Payback dispositivi medici: ancora uno sconto, ma la partita è davvero finita?

Payback dispositivi medici: ancora uno sconto, ma tanta delusione

13 agosto 2025

di Matteo CORBO

1. Per le aziende una scelta difficile

Dopo mesi di tensione, ricorsi e attesa, la sentenza del TAR Lazio dello scorso maggio ha confermato la legittimità del meccanismo del Payback previsto per i dispositivi medici, rigettando in blocco i ricorsi presentati da numerose imprese e associazioni di categoria(1).

Una decisione che ha riacceso il dibattito sulle conseguenze operative e giuridiche di un sistema che, sin dall’inizio, ha generato incertezza e preoccupazione tra gli operatori del settore.

2. Un meccanismo contestato: impatti economici e ricadute sulle PMI

Il riferimento normativo centrale è l’art. 9-ter del Decreto-legge n. 78 del 2015, che ha introdotto il meccanismo del Payback per i dispositivi medici. In estrema sintesi, tale norma stabilisce che le Aziende fornitrici debbano contribuire al ripiano dell’eventuale superamento del tetto di spesa regionale, con oneri potenzialmente rilevanti(2).

Il valore complessivo richiesto alle aziende per il quadriennio 2015-2018 superava infatti i 2,2 miliardi di euro, secondo le stime ufficiali pubblicate dal Ministero della Salute. Una cifra enorme, che ha colpito trasversalmente il comparto dei dispositivi medici, incluse migliaia di micro, piccole e medie imprese.
Per molte Aziende, i contributi richiesti rappresentano dal 10% al 30% del fatturato annuo generato nel settore pubblico. In alcuni casi, si è arrivati a importi da versare superiori all’utile lordo registrato nello stesso periodo.
Secondo i dati forniti da Confindustria Dispositivi Medici, oltre il 70% delle imprese coinvolte ha meno di 50 dipendenti, e più del 40% potrebbe trovarsi in difficoltà finanziaria seria qualora fosse costretta a versare l’intero importo richiesto.

3. Una soluzione parziale: la riduzione al 25% e i suoi limiti

In questo contesto, dopo la cocente sconfitta di fronte al Tar Lazio, una forte pressione da parte delle Associazioni di categoria (unite in questa battaglia come raramente lo erano state negli ultimi anni) ha condotto all’apertura di una fase di intensa negoziazione con il Governo, che ha alla fine partorito l’art. 7 del Decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95 (Decreto Economia), con il quale un passo avanti nella direzione degli interessi delle Aziende – oggettivamente – è stato compiuto. 

Infatti, il comma 1 di tale norma prevede che gli obblighi relativi al Payback “si intendono assolti con il versamento, in favore delle regioni, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, della quota del 25 per cento degli importi indicati nei provvedimenti regionali e provinciali. (…) Decorso il predetto termine dei trenta giorni, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano accertano l’avvenuto versamento dell’importo pari alla quota ridotta di cui al primo periodo con provvedimenti pubblicati nei rispettivi bollettini e siti internet istituzionali e comunicati senza indugio alla segreteria del tribunale amministrativo regionale del Lazio, determinando la cessazione della materia del contendere con riferimento ai ricorsi esperiti”.

Quindi, per le Aziende che accettano di pagare subito, rinunciando così ai loro ricorsi (se li avevano effettivamente presentati, ovviamente), si prevede uno sconto complessivo del 75% sull’importo originario (ricordiamo che ai sensi dell’art. 8 del Decreto-legge n. 34 del 2023, la cifra originaria era già stata scontata del 52% – per questo si veda il precedente articolo su questa Piattaforma(3).

Successivamente, con la Legge di conversione 8 agosto 2025, n. 118, il Decreto Economia è stato convertito in Legge, con alcune rilevanti integrazioni.

Innanzitutto, per i soggetti che avessero già versato la loro quota di payback, viene prevista la possibilità di ricevere la cifra versata in eccedenza rispetto alla quota del 25%, per non creare asimmetrie rispetto ai soggetti che ancora non avevano provveduto al pagamento. Interessante notare che la differenza verrà versata a titolo di detrazione rispetto a quanto eventualmente dovuto a titolo di payback per gli anni successivi al 2018 (con modalità da precisare in un successivo decreto).

Inoltre, per venire incontro alle esigenze delle PMI, è prevista per queste ultime la possibilità di assolvere agli obblighi del payback attraverso la richiesta di finanziamenti garantiti dallo Stato.

Infine, ogni procedura di recupero delle somme viene sospesa (se iniziata) o esclusa fino all’accertamento del pagamento o meno del pagamento del famoso 25% e comunque fino al 31.12.2025 (norma di assoluto buonsenso, ma di scarsa utilità pratica, vista la perdurante vigenza delle ordinanze cautelari sospensive).

Nonostante alcuni significativi passi avanti (primo fra tutti, l’ulteriore dimezzamento della cifra da versare allo Stato), il Decreto economia lascia l’amaro in bocca alle Aziende che speravano nel superamento del payback.

Infatti, uno degli aspetti più controversi è l’applicazione di una franchigia prevista per le PMI. Fra le proposte delle associazioni di categoria al tavolo col Governo vi era infatti la previsione che le aziende di dimensioni contenute fossero esentate dal versamento del payback fino a una determinata soglia di fatturato. Tuttavia, tale richiesta è stata del tutto ignorata dal Governo. Con il promulgamento della Legge di conversione è divenuto evidente che la maggioranza non ha voluto tenere conto di questo “grido di dolore” che, ormai da anni, si leva dalle PMI, molte delle quali, lo si ribadisce, si troverebbero a rischio fallimento ove dovessero pagare l’importo (pure ormai ridotto al 25% di quello originario) richiesto dalle Regioni.

Un altro profilo delicato riguarda la previsione che condiziona la possibilità di fruire di una riduzione del 25% sull’importo da versare alla rinuncia espressa ad ogni azione legale. Tale previsione, oltre a sollevare dubbi di legittimità costituzionale per una possibile violazione del diritto di difesa (art. 24 Cost. e art. 6 CEDU), rischia di mettere le imprese di fronte a una scelta iniqua: pagare di meno ma rinunciare a ogni ricorso, o mantenere la possibilità di tutelarsi in giudizio ma affrontare un onere maggiore. Si tratta di un passaggio che potrebbe aprire a nuovi contenziosi, stavolta sul piano costituzionale.

4. Un futuro incerto: le annualità post-2018 e il rischio di instabilità sistemica

Inoltre, il payback relativo al quadriennio 2015–2018 ha assorbito finora tutta l’attenzione, ma resta del tutto irrisolta la questione delle annualità successive. A oggi, non esiste alcun meccanismo attuativo, né un quadro normativo chiaro per il periodo dal 2019 in avanti, nonostante le Regioni abbiano già trasmesso dati di spesa e chiesto l’avvio delle procedure. L’unico riferimento alle annualità successive – che sembra confermare l’attualità dell’obbligo di pagamento – è il riferimento alla compensazione dei pagamenti in eccesso.

In assenza di indicazioni ufficiali, le aziende vivono in uno stato di incertezza cronica, senza poter stimare con precisione gli impegni economici potenzialmente in arrivo. Questo rischio latente mina la capacità di pianificazione finanziaria e rappresenta un fattore di instabilità sistemica. Il timore concreto è che, una volta chiuso il capitolo 2015–2018, si riapra rapidamente il fronte dei ripiani per gli anni successivi, senza modifiche sostanziali a un modello già ritenuto insostenibile.

A proposito di incertezze nella prima bozza del nuovo decreto, i termini per il pagamento dei contributi a carico delle imprese (i famosi 30 giorni) sarebbero dovuti decorrere dalla data di emanazione del decreto stesso, soluzione che avrebbe esposto molte aziende a una corsa contro il tempo in piena estate.

Fortunatamente, la versione definitiva del provvedimento prevede che i 30 giorni decorrono dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, offrendo così alle imprese un margine temporale più congruo per valutare l’eventuale adesione o contestazione.

Alla luce di tutto questo, il consiglio prudenziale per le aziende è quello di non procedere ancora al pagamento, ma di attendere l’approvazione definitiva della legge di conversione.

Adesso, dopo la pubblicazione della versione consolidata del Decreto, a ogni singola Azienda è rimessa una decisione difficile: accettare lo sconto, rinunciando al ricorso, oppure continuare la battaglia in sede giurisdizionale?

Intervento di Matteo CORBO | Autore per Risk & Compliance Platform EuropeAvvocato – Ph.D.


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Corbo M. (2025), Payback dispositivi medici: il TAR Lazio si pronuncia, ma per le imprese non è ancora finita – Risk & Compliance Platform Europe, www.riskcompliance.it

(2) Corbo M. (2023), Un rischio imprevisto per le imprese: il payback sui dispositivi medici – Risk & Compliance Platform Europe, www.riskcompliance.it

(3) Corbo M. (2024), “Le sentenze della Corte Costituzionale sul Payback: una battuta d’arresto per le aziende, ma la partita è ancora aperta” – Risk & Compliance Platform Europe, www.riskcompliance.it



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