Anticipare il futuro con l’analisi dei rischi

5 giugno 2023

di Giorgio IRTINO

Ultimamente si parla molto degli studi di futuro, delle metodologie da utilizzare per realizzarli, delle competenze che devono possedere gli specialisti che si occupano di questa disciplina innovativa, i futuristi.

Ma mentre solo poche grandi aziende si stanno avvalendo di consulenze esclusive da parte di esperti altamente qualificati o stanno strutturando un proprio dipartimento interno di previsione, per la maggior parte delle piccole e medie imprese lo studio del futuro è un fenomeno sconosciuto o perlomeno molto distante dalla quotidianità e relegato nell’ambito della letteratura metodologica e tecnologica.

Il moderno approccio allo studio del futuro si basa sulla raccolta e sull’interpretazione di una serie di segnali che possono consentire di intercettare i mutamenti significativi di scenario nel medio-lungo termine. Il futurista anticipa la visione di ciò che verrà e fornisce all’azienda gli elementi per poter prendere oggi le decisioni strategiche che influenzeranno il suo posizionamento negli anni successivi, sfruttando il vantaggio di essersi potuta muovere in anticipo nella direzione giusta. In buona sostanza, lavorare nel presente con la testa già proiettata nelle dinamiche sociali, economiche e tecnologiche del domani.

Se a dirlo può sembrare chiaro e ovviamente molto interessante, a farlo è tutta un’altra cosa! Quante persone hanno il dono di vedere nel futuro? Sicuramente poche e normalmente si scoprono a posteriori solo quando si verificano le situazioni che avevano immaginato.

I visionari sono spesso trattati con diffidenza, considerati inattendibili (per non dire pazzi), nella migliore delle ipotesi non vengono ascoltati perché quello che prevedono sembra scomodo, improbabile, dirompente, fuori dalle logiche correnti. Eppure l’evoluzione del mondo è stata profondamente segnata da personaggi che hanno avuto la capacità di vedere lungo.

Dal paradigma della resilienza a quello dell’anticipazione

Le aziende storicamente non sono mai state abituate a ragionare in termini prospettici spinti. Di fronte a scenari di tipo VUCA (volatili, incerti, complessi e ambigui) la migliore risposta possibile è stata la “resilienza”, ovvero la capacità di definire strategie di adattamento più orientate a contenere i danni, mantenere lo stato delle cose, evolvere lentamente solo a fronte delle spinte impositive generate dalle circostanze. Ottimizzare i processi, ridurre gli sprechi, adottare tecnologie moderne, migliorare il prodotto.

E analizzare i rischi? No, quello è rimasto un esercizio più formale che sostanziale, fortemente consigliato e scarsamente praticato.

Ma negli ultimi cinque anni la transizione ad uno scenario di tipo BANI (fragile, ansioso, non-lineare, incomprensibile) ha imposto una profonda riconsiderazione della risposta da parte delle aziende che si sono finalmente rese conto che se non innovano, se non diventano sostenibili, se non anticipano il futuro sono destinate a morire. E allora tutti hanno rivolto l’attenzione verso strumenti di supporto come i big-data, i digital-twin, l’intelligenza artificiale. Come se anticipare il futuro sia solo una questione di tecnologia, snobbando nuovamente l’aspetto metodologico basato sull’analisi dei rischi che invece dovrebbe essere fondamentale.

L’analisi dei rischi come strumento di anticipazione

Il susseguirsi di eventi imprevedibili come il COVID, la guerra alle porte dell’Europa, la carenza di materie prime, la crisi energetica, i cambiamenti climatici ci hanno drasticamente insegnato quanto invece sarebbe stato importante un corretto approccio all’analisi e alla gestione dei rischi che, da semplice esercizio teorico finalizzato a dimostrare la capacità delle aziende di garantire la propria continuità produttiva a fronte di potenziali situazioni di emergenza (eventi naturali, dolosi, accidentali) avrebbe potuto configurarsi come strumento per elaborare strategie di risposta capaci di riconfigurare rapidamente ed efficacemente l’intera organizzazione aziendale. In quale modo ?

Innanzi tutto, partendo da un’impostazione generale fatta con il metodo SWOT, considerando punti di forza, punti di debolezza, rischi e opportunità: se i primi due fattori restituiscono una fotografia della situazione attuale dell’azienda, gli altri due rappresentano gli ambiti di indagine proiettati verso il futuro. Le domande da farsi infatti sono: quali rischi corre la mia azienda se resta ferma nella situazione attuale? Quali opportunità può sfruttare spostandosi dalla situazione attuale verso una situazione nuova? E quali rischi corre affrontando questi spostamenti? Sono maggiori i rischi determinati dal restare fermi o quelli determinati dal muoversi verso un nuovo obiettivo?

Per avvicinarsi al futuro bisogna considerare nuove tipologie di rischio

Passando poi all’analisi di dettaglio dei singoli rischi, è necessario introdurre nel perimetro di indagine alcuni fattori fino ad oggi mai considerati come tali. Queste tipologie di rischio possono essere indipendenti dalla volontà aziendale oppure direttamente legate alle scelte imprenditoriali.
Tra le prime abbiamo:

  • L’insorgenza di malattie sconosciute (pandemie o altre),
  • Lo scoppio di conflitti bellici in aree geografiche strategiche,
  • I disastri naturali dovuti ai cambiamenti climatici,
  • Il progressivo esaurimento delle risorse naturali (fonti energetiche o altre),
  • Le scelte politiche che si ripercuotono sui mercati.

Tra le seconde abbiamo:

  • Il ricambio generazionale,
  • L’adozione dei modelli di sostenibilità,
  • La propensione a valorizzare la diversità, l’inclusione e le pari opportunità,
  • Il default tecnologico (investimento su tecnologie inadeguate, back-out IT su scala mondiale),
  • L’agilità e la scalabilità dell’organizzazione aziendale.

La risposta ai rischi cambia il futuro

Ciò che si avvicina di più a uno studio di futuro però non è tanto l’analisi dei rischi in sé ma le risposte che l’azienda decide di mettere in campo per contrastarli. Queste possono realmente fare la differenza per trasformare un’azienda ferma nel presente (che domani è già passato) in un’azienda proiettata nel futuro. Le condizioni essenziali perché ciò avvenga sono:

  • Pensare, decidere e agire in una prospettiva di medio-lungo termine,
  • Coinvolgere tutti gli stakeholders nei processi d’indagine e in quelli decisionali per ampliare il più possibile il campo visivo sulle aspettative per il futuro,
  • Spostare il focus delle strategie dai prodotti e dalle tecnologie alle opportunità da cogliere,
  • Avere il coraggio di prendere decisioni difficili con responsabilità e rapidità,
  • Non temere il cambiamento, accoglierlo, favorirlo e cavalcarlo anche ripetutamente.

Chi volesse trovare qualche stimolo in più per riflettere su questi aspetti, può sempre andarsi a rileggere il Manifesto del Futurismo che Filippo Tommaso Marinetti ha pubblicato nel 1909, con grande capacità di anticipazione dei tempi!

Intervento di Giorgio IRTINO  – Consulente, Temporary-Manager e Ricercatore in modelli organizzativi, tecnologie innovative, sostenibilità e compliance c/o METEC snc



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