Il Partenariato Pubblico-Privato (in breve “PPP”) rappresenta oggi uno degli strumenti strategici più promettenti. Come già ho avuto modo di illustrare anche in un precedente articolo(1), lo strumento non deve essere considerato unicamente come leva finanziaria, ma come spinta per l’innovazione, la sostenibilità e il coinvolgimento attivo di attori privati nella promozione del benessere sociale.
PPP e impianti sportivi: un’opportunità per innovazione e sostenibilità
Un esempio di impiego di tale strumento, può essere la gestione degli impianti sportivi comunali, i quali sono spesso al centro di dinamiche complesse (strutture obsolete, costi di gestione elevati, scarsa attrattività per gli investitori) o oggetto di malagestione protratta negli anni; una situazione dove la pubblica amministrazione, spesso proprietaria degli immobili, ha difficoltà a rientrare velocemente in possesso degli stessi e, dove accade, è costretta ad intervenire economicamente per ripristinare l’impianto, drenando risorse che potevano essere impiegate in altri capitoli di spesa.
Considerando l’alto valore dello sport in termini di benefici non solo per il singolo individuo, ma anche per la comunità (si pensi allo sport come strumento per ridurre le spese sanitarie), lo strumento del PPP può essere utilizzato per riqualificare, gestire e valorizzare questi spazi.
In tal senso, nel predisporre un progetto di PPP, sarà importante la realizzazione di un Piano Economico Finanziario che evidenzi anche inclusi i flussi di cassa attesi. Tale piano risulta utile per la fase valutativa del contratto di PPP che, tra le sue principali caratteristiche, ha quello di “spostare” il rischio economico e operativo sul soggetto privato (realizzazione dell’opera, gestione e recupero dell’investimento attraverso le quote pagate dall’utenza, ecc). Tuttavia, affinché tali progetti siano realmente sostenibili, è necessario affrontare una questione spesso sottovalutata: la governance.
Governance e fattori ESG: la “G” come bussola nei progetti di PPP
Infatti, nel trattare i temi sulla sostenibilità spesso si considera la tematica ambientale e sociale, relegando ad aspetti marginali la terza “anima” dei fattori ESG (Environmental, Social, Governance), ossia la lettera “G”, che, sotto alcuni aspetti, dovrebbe essere piuttosto considerata come la “bussola” della responsabilità sociale dell’impresa, in quanto parte fondamentale a supporto delle scelte di investimento del management, capace di infondere nell’impresa quella capacità di affrontare le sfide della complessità, dell’incertezza e del cambiamento.
Nel trattare la governance la si deve considerare anche come una vera e propria cultura organizzativa, che deve permeare gli enti privati sia profit che non profit. Inoltre, poiché parti attive nello strumento del PPP sono un ente concedente (soggetto pubblico) e uno o più operatori economici privati, non si possono non considerare le possibili infiltrazioni della criminalità all’interno dei bandi pubblici attraverso meccanismi di mimetizzazione legale. In tal senso, il legislatore nazionale ha sicuramente conferito all’attore pubblico una serie di strumenti utili a contrastare e identificare eventuali comportamenti illegali, ma al tempo stesso, proprio la mimetizzazione legale della criminalità organizzata può compromettere la funzionalità di tali strumenti investigativi, incapaci di individuare quelle fattispecie formalmente legali, ma sostanzialmente frutto di attività illecite.
Per questi motivi, per gli operatori privati la governance può essere considerata un fattore competitivo (non solo all’interno di un rapporto di Partenariato Pubblico – Privato), in quanto testimonianza della serietà dell’impresa stessa. Non a caso, forte è il legame tra i fattori ESG e il modello 231/01 che risulterebbe essere un prezioso strumento di “compliance sostenibile”, considerando che vi sono numerosi reati presupposto di cui al D.Lgs. 231/2001 rilevanti ai fini ESG, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo: i reati ambientali, reati commessi nei rapporti con la PA, delitti contro l’industria e il commercio, etc.
Una governance solida consentirebbe all’impresa di migliorare le relazioni stabili con la Pubblica Amministrazione oltre a:
- una gestione dei rischi proattiva, al fine di prevenire il rischio di commettere reati ambientali o fraudolenti;
- una capacità di attrazione di investitori istituzionali e fondi ESG-oriented in quanto l’adozione di buone pratiche (ergo modello 231/01) rafforza la reputazione e la fiducia nell’impresa (un esempio è la dismissione degli investimenti dei fondi pensione olandesi dalle società statunitensi perché non “abbastanza ESG”);
- meccanismi di controllo interno;
- dimostrare conformità alle normative anticorruzione.
Governance e modello 231/01: una sfida per profit ed enti non profit
Similmente, la tematica riguarderebbe anche il mondo non profit che, anche se a lungo inteso come detentore di obiettivi distanti dal mondo aziendale, sta invece convergendo velocemente verso il mondo profit anche a seguito delle nuove normative in tema di sostenibilità. Si consideri ad esempio la possibile applicabilità dell’articolo 2086 del Codice Civile (dovere, per l’imprenditore, di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa) anche per gli Enti del Terzo Settore, in quali spesso si stanno adeguando al modello 231/01 che, come per il mondo profit, rimane ad oggi uno strumento la cui adozione è su base volontaria, seppur consigliata. Nel caso della gestione degli impianti sportivi, gli Enti del Terzo Settore sono spesso protagonisti della gestione per finalità sociali e pertanto si potrebbero trovare privi di un sistema di governance robusta, fattispecie dovuta spesso alla loro ridotta organizzazione interna. Adottare un modello 231/01 o quantomeno “investire” nella lettera “G” dei fattori ESG permetterebbe loro di crescere, abbandonando la struttura organizzativa basilare che spesso li contraddistingue e che spesso risulta essere alla base di:
- rischi di inefficienza gestionale;
- conflitti di interesse;
- vulnerabilità rispetto a comportamenti illeciti o non etici.
Pertanto, in un contesto di un rapporto di Partenariato Pubblico – Privato, dove il soggetto privato assume il rischio operativo e gestisce risorse pubbliche, le fragilità che emergono possono diventare critiche, se non addirittura ostacolare la partecipazione di un ente (impresa o ETS che sia) ad un progetto di Partenariato Pubblico – Privato, in quanto proprio per evitare le infiltrazioni criminali, la Pubblica Amministrazione richiede al potenziale partner privato (profit o non profit) garanzie di affidabilità, trasparenza e capacità gestionali.
Concludendo, la lettera “G” di ESG non può e non deve essere considerata una parte residuale della sostenibilità, ma, nel caso specifico di un rapporto di PPP, essa rappresenterebbe la garanzia che un progetto sarà gestito con integrità, competenza e visione, e nel caso di un impianto sportivo, sono fattori che permettono alla comunità di godere di una infrastruttura capace di generare uno sviluppo sostenibile. Al tempo stesso, l’adeguatezza del modello 231 non dovrà essere intesa solamente come un mero adempimento formale (i fattori ESG sono sempre più integrati anche nei contratti sottoscritti dalle imprese), bensì come un sistema in continuo aggiornamento che permetta all’impresa di crescere in maniera trasparente e resiliente.
Un sistema di compliance dove i fattori ESG si integrino nel modello 231 e, di conseguenza, permettano anche di rendicontare la sostenibilità in maniera credibile e verificabile anche da eventuali soggetti indipendenti.
Intervento di Alessandro MICOCCI | Autore per Risk & Compliance Platform Europe – Senior Accountant, Fintecna S.p.A. – Gruppo CDP
Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:
(1) Micocci A. (2025) “Il Partenariato Pubblico-Privato (PPP) nel solco della Sostenibilità” in Risk and Compliance Platform Europe (www.riskcompliance.it)