchine (probabilmente) non sapranno mai fare:

  • esercizio di creatività,
  • immaginazione,
  • esplorare l’ignoto,
  • prendere decisioni in condizioni poco strutturate e in assenza di dati.

Questo graduale abbandono di attività – quelle faticose un tempo svolte meglio dagli animali e quelle precise ma ripetitive e noiose poi svolte meglio dalle macchine – è stato alla base del progresso dell’uomo che ha liberato energie che coinvolgono le capacità superiori.

Perché non dovrebbe accadere lo stesso per le attività che saranno svolte dagli algoritmi che impropriamente sono accreditati di intelligenza ancorché artificiale?

Intervento di Giovanni COSTA, Professore Emerito di Strategia d’impresa e Organizzazione aziendale all’Università di Padova. Ha svolto attività di consulenza direzionale e ricoperto ruoli di governance in gruppi industriali e bancari. (www.giovannicosta.it)


Pubblichiamo questo articolo per gentile concessione dell’Autore. Fonte, Corriere del Veneto dorso regionale del Corriere della Sera del 26-02-2023



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