whistleblowing eutanasia

Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: sentenza whistleblowing e eutanasia

14 aprile 2021

di František NONNEMANN

La Corte europea dei diritti dell’uomo: sei principi per la protezione degli informatori (whistleblower).

Gli Stati membri dell’Unione Europea sono obbligati a recepire la Direttiva 2019/1937 – sulla Protezione delle Persone che segnalano violazioni del Diritto della UE(1) – entro il 17 dicembre 2021.

Per molti Stati membri si tratterà del primo Regolamento Generale sul Whistleblowing, pertanto, la relativa giurisprudenza diventa molto importante ai fini della sua interpretazione.

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU o ECHR, European Court of Human Rights) si è recentemente pronunciata su un caso di whistleblowing (denuncia di irregolarità) relativa alla divulgazione dei sospetti di un dipendente verso un suo collega.

La decisione della Corte contiene sei principi fondamentali per la protezione degli informatori (whistleblower) durante l’intero processo di segnalazione delle irregolarità (whistleblowing).

La Corte ha esaminato:

  • se e quando l’informatore (whistleblower) è obbligato ad utilizzare i canali interni – messi a disposizione dal datore di lavoro o dall’organizzazione -; e
  • l’obbligo dell’informatore di verificare il più accuratamente possibile i suoi timori/sospetti prima di procedere alla divulgazione/pubblicazione dei suoi sospetti.

UNA DENUNCIA PENALE PER ACCUSARE IL COLLEGA DI EUTANASIA ATTIVA

Il caso, molto recente, è noto come “Gawlik contro il Liechtenstein”(2) e riguarda la denuncia penale con accusa ad un collega di praticare l’eutanasia attiva.

Il ricorrente Lothar Gawlik ê un cittadino tedesco che, al momento dei fatti, era vice primario del dipartimento di Medicina all’Ospedale Nazionale del Liechtenstein. Il dott. Gawlik si era insospettito, in base alle informazioni del sistema elettronico dell’ospedale, sul fatto che il primario e suo superiore praticasse azioni di eutanasia attiva su alcuni ricoverati – pratica vietata nello stato del Liechtenstein. Il dottore, a suo tempo, ha deciso:

  • di non avvalersi del sistema di whistleblowing (segnalazione di irregolarità) presente in Ospedale e,
  • di non verificare i suoi sospetti attraverso, per esempio, la verifica delle cartelle cliniche cartacee conservate dall’Ospedale;

Invece, ha direttamente informato dei suoi sospetti il Presidente della Commissione di Controllo del Parlamento del Liechtenstein e 2 giorni dopo, la polizia.
Il ricorrente è stato sospeso dall’incarico pochi giorni dopo l’inizio delle indagini. L’Ospedale ha chiesto ad un esperto medico esterno di esaminare la questione e, l’esperto ha concluso che era da escludere la pratica dell’eutanasia attiva sui 10 pazienti indicati. Alla luce di questa conferma, l’Ospedale ha licenziato il dottor Gawlik.

Il ricorrente ha impugnato il licenziamento di fronte al tribunale del Liechtenstein e ha chiesto il risarcimento per la perdita dello stipendio e per danni patrimoniali e non patrimoniali aggiuntivi. Nei successivi gradi di giudizio, anche la Corte Suprema ha dato torto a Gawlik e respinto le sue richieste con la motivazione che Gawlik non aveva adottato nessuna ulteriore azione per verificare i suoi gravissimi sospetti e, anzi, aveva fin da subito coinvolto soggetti terzi (il Presidente della Commissione del Parlamento e la polizia). Questo suo comportamento ha intaccato seriamente il rapporto di fiducia con l’Ospedale – suo datore di lavoro – e, quindi il licenziamento era sicuramente giustificato.

I 6 CRITERI FONDAMENTALI INDICATI DALLA CEDU PER LA PROTEZIONE DEI WHISTLEBLOWER

Il dottor Gawlik si è quindi rivolto alla CEDU (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) affermando che il suo licenziamento – derivante dalla sua denuncia penale – costituiva un’interferenza con il diritto alla libertà di espressione sancito dall’art. 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo(3).

La CEDU elenca 6 principi fondamentali per valutare la proporzionalità dell’interferenza con la libertà di espressione riconosciuta al whistleblower interno (dipendente) in questione.

Quali sono questi criteri minimi e come si declinano in questo caso specifico?

 Interesse pubblico per le informazioni divulgate

Occorre in primo luogo valutare la natura e l’importanza dell’interesse pubblico in questione.

La CEDU afferma che i sospetti di eutanasi attiva ripetutamente praticata nonché il rischio che questi reati si potessero ripetere, sono da considerarsi di notevole interesse pubblico.

✓  Autenticità delle informazioni divulgate

La CEDU evidenzia che la libertà d’espressione comporta doveri e responsabilità e che chiunque decida di divulgare informazioni deve verificare attentamente, per quanto possibile, accuratezza e affidabilità delle informazioni stesse.

Il ricorrente, in questo specifico caso, non lo ha fatto. E, sebbene consapevole del fatto che il sistema elettronico dell’Ospedale non contenesse le cartelle cliniche complete, non ha neppure provato a verificare la veridicità dei suoi sospetti.

✓  Danno causato al datore di lavoro

Un altro punto importante riguarda i danni causati al datore di lavoro in seguito alla divulgazione delle informazioni sospette.

La CEDU riconosce il notevole interesse pubblico del caso specifico; ma, d’altra parte, il ricorrente non ha minimamente verificato i suoi sospetti e l’interferenza con il suo ex datore di lavoro e con i suoi diritti superiori è stata, quindi, sproporzionata.

✓  Esistenza e utilizzo di canali alternativi per la segnalazione delle irregolarità (whistleblowing)

L’esistenza e la priorità di utilizzo di canali interni di whistleblowing è un criterio molto interessante dal punto di vista del processo di segnalazione delle irregolarità. Occorre pertanto valutare se il whistleblower si sia rivolto al proprio superiore con il sospetto di attività illecite, o comunque abbia informato il proprio datore di lavoro con altri mezzi. Ovviamente, questo criterio, non si applica nel caso in cui l’informatore abbia forti indicazioni che l’infrazione sia stata commessa con la conoscenza o, peggio, sotto la guida del top management dell’organizzazione.

In questo caso, il ricorrente sospettava il suo superiore di un’attività illegale, quindi è abbastanza comprensibile che volesse riferirgli il sospetto. D’altra parte, è stato istituito un canale di segnalazione interno gestito dall’Ospedale per ricevere le segnalazioni anche in maniera anonima. Il richiedente non ha utilizzato il canale ufficiale, né ha informato i vertici dell’Ospedale.

La CEDU ribadisce che in generale è consigliabile utilizzare in primis il canale di segnalazione interna o segnalare i sospetti direttamente al vertice aziendale. Non c’è stato però alcun chiarimento sul fatto che i dipendenti fossero stati adeguatamente informati sull’utilizzo dei canali interni di whistleblowing e sulla possibilità esistente di presentare segnalazioni anonime. Per questo motivo, la CEDU non ha valutato questo punto ed ha lasciato ai Tribunali Nazionali il compito di prendere una decisione in merito.

✓  Motivazione del whistleblower

Nel decidere se le azioni del whistleblower godano di protezione, è importante considerare qual è la sua motivazione. La CEDU  rammenta la vendetta personale o, al contrario, il perseguimento di un vantaggio personale derivante dalla pubblicazione di una notizia come esempi di una condotta che non gode di alcun tipo di protezione legale. In linea di principio, solo l’azione (di whistleblowing) condotta in buona fede dovrebbe beneficiare della protezione legale.

Per quanto riguarda la motivazione del ricorrente, la CEDU ha ritenuto che né nei procedimenti giudiziari nazionali, né nei procedimenti della CEDU, fossero state riscontrate circostanze che potessero indicare la motivazione personale.

✓  Gravità della sanzione

Anche la gravità della sanzione inflitta al richiedente è un aspetto importante.

Il licenziamento del ricorrente, ai sensi del diritto del lavoro è, secondo la CEDU, la sanzione più pesante possibile. In questo caso specifico, la sanzione ha determinato che il ricorrente e la sua famiglia abbandonassero il Liechtenstein perché un cittadino straniero senza lavoro perde automaticamente il permesso di soggiorno.

NESSUNA VIOLAZIONE DELLA CONVENZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO

In base ai criteri sopra riportati e alla loro applicazione nel caso Gawlik contro il Liechtenstein, la CEDU ha concluso che non vi è stata alcuna violazione del diritto del ricorrente alla libertà di espressione. La CEDU ha riscontrato che sebbene il ricorrente avesse agito in buona fede, non ha nemmeno mai tentato di verificare la veridicità dei suoi gravi sospetti e ha deciso, invece, di rivelarli ad altre persone. Infine, la CEDU ha affermato che l’interferenza nel diritto del ricorrente alla libertà di espressione era legittima e proporzionata e quindi non vi è stata alcuna violazione dell’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

QUADRO INTERPRETATIVO PER LA FUTURA REGOLAMENTAZIONE DEL WHISTLEBLOWING

La legislazione generale in materia di whistleblowing (denunce di irregolarità) sarà una novità in molti Stati membri dell’UE. Per questo motivo, la giurisprudenza della CEDU potrebbe essere importante, tra le varie fonti, per l’interpretazione di alcuni strumenti giuridici previsti nella nuova Direttiva.

C’è poi anche la questione del Regolamento sulla Tutela degli Informatori previsto dall’articolo 6 della Direttiva. Le condizioni per l’applicazione della tutela degli informatori al dipendente in questione – dott. Gawlik – sono state indicate nell’art. 15 della relazione pubblicata; e dove si afferma che le sanzioni pecuniarie sono applicabili alle persone che hanno consapevolmente segnalato o divulgato pubblicamente informazioni false come richiesto dall’articolo 23 della Direttiva. In questo caso specifico, diversi aspetti o domande sono commentati e vanno considerati, specialmente per quanto riguarda il peso dell’interesse pubblico protetto, l’autenticità delle informazioni divulgate e la precedenza nell’utilizzo di canali di segnalazione interna.

Il caso della CEDU e la riflessione che ne è derivata costituiscono le basi, dal punto di vista pratico, per un’applicazione legittima, equa e prevedibile dei principi di protezione del whistleblower.

 

Intervento di František NONNEMANN, Compliance e Operational Risk Manager c/o la fintech MallPay nonché autore per la Piattaforma ceca e slovacca di Risk & Compliance

 


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   Direttiva (UE) 2019/1937 – Protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione,   23 ottobre 2019

(2)   Corte Europea dei Diritti dell’Uomo – Caso Gawlik contro il Liechtenstein,  16 febbraio 2021

(3)   Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

 



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