Importazioni-Esportazioni

Le politiche internazionali per il controllo alle esportazioni dei prodotti a duplice uso

2 maggio 2023

di Sandro SEVERONI

1. Richiami al pensiero politico-economico

Avvicinarsi al tema dei controlli alle esportazioni, in particolare nel quadro dei comportamenti, delle politiche internazionali e, soprattutto, dei rischi riguardanti i prodotti a duplice uso, in un contesto così singolare e drammatico come quello che stiamo attraversando, non può prescindere, per chi scrive, da un inquadramento di carattere storico, economico e politico, in cui sono centrali la capacità e l’intenzione dell’uomo di trasformare o integrare, nel tempo e col progresso, oggetti (o in estremo, esseri viventi) da inoffensivi in distruttivi.

Un progresso scientifico e tecnologico che non sempre è da intendersi con significato unicamente positivo: l’evoluzione ed il miglioramento della qualità della vita per mezzo della ricerca si accompagna infatti, sia con la costante abilità nel tempo di ideare e produrre oggetti di estremo rischio e pericolosità, che col temperamento del genere umano, tendente a collegare tali progressi al predominio strategico ed egemonico.

A tale riguardo, la definizione ed applicazione da parte di entità sovrane, di politiche produttive e commerciali tese ad orientare e proteggere dal free trade la ricerca, lo sviluppo di specifici settori strategici, hanno nel tempo influenzato i traffici con l’estero per l’attuazione di:

  • combinazioni di misure cosiddette “tariffarie” (es.: dazi doganali), le prime storicamente adottate e,
  • provvedimenti politici “non tariffari” (es.: sanzioni e controlli alle esportazioni).

A riguardo delle misure restrittive al commercio “non tariffarie”, si ritiene utile richiamarne la giustificazione economica della “military defense” richiamata anche da Adam Smith, il quale, nel suo Ricchezza delle Nazioni, pur criticando severamente il mercantilismo, apre alla possibilità che, sia per le produzioni agricole essenziali che per quelle industriali fondamentali e a discapito di ragioni di efficienza economica, possano sussistere esigenze primarie di difesa militare che richiedano l’adozione di misure protettive (“…[D]efense,… is of much more importance than opulence”).

Oppure la giustificazione non economica della “infant industry” (industria nascente), come teorizzata a fine Settecento dallo statunitense Alexander Hamilton, elaborata successivamente dal tedesco Friedrich List, consolidata nella seconda metà dell’Ottocento dal britannico John Stuart Mill, nonché qualificata e inquadrata ai nostri giorni da Dominick Salvatore.

Prendendo in considerazione l’attuale momento storico, si può osservare che lo sviluppo tecnologico di molti paesi è dovuto in maggior misura alla combinazione di politiche industriali e commerciali, definita politica commerciale strategica, soprattutto nei settori ad alta tecnologia, laddove i rischi sono elevati tanto quanto i vantaggi in caso di buon esito dell’iniziativa commerciale.

In tale contesto, i prodotti duali possono essere ragionevolmente considerati “infanti” di una “industria continuamente nascente”, in particolare in quei segmenti di mercato, quali quelli della difesa, dello spazio o delle emerging technologies, ad includere oggetti immateriali quali software e know-how, dove la novità, nonché il rischio industriale e politico sono costanti (obbligate per certi versi), se si intende come sistema perseguire lo scopo di ottenere migliori e diversi vantaggi, sia tecnici che competitivi che strategici.

1.1 Considerazioni sulla definizione di “prodotti a duplice uso”

Come osservano alcuni autori, sebbene vi sia una visione generale abbastanza condivisa sul significato del termine “a duplice uso”, sussistono tuttora diverse interpretazioni e carenze di consistenza fra le definizioni di esso, in alcuni documenti e normative ufficiali delle principali organizzazioni internazionali, incluse quelle euro-unitarie e che potrebbero, in prima approssimazione ed erroneamente, spingere a considerare che tali prodotti afferiscano esclusivamente al settore economico della difesa.

Basti pensare ad Internet come esempio di prodotto (servizio) a duplice uso: originariamente concepito negli USA alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso per scopi militari nell’ambito del programma ArpaNET, ha finito col tempo nel trasformare l’uso civile quotidiano dei mezzi di telecomunicazione, andando a comporre rapidamente un importante fenomeno dalle dimensioni sociali, economiche e politiche (nonché geopolitiche e militari) assolutamente inedite, nelle quali le attività di sorveglianza, contrasto e risposta ad eventuali attacchi informatici, portati da terze parti anche estere, diventano centrali sia per le questioni di sicurezza nazionale che, al contempo, per quanto concerne il rispetto dei diritti umani.

Vari autori hanno dato valide chiavi interpretative circa la dualità di tali prodotti, inquadrabili in base alle loro insite caratteristiche o potenzialità, oppure in base all’utilizzo in applicazioni a fini civili o militari, altrimenti sulla base dell’idea umana e del tessuto sociale e ambientale da cui derivano o per il quale vengono impiegate.

2. I trattati internazionali ed i regimi multilaterali

Il rispetto e l’osservanza dell’insieme delle norme di diritto internazionale, inteso come ordinamento della «comunità degli Stati», spetta in primo luogo agli organi statali, attraverso l’adattamento dell’ordinamento interno attraverso procedimenti, definiti “ordinari” o “speciali”, simili in quasi tutti i Paesi.

Nell’ambito Italiano, dal 2001 i trattati internazionali hanno assunto il rango di norma interposta tra la Costituzione e la legge ordinaria, significando con ciò che queste ultime si conformano anche ai trattati internazionali, come questi ultimi alla Costituzione stessa.

Prendendo in considerazione il “fenomeno delle organizzazioni internazionali” come fonte di decisioni vincolanti per gli Stati membri qualora previsto dai rispettivi trattati (o statuti) istitutivi, si pone l’attenzione su alcuni accordi e organizzazioni, nonché sulle connesse implicazioni di carattere politico-economico, che incidono sul tema dei prodotti a duplice uso, tra libero scambio e le eccezioni ad esso.

2.1 L’Accordo Generale sui Dazi e sul Commercio (GATT)

La significativa e condivisa motivazione di tanti Paesi allo scongiurare il ripetersi di ulteriori, drammatici eventi bellici, dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale, nonché un certo affievolirsi dell’isolazionismo statunitense a favore di un ruolo guida globale, ha condotto nell’immediato secondo dopoguerra anche allo sviluppo di un nuovo concetto di cooperazione economica internazionale.

In questo contesto, i rappresentanti di ventitré paesi, riunitisi da aprile a ottobre del 1947 a Ginevra (Svizzera), con l’obiettivo primario di istituire una organizzazione internazionale tesa a promuovere il libero scambio attraverso negoziati commerciali multilaterali, siglarono il cosiddetto Accordo Generale sui Dazi e sul Commercio (General Agreement on Tariffs and Trade – GATT), inquadrato e confluito dagli anni Novanta del secolo scorso nell’Organizzazione Mondiale del Commercio (World Trade Organization – WTO).

È utile ricordare che il GATT si basa su tre principi essenziali:

  • la non discriminazione, ovvero il principio generale di trattamento della nazione più favorita (Most Favoured Nation – MFN), con alcune eccezioni riguardanti casi di integrazioni economiche (es.: unioni doganali) ed i commerci fra paesi e le loro ex-colonie;
  • l’eliminazione delle barriere commerciali non tariffarie, con eccezioni, giustificabili da motivi politici, per paesi con carenze critiche delle derrate alimentari, in situazione di difficoltà nella bilancia dei pagamenti, nonché per altre motivazioni generali e di sicurezza;
  • la consultazione fra paesi, per la ricomposizione delle controversie commerciali nell’ambito del GATT stesso.

2.1.1 Le eccezioni alle regole del Libero Scambio

In un contesto teso a privilegiare i principi generali di libero scambio, permangono alcune opzioni di limitazione del commercio per motivi economici, a cui si accompagnano altrettante eccezioni per ragioni non economiche, qualificabili come “politiche“.

Il GATT, infatti, attraverso i suoi articoli XX e XXI, ammette la facoltà per gli Stati aderenti, di derogare ai principi fondanti, adottando specifiche misure nazionali per la protezione di particolari beni, in considerazione di aspetti connessi alla salute, all’ambiente o a concetti soggettivi legati a specifici contesti culturali o sociopolitici, quali la morale pubblica e la sicurezza nazionale.

Per adottare misure nazionali che rientrino nell’ambito dell’Articolo XX del GATT, uno Stato dovrebbe verificare che siano soddisfatte tutte le condizioni, indicate sia nella clausola di apertura (se esistente), che nella seconda parte contenente l’elenco delle categorie oggetto delle eccezioni stesse, il cui ambito applicativo deve essere chiaramente delineato ad un numero di casi individuati e identificabili al fine di evitare di dare luogo a discriminazioni arbitrarie o ingiustificate.

Ci si vuole soffermare ora maggiormente sull’Articolo XXI del GATT e nelle sue specifiche condizioni di eccezione già richiamate in nota, applicabili ai fini della salvaguardia della sicurezza nazionale, partendo dai concetti di “informazione” e “interessi essenziali di sicurezza”, le cui definizioni, come convenuto fra gli Stati partecipanti, vengono demandate a ciascuno degli stessi.

Sin dai primi anni del secondo dopoguerra, il concetto di informazione connessa alla sicurezza nazionale, sia interna che di altri paesi amici o alleati dello Stato interessato, è applicata ad esportazioni di merci ad uso finale militare o nucleare, in questo caso al fine di contrastare la proliferazione di armamenti strategici e per proteggere il soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale.

Gli Stati ricorrono regolarmente alla formula degli “interessi essenziali di sicurezza” per motivare l’applicazione di misure protezionistiche nazionali, ma tali giustificazioni non cessano di essere ampiamente dibattute.

E il dibattito è particolarmente aperto anche per quanto concerne le azioni circa il commercio delle “armi” e degli “strumenti di guerra”, in cui la carenza o assenza di definizioni e riferimenti alle evoluzioni tecnologiche e storiche intercorse, lascia ulteriore spazio a molteplici interpretazioni di parte.

Eccezioni sono state evocate in varie occasioni nella storia recente, nel caso di azioni in tempo di guerra, per altre emergenze nelle relazioni internazionali, per obblighi previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e nella definizione ed attuazione di provvedimenti sanzionatori.

Alcune disposizioni di eccezione analoghe al GATT sono riscontrabili anche nell’Accordo GATS sugli scambi di servizi, rispettivamente agli Articoli XIV (General Exceptions) e XIV-bis (Security Exceptions), mentre a riguardo dell’Accordo TRIPS sul commercio e rispetto internazionale della proprietà intellettuale, il WTO stesso ne ammette i sensibili cambiamenti dal suo ingresso in vigore nel 1995, riservando evoluzioni in materia nel prossimo futuro.

1/2 to be continued

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Intervento di Sandro SEVERONI – Esperto Senior in Compliance e Governance tecnologica. Coordinatore del Gruppo di Lavoro Commercio Internazionale e Board Member di Assocompliance Responsabile dell’Engineering Performance Management presso Telespazio S.p.A.

Le opinioni espresse e le conclusioni sono attribuibili esclusivamente all’Autore e non impegnano in alcun modo la responsabilità di terze parti



  • Commento Utente

    Emmanuele Di Fenza

    È sempre un piacere leggere articoli, come quello di Sandro Severoni che affrontano con lucidità e semplicità argomenti di compliance ad alto rischio di banalizzazione come nel caso delle esportazioni dei prodotti a duplice uso. Tra l’altro i principi di compliance devono necessariamente essere trasmessi ripercorrendo i razionali sostanziali a loro sostegno come sta avvenendo in questo caso.

    • Commento Utente

      Sandro Severoni

      Grazie Emmanuele, se c’è un errore che viene commesso nel presentare la compliance al pubblico, è proprio quello di calare concetti densi senza contestualizzarli in un ambito storico, economico e di relazioni internazionali.Ti aspetto per la seconda parte, un caro saluto..

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