Rischi Ambientali Finanza Verde

Rischi ambientali, Finanza Verde e Reporting di Sostenibilità

18 marzo 2020

di Marco SOVERINI

RISCHI AMBIENTALI

A partire dalla fine della 2^ guerra mondiale l’utilizzo intensivo di combustibili fossili ed altre risorse naturali ha provocato un impatto su biosfera ed ambiente terrestre di proporzioni mai toccate dalla comparsa dell’uomo.

Superamento delle 400 p.p.m. di CO2 in atmosfera, (attualmente vicine a 415 p.p.m. – parti per milione –, una novità per gli ultimi 3 milioni di anni), crescita demografica, crescita città, perdita biodiversità, acidificazione oceani ed inquinamento aria suolo ed acque, sono alcuni dei principali squilibri ambientali che hanno portato ad identificare il tempo in cui viviamo come un autonomo periodo storico: l’antropocene.

Una situazione che presenta numerose caratteristiche di insostenibilità ed instabilità per la vita del genere umano, e dovrà necessariamente trovare dei correttivi, che se non adottati velocemente in via volontaria, saranno regolati da meccanismi automatici del sistema terrestre, con conseguenze probabilmente pregiudizievoli per una buona qualità di vita per l’uomo.

L’ultimo rapporto dell’IPCC (Comitato Scientifico dell’Onu sul Clima)(1)(2) dell’8 agosto 2019, riferisce che il cambiamento climatico potrà portare guerre, fame e migrazioni per effetto di siccità e piogge estreme in tutto il mondo, con pregiudizi per la produzione agricola e la stabilità delle forniture alimentari. Problemi che colpiranno soprattutto le popolazioni più povere di Africa e Asia, ma anche il Mediterraneo, con desertificazione e incendi.

L’esigenza, e l’urgenza, di porre in essere azioni correttive, collegata al riconoscimento dell’origine antropica degli squilibri, è ormai condivisa, nonostante resistenze da parte di alcuni settori industriali (combustibili fossili), ed alcuni personaggi politici (es. il Presidente USA Trump).

Il 28.11.2019 il Parlamento europeo ha dichiarato l’emergenza climatica e ambientale in Europa e nel mondo(3), chiedendo alla Commissione che tutte le proposte legislative e di bilancio siano in linea con l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale al di sotto di 1,5 °C. E questo raggiungendo la neutralità climatica non oltre il 2050, e riducendo del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030.

Il Global Risk Report(4) prodotto dal World Economic Forum e pubblicato il 15.1.2020, nell’ambito di uno scenario di “instabilità” con divisioni nazionali e internazionali, disordini geopolitici, ed una frenata dell’economia, ha segnalato che i 5 rischi più rilevanti per il prossimo decennio, in termini di probabilità ed impatto sono quasi tutti di natura ambientale:

  • in termini di probabilità:
    1. Eventi meteorologici estremi (es. inondazioni, tempeste),
    2. Fallimento delle misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici,
    3. Catastrofi naturali gravi (es. terremoti, tsunami, eruzione vulcaniche),
    4. Perdita importante di biodiversità e collasso dell’ecosistema,
    5. Danni e disastri ambientali causati dall’uomo;
  • in termini di gravità dell’impatto:
    1. Fallimento delle misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici
    2. Armi di distruzione di massa
    3. Perdita importante della biodiversità e collasso dell’ecosistema
    4. Eventi meteorologici estremi (ad esempio, inondazioni, tempeste, ecc.)
    5. Crisi idrica

 

FINANZA VERDE

Tra i più convinti sostenitori della necessità di correzioni ai cambiamenti climatici possono annoverarsi i vertici del sistema finanziario internazionale.

Già nel settembre 2015 il Presidente del Financial Stability Board aveva identificato il problema climatico come “the tragedy of the horizon”, una minaccia in grado di destabilizzare l’industria finanziaria internazionale per effetto di rischi fisici, di transizione e legali, ed auspicato soluzioni tramite percorsi di trasferimento di capitali da settori problematici verso altri di green economy. In tal modo spianando la strada, (assieme ad altri stimoli tra cui in particolare l’enciclica Laudato Si(5) – giugno 2015 – e l’approvazione dei 17 SDG ONU(6) – settembre 2015) alla positiva conclusione della COP21 di Parigi, svoltasi nel dicembre 2015, con la condivisione dell’obiettivo di contenimento dell’innalzamento di temperature nei 2-1,5 gradi per fine secolo.

Il percorso di trasferimento di capitali è partito bene come testimoniato dalla dinamica dei green bond (emissioni iniziate attorno al 2006 e arrivate nel 2019 a circa 285 miliardi $) e dalla progressiva inclusione dei temi ESG (Environmental, Social, Governance) nelle proprie strategia di investimento, da parte di investitori, e fondi pensione.

Questo per effetto di pressioni dal basso (es Fridays for future – Greta) e dall’alto (per attività di governo e regolamentazione, determinata in particolare dall’accordo di Parigi) che hanno portato gli elementi ESG, considerati fino a pochi anni fa irrilevanti per i risultati delle imprese (e per tale motivo definiti come fattori “non finanziari”), a diventare progressivamente centrali e materiali per i risultati economici delle imprese e quindi per i rendimenti degli investitori.

Un importante contributo a sviluppare tale percorso è recentemente arrivato dalle annuali lettere del CEO Larry Fink a manager e clienti di BlackRock. Tali documenti hanno annunciato l’adesione della compagnia a Climate Action 100+ e l’uscita da investimenti connessi a carbone termico e combustibili fossili, qualificato la sostenibilità come il nuovo standard di investimento, ed identificato il cambiamento climatico come un elemento determinante nelle prospettive a lungo termine delle imprese, che potrà rapidamente provocare una importante ricollocazione di capitali.

L’11.12 u.s. la Commissione UE ha adottato il Green Deal europeo(7)(8): una strategia di crescita che vuole rendere l’UE al 2050 priva di emissioni nette di gas a effetto serra e con una crescita economica dissociata dall’uso delle risorse. E questo con definizione di una “road map” di 50 azioni, finanziata attraverso un piano, che prevede investimenti per 1000 miliardi € nel prossimo decennio, ed agevolazioni ad imprese, privati e settore pubblico nell’individuare, strutturare ed eseguire progetti sostenibili.

Il 17.12.2019 Parlamento e Consiglio UE hanno raggiunto un accordo politico(9) sulla cosiddetta “tassonomia” (sistema di classificazione delle attività economiche considerate ecosostenibili), per definire nel dettaglio le attività incluse ed escluse entro il 2021, e farla entrare in vigore nel 2022.

Tale tassonomia vuole rimediare all’attuale mancanza di un sistema comune di classificazione a livello dell’UE o mondiale per le attività economiche ecosostenibili, tramite riduzione della frammentazione derivante da iniziative basate sul mercato e da prassi nazionali, e di pratiche di greenwashing/verniciatura verde, ossia la pratica di commercializzare prodotti finanziari come “verdi” o “sostenibili”, quando in realtà non soddisfano standard ambientali di base

Tale tassonomia vuole basarsi su sei obiettivi ambientali dell’UE:

  1. mitigazione dei cambiamenti climatici,
  2. adattamento ai cambiamenti climatici,
  3. uso sostenibile e protezione acque e risorse marine,
  4. transizione verso un’economia circolare,
  5. prevenzione e controllo inquinamento,
  6. protezione e ripristino biodiversità ed ecosistemi,

ed andrà a qualificare come ecosostenibili, le attività economiche che andranno a soddisfare i requisiti di:

  • contribuire in modo sostanziale al raggiungimento di almeno uno dei sei obiettivi ambientali sopra elencati,
  • non arrecare un danno significativo a nessuno degli obiettivi ambientali,
  • essere svolte nel rispetto delle garanzie minime sul piano sociale,
  • essere conformi a “criteri di vaglio tecnico”.

 

STRUMENTI DI REPORTING

Per quanto sopra è sempre più importante per le imprese dimostrare le proprie prestazioni in ambito ESG. In Italia il d.lgs 254/2016(10) ha reso obbligatoria la “dichiarazione non finanziaria”, quale adempimento correlato al bilancio d’esercizio, per imprese di grandi dimensioni ed interesse pubblico, dando anche indicazioni per iniziative di natura volontaria.

Tra gli standard di rendicontazione non finanziaria più diffusi possono ricordarsi:

  • Global Reporting Initiative (GRI),
  • Sustainability Accounting Standards Board (SASB),
  • Task Force on Climate Related Financial Disclosures (TCFD), che raccomanda alle imprese di evidenziare rischi come siccità, inondazioni, incendi e rischi di transizione, tra cui quelli da regolamentazioni e vincoli ad imprese con alta impronta di carbonio.

La diffusione di tali iniziative è in sensibile aumento ma ancora molto limitata, e con dati poco standardizzati.

Per coinvolgere anche PMI/piccole imprese in percorsi analoghi, si sta avviando a Bologna il progetto AICQ-ORMA – Emilia Romagna, che propone percorsi di misurazione, gestione, miglioramento e rendicontazione ambientale semplificata, a partire dal tema dell’energia, nella logica dei “bilanci integrati“, e cercando opportunità di finanza verde.

 

Intervento del Dott. Marco SOVERINI, Studio Soverini e Vice Presidente AICQ Emilia Romagna

 


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   IPCC  –  Special Report, Climate Change and Land, 08-2019

(2)   IPCC  –  Special Report, Cambiamenti Climatici e Territorio, 08-2019

(3)   Parlamento Europeo  –  Risoluzione sull’Emergenza climatica e ambientale. 11-2019

(4)   World Economic Forum  –  Global Risks Report 2020

(5)   Libreria Editrice Vaticana  –  Enciclica Laudato si’, 06-2015

(6)   ONU  –  17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile

(7)   Commissione Europea  –  Il Green Deal Europeo, 12-2019

(8)   Commissione Europea  –  Tabella di Marcia, Allegato Il Green Deal Europeo, 12-2019

(9)   UE  –  Finanza Sostenibile: accordo su tassonomia, 12-2019

(10)  D.Lgs. 254/2016 – Informazioni di carattere non finanziario e informazioni sulla diversità

 



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