Open-Data

Open Data: dall’obiettivo della trasparenza diffusa alle prospettive commerciali

14 novembre 2022

di Matteo CORBO

Cosa contiene l’aria che respiriamo per le vie delle nostre città?

Quale porzione delle tasse è destinata alla ricerca scientifica e quale invece alla manutenzione stradale?

In quale area del nostro paese è più alto il tasso occupazionale e quale zona della nostra città è più densamente popolata?

Oggi possiamo darci una risposta grazie al fenomeno Open Data che, insieme alla rivoluzione digitale, oltre a rendere possibile una diffusione più immediata e semplice del sapere e delle informazioni detenute dalla PA, le ha rese anche più facilmente reperibili, archiviabili e combinabili tra loro.

Il valore del dato aperto non è limitato alla sua utilizzabilità in quanto tale, ma deriva dalla possibilità di essere combinato, armonizzato e mescolato ad altri dati, creando così nuove informazioni e, quindi, nuova conoscenza.

In letteratura ci si riferisce al fenomeno Open Data come a quel fenomeno di valorizzazione dei dati aperti in possesso delle Amministrazioni che sono rilasciati in formato aperto e facilmente e gratuitamente accessibili, utilizzabili, modificabili e ricondivisibili da ogni cittadino nei limiti della licenza con la quale sono stati rilasciati.

Quotidianamente le Amministrazioni raccolgono e catalogano dati, informazioni e documenti, relativi ai più svariati settori di attività, che appartengono alla collettività; questi dati, una volta esaurita la loro funzione e utilità, sono spesso destinati a rimanere imprigionati in un archivio, materiale o digitale. Ormai da diversi anni, si è colto il valore di questo patrimonio e si è iniziato a ragionare su come generare profitto dai dati, dalla loro combinazione e armonizzazione: è del 2006 lo slogan data is the new oil” (Clive Humby).

Nell’analisi del fenomeno del dato aperto si pone come inevitabile il raffronto tra Open Data e Big Data; questi ultimi corrispondono a set di dati con volumi, varietà e velocità tali da renderne impossibile la gestione per un software di elaborazione tradizionale e che richiedono tecnologie specifiche per l’estrazione dagli stessi di valore conoscitivo ulteriore.

Se i Big Data sono dati raccolti per profilare tendenze, abitudini, attitudini e gusti dei cittadini e sono destinati ad indagini di mercato o comunque a finalità strettamente privatistiche, gli Open Data sono invece raccolti nell’ambito dell’azione amministrativa e sono disponibili, riutilizzabili e a disposizione della comunità.

Sicuramente gli Open Data sono una specie dei Big Data, ma presentano profonde differenze per quel che concerne finalità e utilizzo. Se i Big Data possono, in una prospettiva di interesse collettivo, aiutare a comprendere e migliorare il mondo in cui viviamo, gli Open Data permettono che questa possibilità sia offerta in maniera equa nella società, cercando così di rendere il mondo più democratico.

La grande evoluzione che è destinata a compiersi con gli Open Data apre la porta a significative prospettive di sviluppo, in termini sia sociali che economici.

La visione “open” della macchina pubblica rafforza i concetti di trasparenza, partecipazione pubblica e collaborazione, con un innegabile contributo alla prevenzione della corruzione: riducendosi l’asimmetria informativa, si rende più agevole il controllo da parte dei cittadini sull’operato delle Amministrazioni e quest’ultime, consapevoli del monitoraggio esterno, si sentono anche maggiormente sotto osservazione e, conseguentemente, dissuase dal porre in essere condotte corruttive.

  1. Il dato in formato aperto offre al cittadino, senza troppe complicazioni, la possibilità di poter accedere ai dati delle PA su portali e piattaforme digitali, esposti in maniera coerente e ordinata.
  2. Le Amministrazioni, tramite l’apertura dei propri dati, hanno l’occasione di mostrare la propria efficienza e il proprio regolare funzionamento, creando un clima di trasparenza diffusa in cui il dibattito pubblico è stimolato e il cittadino, in un contesto di positiva collaborazione, potrà finalmente sentirsi un ingranaggio fondamentale della macchina pubblica.

L’approccio Open Governement, affermatosi negli Stati Uniti nella prima decade del 2000 con il primo insediamento del Presidente Obama, ha trovato campo anche in Europa dove il processo di trasformazione del paradigma tradizionale del settore pubblico ormai è avviato: l’adozione di modelli amministrativi aperti rappresenta ormai un pilastro di valore anche in Europa.

Da un punto di vista normativo, i primi passi a livello europeo verso il riutilizzo dei dati aperti sono stati mossi con la Direttiva 2003/98 CE (cd. Direttiva PSI – Public Sector Information), con la quale sono state introdotte regole armonizzate per introdurre in tutta l’Unione alcuni principi generali da attuare per l’avvio del processo di apertura e condivisione con i cittadini dei dati detenuti dal settore pubblico, andando a rimuovere i possibili ostacoli che si frapponevano all’effettivo riutilizzo.

Dopo aver già operato un sostanziale aggiornamento nel 2013, l’Unione Europea nel 2019 ha avvertito l’esigenza di formulare un nuovo intervento sulla Direttiva PSI(1), anche in considerazione dei profondi cambiamenti a cui si sta assistendo nel campo delle nuove tecnologie digitali e soprattutto per favorire le politiche strategiche UE nel quadro della Digital Single Market Strategy, che vede nella valorizzazione del patrimonio informativo un elemento centrale e prioritario.

Infatti, vi è anche un’altra metà della luna: i dati pubblici rilasciati dalle PA in formato aperto possono rappresentare oggetto di interesse anche per le aziende che, tramite la rielaborazione di questi, possono soddisfare anche propri interessi economici e commerciali.

Per le imprese, la possibilità di reperire facilmente e in formato aperto dati ambientali, catastali, metereologici, statistici, scientifici (e altri ancora) può rappresentare un ottimo punto di partenza per la creazione di modelli di business innovativi o comunque nuovi prodotti e servizi grazie alla rielaborazione delle conoscenze ricavate dai dati pubblici.

E oggi che il processo di trasformazione delle città – non solo metropolitane, ma anche medi e piccoli comuni – in smart cities può dirsi avviato, il tema degli Open Data diventa sempre più centrale: la gestione intelligente del trasporto pubblico urbano, la riduzione dei rifiuti e delle emissioni, l’ottimizzazione del traffico e delle risorse energetiche passano anche per un preliminare studio strategico dei dati pubblici aperti che, insieme all’uso delle tecnologie, possono accelerare il percorso di “trasformazione intelligente” delle città.

 

Intervento di Matteo CORBO – Avvocato, Ph.D. – Socio c/o Studio SASPI-Fieldfisher

 


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   Direttiva UE 2019/1024 del 20 giugno 2019  |  Apertura dei dati e al riutilizzo dell’informazione del settore pubblico



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