Credito Consumo

La valutazione del merito creditizio nel credito al consumo

27 ottobre 2017

di Francesco SALERNO

La valutazione del merito creditizio nel credito al consumo e la potenziale responsabilità per l’altrui sovraindebitamento 

1. Qualora la situazione di chi richiede credito sia tale da far dubitare della sua capacità restitutoria, il diligente banchiere – come ben noto –dovrebbe astenersi dal concederne. Ad imporre questa condotta sono infatti le regole di sana e prudente gestione, che a salvaguardia della stabilità dell’impresa bancaria escludono la concessione di finanzia¬menti a soggetti sprovvisti di merito creditizio.


Se da questo punto di vista tale dovere non suscita incertezze, meno semplice è chiarire se la regola che consente di concedere finanza solo in presenza di capacità restitutoria possa discendere, oltre che dai principi di sana e prudente gestione dell’impresa erogante, dall’esigenza di salvaguardare gli stessi soggetti sprovvisti di merito creditizio, la cui situazione potrebbe aggravarsi a seguito della concessione di un nuovo finanziamento (si pensi, solo per fare un esempio, ad un prestito destinato a ripagare un preesistente debito, procastinandone la scadenza ma aggravandone l’onerosità a motivo dei più elevati tassi di interesse).

Tale questione si pone in modo particolare nel caso dei soggetti che, per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta, richiedano finanziamenti destinati a soddisfare (a debito) il proprio bisogno di beni e servizi. A favore di questi soggetti, che la legge stessa denomina “consumatori”, l’ordinamento ha introdotto infatti una serie di disposizioni miranti alla loro protezione, tra le quali (anche) quella, contenuta nell’art. 124-bis t.u.b., che impone al finanziatore – prima di concedere credito ad un consumatore e prima di procedere ad un incremento significativo del prestito già concesso – di valutarne il merito creditizio, avvalendosi delle informazioni desumibili da una pertinente banca dati oltre che di quelle fornite dallo stesso consumatore.

Più di questo la norma però non dice.

2. A fronte di questi esigui contenuti, la dottrina si è divisa in merito alle presumibili finalità dell’obbligo previsto dall’art. 124-bis t.u.b. Essendovi difatti chi ne esclude la valenza sul piano del rapporto tra consumatore e soggetto finanziatore, reputando cioè l’obbligo di verifica del merito creditizio un fatto solo pubblicistico di sana e prudente gestione(1); e chi all’opposto sostiene che il diligente banchiere dovrebbe astenersi dall’erogare credito in mancanza di merito creditizio(2), potendo in tal caso la concessione di nuovo credito determinare conseguenze a discapito del consumatore (come succederebbe, ad esempio, al debitore costretto a liquidare a prezzo vile la propria abitazione a causa di un nuovo debito ab origine chiaramente insostenibile; ovvero al debitore che abbia visto aggravare la propria situazione economica per effetto di nuovi finanziamenti particolarmente onerosi, concessi al solo scopo di coprire precedenti esposizioni verso il medesimo finanziatore; o ancora all’indebitato che abbia visto la propria situazione aggravata da nuovi finanziamenti destinati ad agire da moltiplicatore di precedenti poste di debito laddove, ricevuta la somma, l’abbia subito impiegata per saldare altri debiti a breve, verso precedenti creditori, sostituendoli con altri a più lunga scadenza ma più onerosi; e così via discorrendo).

Ma pur ammettendo che tra le due tesi ad essere preferita debba essere quella che ritiene la valutazione del merito creditizio funzionale alla tutela degli interessi (anche) del debitore, i vantaggi che ne discenderebbero per il consumatore rimarrebbero tuttavia incerti, non prevedendo la nostra disciplina esplicite sanzioni per l’ipotesi della violazione dell’obbligo in questione. A differenza di quanto non accada in altri paesi, nel nostro ordinamento non si rinvengono infatti disposizioni speciali, quali in particolare quelle di messa nel nulla, anche solo parziale, delle operazioni di finanziamento concesso in modo irresponsabile(3). Né una sufficiente protezione discenderebbe a favore del consumatore ove anche si ammettesse l’annullamento del contratto di finanziameno, bastando pensare, a riprova, al caso in cui il creditore, accertata l’invalidità del contratto, agisca immediatamente per la restituzione delle somme erogate. Non restando perciò altra soluzione, a fronte di un’erogazione in violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio, se non l’ipotesi del risarcimento del danno.

3. Che l’erogazione di un credito possa determinare un danno in capo al soggetto finanziato è questione però tutt’altro che semplice da indagare, che la dottrina ha da parte sua approfondito, dividendosi, con riguardo all’analogo caso del finanziamento alle imprese insolventi. Con riferimento a questo caso, infatti, mentre alcuni sostengono che l’erogazione di credito potrebbe danneggiare (solo e soltanto) i terzi in rapporto con il beneficiario del finanziamento, altri ritengono invece che il finanziamento potrebbe danneggiare (o meno) l’impresa insolvente a seconda della destinazione (proficua, o meno) delle somme concesse in finanziamento (4).

Seguendo questo secondo modo di vedere, il discorso potrebbe allora essere lo stesso anche qualora il finanziamento sia stato erogato a favore di un consumatore; nel senso, cioè, che anche in questo caso dovrebbe essere possibile ipotizzare tanto un utilizzo astrattamente proficuo delle somme erogate (come potrebbe essere nel caso di una somma utilizzata per il pagamento di improcastinabili cure mediche o anche, per rimanere sul piano strettamente patrimoniale, di lavori urgenti per impedire il crollo di una casa) quanto un impiego per l’acquisto di cose futili (come ad esempio nel caso del finanziamento destinato al pagamento di una vacanza o all’ingiustificato acquisto di un bene di gran lusso).

Potendosi quindi in conclusione immaginare, con riferimento al finanziamento destinato a quest’ultimo tipo di impiego, che il finanziatore fosse a conoscenza della “futilità” finale, e di conseguenza anche sostenere – in presenza di un mutuatario che versi in condizione economica precaria – la censurabilità della condotta dello stesso finanziatore per aver irresponsabilmente concorso ad aggravare la situazione del debitore (5).

 

Intervento di Francesco SALERNO, Avvocato, è partner responsabile del settore legale di Studio Associato (KPMG)

 


(1) D. MAFFEIS, Molteplicità delle forme e pluralità di statuti del credito bancario nel mercato globale e nella società plurale, in Nuove leggi civ. comm., 2012, 730; L. MODICA, Profili giuridici del sovraindebitamento, Napoli, 2012, 279. V. anche, se pur con riferimento a prima del recepimento della Direttiva 2008/48/CE, A. MIRONE, L’evoluzione della disciplina sulla trasparenza bancaria in tempo di crisi: istruzioni di vigilanza, credito al consumo, commissioni di massimo scoperto, in Banca, borsa tit. cred., 2010, I, 592-3.

(2) R. DE CHIARA, Commento all’art. 124-bis, in Commentario al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia3, diretto da F. Capriglione, tomo III, Padova, 2012, 1873; A. NIGRO, Linee di tendenza delle nuove discipline di trasparenza. Dalla trasparenza alla “consulenza”?, in Dir. banc. merc. fin, 2011, 19; E. PELLECCHIA, Dall’insolvenza al sovraindebitamento, Torino, 2012, 91; A.A. DOLMETTA, Trasparen¬za dei pro¬dot¬ti bancari. Regole, Bologna, 2013, 124. V. anche la decisione del Collegio di Roma dell’Arbitro Bancario Finanziario del 20 agosto 2013, n. 4440, rinvenibile in www.arbitrobancariofinanziario.it.

(3) Ad esempio, in Francia il Code de la consommation, all’art. L311-48, stabilisce il venir meno, in tutto o in parte, del diritto del finanziatore agli interessi in caso di mancata valutazione del merito creditizio oltre che di omessa comunicazione al consumatore delle informazioni obbligatorie fornite in sede precontrattuale; in Svizzera, la Loi Federale sur le crédit à la consommation impone ai finanziatori di erogare credito in maniera responsabile prevedendo, per le violazione più gravi, che il creditore «perd le montant du crédit qu’il a consenti, y compris les intérêts et les frais» e per quelle meno gravi che «il ne perd que les intérêts et les frais»; in Sud Africa, il National credit Act 34/2005 prevede, in caso di finanziamenti concessi in modo temerario, la facoltà del giudice di disporre, anche d’ufficio, la sospensione dell’effeciacia del contratto di credito con conseguente interruzione dei pagamenti e del decorso degli interessi.

(4) Cfr. Trib. Monza, 31 luglio 2007, in Banca, borsa tit. cred., II, 375, con commento di F. Di Marzio, ed in dottrina, L. STANGHELLINI, Il credito “irresponsabile” alle imprese e ai privati: profili generali e tecniche di tutela, in Società, 2007, 401.

(5) Sia consentito rinviare, per una più compiuta argomentazione della tesi, a F. SALERNO, La prevenzione del sovraindebitamento nel credito al consumo, Pisa, 2017, 143 ss.

 

  • Commento Utente

    RobertoD.

    Complimenti e bell’articolo sul tema. Volevo capire su uno specifico, qualora il finanziamento comporti l’indebitamento tale da portare la persona sotto la soglia del “minimo vitale” (assegno sociale * 1,5), non vi sono gli estremi per impugnare la cosa presso un tribunale eventualmente avvalendosi della legge 3/2012 relativa alla tutela del sovraindebitamento incolpevole (il caso specifico è di un pensionato)?

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