di Cristiano ROMAGNOLI
Introduzione
Dopo aver analizzato il significato e le principali tecniche di Earnings Management, questo secondo approfondimento si concentra sul suo lato oscuro: quando la gestione dei risultati sconfina nella frode contabile e genera rischi giuridici e penali per imprese e banche.
Nel precedente contributo (“Earnings Management e accesso al credito delle PMI: significato, tecniche e impatti”)(1) si è approfondito il fenomeno dell’Earnings Management nelle sue forme lecite, evidenziandone le motivazioni economiche e le implicazioni sul merito creditizio delle imprese.
Con il presente approfondimento si entra invece nella seconda parte del percorso, dedicata agli aspetti patologici e fraudolenti dell’Earnings Management, analizzando i profili di rischio e le potenziali fattispecie di reato che possono emergere tanto per le imprese, quanto per gli intermediari finanziari che non adottano un’adeguata attività di controllo e valutazione.
Earnings Management frodatorio e profili di rischio – Reato per le imprese
Il fenomeno dell’insolvenza, disciplinato dal CCII, è definito come una condizione irreversibile in cui versa l’impresa debitrice, la quale non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Prima di proseguire è necessaria una postilla: le banche, ai fini della sana e prudente gestione, monitorano l’evoluzione del merito di credito delle aziende clienti per il tramite di sistemi di rating: questi sono dei giudizi alfanumerici inversamente proporzionali al rischio di credito (ovvero d’insolvenza) della controparte (migliore è il rating e minore è il rischio d’insolvenza, ovvero di credito).
Nella prassi le banche, in compliance con quanto introdotto dall’IFRS 9 (in sostituzione del precedente IAS 39), classificano il proprio portafoglio crediti secondo quando previsto dal “Three buckets approach”(2):
- STAGE 1, crediti “performing” (con scaduto entro i 30 gg) per i quali è indubbia la bontà del merito creditizio della controparte. Sono qui classificati gli strumenti finanziari non soggetti ad un significativo aumento del rischio di credito rispetto alla data d’origination e/o gli strumenti finanziari “low credit risk” alla data di reporting; la perdita attesa (in compliance con quanto previsto dal principio) è calcolata su un orizzonte temporale di 12 mesi;
- STAGE 2, crediti “underperforming” (con scaduto oltre i 30gg ma non oltre i 90gg), ovvero gli strumenti finanziari che hanno subito un deterioramento significativo del credit risk rispetto alla data d’origination; sono inoltre contabilizzate tutte le perdite presunte per tutta la vita del credito, passando dalla perdita attesa calcolata sull’orizzonte annuale ad una stima che considera tutta la maturity residua del finanziamento e con l’adozione delle stime forward-looking per il calcolo della perdita attesa lifetime (includendo anche le principali variabili macroeconomiche quali PIL, tasso di disoccupazione, inflazione, ecc.). Sono qui incluse le esposizioni classificate “forborne”, ovvero quelle alle quali sono state concesse modifiche alle condizioni contrattuali originarie o si è proceduto al rifinanziamento totale o parziale a causa delle difficoltà del debitore. Visto dunque che le difficoltà finanziarie suddette identificano un significativo downgrade del credit risk, la classificazione in bonis nella categoria forborne è condizione valida e sufficiente per il passaggio a stage 2; ergo è sufficiente che lo strumento finanziario sia classificato come “forborne exposure” per il trasferimento del rischio di credito(3); qualora invece il sistema di monitoring evidenzi il venir meno del deterioramento, l’esposizione forborne può essere trasferita da stage 2 a stage 1, pur rimanendo vigenti i requisiti minimi per la permanenza nella categoria (probation period(4));
- STAGE 3, sono qui classificati gli strumenti impaired (scaduto oltre i 90gg), ovvero crediti la cui perdita attesa è rilevata con una prospettiva lifetime ma, a differenza dello stage 2, il calcolo della perdita attesa è analitico e sono le cd. «Non Performances Exposures-NPE», ovvero esposizioni non performanti (definizione allineata a quelle emanate dall’European Banking Authority nelle note tecniche di attuazione, le cd. Implementing Technical Standard-ITS, relative alle segnalazioni di vigilanza approvate dalla Commissione Europea il 9 gennaio 2015); queste sono attività finanziarie con obiettive evidenze di perdita alla data di bilancio (esposizioni deteriorate verso soggetti non in grado di adempiere in tutto o in parte alle obbligazioni contrattuali).
Ecco che col deterioramento del merito creditizio dell’impresa crescono i profili di rischio, fino al concretizzarsi degli stessi (e dei reati) nel caso d’insolvenza della richiedente (e facendo emergere il fraudolent accounting); oltre alla non conformità verso i principi contabili sopramenzionati, si ravvisano ulteriori potenziali rischi e/o profili di illecito tra cui, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
- Ricorso abusivo al credito, ai sensi dell’art. 325 del CCII;
- Il reato di bancarotta fraudolenta ex art. 322 del CCII e dell’insolvenza (come recentemente affermato dalla sentenza della Suprema Corte(5));
- False comunicazioni sociali ai sensi dell’art. 2621 e segg. Codice civile.
A questo si aggiunge inoltre la responsabilità ex art. 2086 del Codice civile già menzionato in precedenza: la giurisprudenza è infatti concorde sulla responsabilità personale dell’amministratore (che dunque risponde anche col proprio patrimonio) nel caso in cui non si doti di un sistema di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, ed ipotizzando queste fattispecie:
- Responsabilità verso la società, ai sensi dell’art. 2392 del Codice civile;
- Responsabilità verso i creditori sociali, ai sensi dell’art. 2394 del Codice civile;
- Eventuali azioni di responsabilità in caso di procedura concorsuale, ai sensi dell’art. 2394 – bis del Codice civile.
A tutto quanto sopra menzionato si aggiunge, limitatamente alle società, i reati di cui agli art. 24, 25-ter e 25-octies ai sensi del D.lgs. 231/2001.
È doveroso infine evidenziare ulteriori e specifici profili di reato nei casi in cui la finanza sia assistita dalle agevolazioni pubbliche ed in particolare dalle garanzie: questo perché l’ampio utilizzo delle suddette da parte di banche (al fine del capital saving) e imprese (con lo scopo di migliorare il loro accesso al credito), soprattutto dallo scoppio della pandemia di Covid19, ha stimolato il regolatore pubblico a creare una vera e propria task force per la corretta gestione delle stesse, composta da:
- Ministero dell’Economia e delle Finanze;
- Ministero dello Sviluppo Economico;
- Banca d’Italia – Eurosistema;
- Mediocredito Centrale (in qualità di ente gestore del Fondo di Garanzia PMI);
- SACE;
- Associazione Bancaria Italiana.
I players di cui sopra costituiscono un vero e proprio apparato di vigilanza su quello che può essere definito il “sistema di garanzia pubblica nazionale”, oggi composto principalmente da quattro players:
- Fondo di Garanzia PMI (L. 662/96), lo strumento agevolativo con anzianità quasi trentennale, molto conosciuto e probabilmente il più utilizzato;
- Istituto per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), dedicate alle imprese del settore primario;
- SACE, con le sue garanzie quali Archimede, Futuro, ecc.;
- Cassa Depositi e Prestiti (che opera come organismo di “secondo livello”, rilasciando garanzie e operando in regime di controgaranzia con organismi europei, quali il Fondo Europeo per gli Investimenti ad esempio).
Il legislatore, compresi i legami dell’attività bancaria con la finanza pubblica, ha infatti manifestato la necessità e l’interesse di dover trattare l’aspetto, per il tramite di apposite norme e contratti(6): nel caso in cui la provvista sia oggetto di qualsiasi facilitazione concessa dallo Stato (ovvero da qualsiasi ente pubblico, ovvero dall’Unione Europea), l’impresa richiedente può incorrere, ad esempio:
- nell’indebita percezione di fondi pubblici (qualora il finanziamento sia assistito da una qualunque forma di supporto pubblico) ottenuta grazie a documenti non corrispondenti al vero e dunque il concretizzarsi del reato ex art. 316-ter Codice penale (salvo che il fatto non costituisca il reato ex art. 640-bis, ovvero Truffa aggravata), nonché
- nella revoca dell’agevolazione.
È facile dunque comprendere come i profili di rischio e di potenziale reato siano tutt’altro che remoti ma anzi tremendamente reali, tanto per le imprese, quanto per le persone fisiche che la rappresentano e la governano.
Profili di Rischio ed implicazioni delle politiche di EM per le banche
Le politiche di EM non generano esternalità negative solo per le imprese che le attuano, ma anche per coloro che apportano capitale di debito, ovvero banche ed intermediari finanziari in particolare.
Quali sono dunque i potenziali rischi e/o profili di illecito per l’istituto che non riesce ad individuare eventuali politiche di EM dell’azienda richiedente? Si ricordi anzitutto che l’intermediario deve operare con la diligenza del buon banchiere (ovvero la diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1176 Codice civile) nello svolgere l’attività caratteristica, nonché garantire la sana e prudente gestione (come disciplinato dal Testo Unico Bancario). Nel caso in cui questa diligenza non venga applicata (evidenziabile, come poc’anzi detto, in sede giudiziale e/o in sede di ispezione da parte dell’Autorità di Vigilanza), a titolo esemplificativo e non esaustivo, si ravvisano codeste fattispecie:
- la concessione abusiva di credito e dunque la violazione di:
- art. 5 TUB, poiché la concessione abusiva di credito è in palese contrasto con la sana e prudente gestione dell’intermediario;
- art. 53 TUB, poiché la concessione abusiva di credito espone inevitabilmente ad inadeguatezza patrimoniale e viola il contenimento del rischio;
- l’errata valutazione del merito creditizio e dunque potenziali profili sanzionatori rispetto agli artt. 120-undecis e 124-bis TUB; seppur i suddetti articoli (rispettivamente al Titolo VI, Capo I-bis e Capo II) siano rivolti al credito ai consumatori, è doveroso evidenziare come lo stesso merito di credito debba essere verificato e valutato anche e soprattutto per le controparti imprese, come ampiamente ribadito più volte da Banca d’Italia (anche recentemente(7)) la quale, tra le altre cose, dispone di un proprio sistema interno di valutazione del merito creditizio delle imprese(8):
- la violazione ex art. 137 TUB comma 2 nel caso in cui vengano omesse segnalazioni di dati, o diffusi dati falsi, o vengano omesse informazioni rilevanti ai fini della concessione;
- la violazione della Circolare n. 285 del 17 settembre 2013 emanata da Banca d’Italia, in merito alla gestione dei rischi ed al sistema dei controlli interni (i quali devono vigilare sulla sana e prudente e gestione dell’intermediario, evidenziare difformità rispetto a quanto previsto dall’Autorità di Vigilanza e segnalando opportunamente agli organi preposti);
- la violazione delle Linee Guida di Origination e Monitoraggio emanate da European Banking Authority(9), in merito alla valutazione del merito creditizio (quest’ultimo evidentemente assente poiché, diversamente, non vi sarebbe concessione abusiva).
Nel caso in cui il credito abbia come sottostante una garanzia pubblica, si ravvisano ulteriori profili di attenzione ed in particolare:
- l’art. 47 TUB, il quale disciplina i finanziamenti agevolati e la gestione dei fondi pubblici;
- le Disposizioni Operative dei principali strumenti di garanzia pubblica quali il Fondo Centrale di Garanzia (L. 662 del 1996) e SACE (con i suoi vari strumenti).
Nel caso in cui infatti l’impresa richiedente affronti una procedura concorsuale (financo la Liquidazione Giudiziale), la giurisprudenza è concorde sulla responsabilità del banchiere che, operando in assenza della buona diligenza caratteristica(10) e concedendo credito per la sola presenza di un collateral, ritarda il dissesto (già conclamato e desumibile da una corretta analisi del merito creditizio) dell’impresa.
Quanto sopra evidenziato espone infatti la banca finanziatrice a profili di rischio vari, tra cui:
- L’impossibilità di insinuarsi al passivo in caso di procedura;
- La nullità del mutuo(11);
- Il pagamento delle spese e il risarcimento(12);
- L’inefficacia e la revoca della garanzia (come previsto dalla Parte VII, lettere A e B delle Disposizioni Operative già menzionate) nonché l’obbligo dell’intermediario di stanziare adeguato capitale a copertura.
A prescindere dunque che il credito sia garantito o meno, l’ente finanziatore deve operare sempre in modo diligente, assicurando la sana e prudente gestione dell’impresa bancaria e prestando ancor più attenzione nel caso in cui la finanza concessa abbia come sottostante un’agevolazione pubblica (visti gli ulteriori profili di rischio/illecito che possono nascere da un’errata gestione della stessa).
to be continued 2/3
Intervento di Cristiano ROMAGNOLI | Senior Corporate Relationship Manager in Illimity Bank
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Romagnoli C. (2025), Earnings Management e accesso al credito delle PMI: significato, tecniche e impatti – Risk & Compliance Platform Europe, www.riskcompliance.it
(2) La definizione del suddetto modello è contenuta nel documento della IFRS Foundation, “Impairment: Three bucket approach”, giugno 2011
(3) Metelli F., La classificazione dei crediti nel regime IFRS 9: impatto sulle valutazioni creditizie, Amministrazione & Finanza n. 12, 2016.
(4) La rilevazione di un credito forborne dà avvio all’attività di monitoraggio, con la possibilità d’uscita dal suddetto stato previa osservazione almeno biennale di permanenza in forborne ed un anno per le esposizioni non performing.
(5) Sentenza n. 7816 del 26 febbraio 2025.
(6) Art. 47 comma 2 del Testo Unico Bancario, D.lgs. 385 del 1 settembre 1993, aggiornato alla Legge n. 238 del 23 dicembre 2021, Roma.
(7) Report sulla Stabilità Finanziaria, Banca d’Italia – Eurosistema, Roma, 29 aprile 2025.
(8) Banca d’Italia, Il sistema interno della Banca d’Italia per la valutazione del merito di credito delle imprese, In-house Credit Assessment System.
(9) EBA, Guidelines on loan origination and monitoring
(10) Tribunale di Piacenza (Sentenza del 8.1.2025), il quale ha rigettato l’opposizione allo stato passivo promossa da un intermediario, sul presupposto che il finanziamento, garantito MCC, era stato erogato in violazione della prudente valutazione del merito creditizio e quindi da ritenersi nullo.
(11) Suprema Corte (Sentenza n. 26248 del 8.10.2024), la quale afferma la nullità del contratto di mutuo (per contrarietà a norme operative di carattere penale) per inadeguata valutazione del merito creditizio.
(12) Tribunale di Napoli (Sentenza n. 381 del 27.12.2024), con obbligo risarcimento danni da parte della banca nel caso in cui questa dovesse erogare credito (sfruttando la garanzia pubblica) ad un soggetto incapace di rimborsare ed al fine di consolidare una propria esposizione, sfruttando la garanzia pubblica.




