La rivoluzione che non aspetta: come l' IA sta cambiando lavoro, settore legale e governance aziendale

La rivoluzione che non aspetta: come l’ IA sta cambiando lavoro, settore legale e governance aziendale

11 agosto 2025

Redazione

L’illusione della calma nell’adozione dell’IA

Quando nel novembre 2022 è arrivato ChatGPT, l’eco mediatica è stata enorme. Alcuni hanno immaginato un futuro imminente di uffici vuoti e intere professioni spazzate via. Altri, più ottimisti, si sono concentrati sull’idea di una produttività mai vista.

A distanza di quasi tre anni, la realtà è molto meno spettacolare. Non c’è stata un’ondata di licenziamenti di massa e nemmeno un’impennata della produttività paragonabile alle grandi rivoluzioni industriali del passato.

Eppure, sarebbe un errore interpretare questa apparente tranquillità come segno che l’intelligenza artificiale (IA) sia un fenomeno marginale.

I cambiamenti sono già in atto, spesso nascosti nei processi aziendali, nelle decisioni quotidiane e nelle modalità con cui si gestiscono informazioni e persone.

La vera rivoluzione dell’IA, almeno per ora, non fa rumore: procede per piccoli passi, ma costanti e irreversibili.

Due mondi opposti: hype e scetticismo

L’IA divide osservatori e addetti ai lavori in due schieramenti quasi inconciliabili:

  1. da un lato ci sono i visionari, convinti che le macchine non solo raggiungeranno ma supereranno le capacità cognitive umane entro pochi anni.
  2. dall’altro ci sono i critici, che vedono l’IA come una tecnologia sopravvalutata, ancora lontana dal mantenere le promesse, e accusano le aziende del settore di “vendere fumo” ed esagerare i successi per giustificare gli investimenti miliardari ricevuti.

Questi ultimi non mancano di prove a supporto: dai modelli che inventano fonti inesistenti a quelli che inciampano su calcoli elementari. Ma soffermarsi solo su questi limiti rischia di oscurare un fatto importante: nonostante le imperfezioni, in molti contesti l’IA è già competitiva o addirittura superiore alle prestazioni umane.

Oggi sistemi di intelligenza artificiale sono in grado di individuare tumori su immagini mediche con maggiore accuratezza di radiologi esperti, riassumere in pochi secondi documenti di centinaia di pagine, trovare precedenti giuridici che sfuggono anche ad avvocati navigati. Il tutto senza mai stancarsi, e con un costo marginale vicino allo zero.

Adozione dell’IA nelle aziende: il caso, Paesi Bassi

I dati raccolti dal CBS (l’ufficio statistico olandese) mostrano un quadro interessante: nel 2025, il 22,7% delle aziende nei Paesi Bassi utilizza già tecnologie di IA in almeno un processo, con un incremento di nove punti percentuali rispetto al 2023.

A prima vista può sembrare un buon risultato, ma significa anche che oltre tre quarti delle imprese non ha ancora iniziato a sperimentare in modo strutturato. Il rischio è che, quando decideranno di farlo, dovranno inseguire concorrenti già rodati e con un vantaggio competitivo significativo.

Negli Stati Uniti, invece, la percezione è più netta: molti CEO dichiarano apertamente che l’IA modificherà profondamente i ruoli e, in alcuni casi, li renderà superflui. Una comunicazione diretta che in Europa è ancora poco frequente.

Settore Legale e IA: una trasformazione silenziosa

Poche aree mostrano meglio l’impatto immediato dell’IA sul lavoro come il settore legale. Attività un tempo affidate senza pensarci due volte a studi esterni — come la revisione di contratti o la stesura di clausole standard — oggi vengono svolte internamente grazie all’uso combinato di giuristi aziendali e strumenti di IA.

La motivazione principale è economica. Nei grandi gruppi, i costi legali pesano dallo 0,4 all’1% del fatturato, e negli ultimi anni non sono certo calati. Automatizzare o internalizzare parte delle attività è una strategia efficace per ridurre la spesa senza compromettere la qualità. Secondo diversi esperti del settore, questa tendenza potrebbe però mettere sotto pressione i ricavi degli studi legali, poiché le aziende li coinvolgono sempre meno per le pratiche di minore complessità.

Alcuni esempi concreti:

  • Uffici legali interni rafforzati, con riduzione delle consulenze esterne alle sole questioni strategiche o specialistiche, generando risparmi significativi.
  • Adozione di tecnologie di “legal tech” e IA per aumentare la produttività senza aumentare l’organico.
  • Aumento del personale legale interno in ambiti come privacy e protezione dei dati, dove la domanda è cresciuta rapidamente.

«Si stanno sovrapponendo diverse tendenze», osservano alcuni esperti del settore:

  1. L’automazione sta eliminando molti passaggi inutilmente complessi nei processi legali.
  2. In alcune realtà, l’intelligenza artificiale viene utilizzata per accelerare e rendere più efficienti procedure come l’analisi dei contratti. I giuristi interni continuano a controllare i documenti, ma grazie all’IA questa fase è molto più rapida. Il tempo liberato può così essere dedicato a questioni più complesse, che in passato venivano affidate a studi esterni.
  3. Chi guida i reparti legali (ruolo ricoperto sempre più spesso dai General Counsel) conferma che, applicando in modo mirato strumenti di IA nelle attività quotidiane, è possibile svolgere più lavoro — e in maniera più efficiente — mantenendo lo stesso organico.
  4. Parallelamente, la diffusione dell’IA spinge molte aziende a essere più critiche verso i tariffari degli studi legali: se gran parte del lavoro può essere svolta da sistemi automatizzati, i costi dovrebbero riflettere questa nuova realtà.

Il modello della “fatturazione a ore” su cui si reggeva gran parte del mercato legale sta perdendo terreno. Se un algoritmo può completare un’analisi in pochi minuti, diventa difficile giustificare una parcella oraria per lo stesso compito.

Leadership e AI governance: il ruolo della competenza

Saper fare bene il prompting è come delegare bene: chiaro, breve, mirato.

Utilizzare l’IA non significa semplicemente installare un software, ma saperla interrogare nel modo giusto. Questo vale soprattutto per chi guida un’organizzazione: trasformare obiettivi in istruzioni precise, scenari e ruoli è una competenza sempre più strategica. Non serve essere tecnici, ma saper comunicare con chiarezza — qualità essenziale di ogni buon leader. Chi non conosce queste logiche rischia di perdere autorevolezza e capacità di orientamento, delegando alla tecnologia senza comprenderne il funzionamento.

La ricerca di Harvard Business School(1) conferma che i leader che conoscono e usano direttamente l’IA comunicano meglio, prendono decisioni più solide e coordinano in modo più efficace i team. Il prompting — ovvero la capacità di dare istruzioni chiare e contestualizzate — non è un dettaglio tecnico da affidare solo all’IT, ma una competenza di leadership. Al contrario, indicazioni vaghe o generiche portano a decisioni deboli, confusione interna e perdita di tempo.

Secondo Accenture(2), le aziende che integrano l’IA in modo mirato riducono in media del 40% il tempo necessario per le attività di routine, liberando risorse per progetti strategici e innovazione. Ma questo vantaggio è possibile solo se chi guida sa porre le domande giuste e definire chiaramente obiettivi e parametri di lavoro. In molti casi, ciò che richiederebbe ore di lavoro umano può essere completato in pochi minuti da un sistema ben istruito.

Per questo la formazione deve partire dal vertice. Il top management deve sperimentare direttamente strumenti di IA, imparando a “dialogare” con essi e a comprenderne i limiti, prima di estendere l’uso all’intera organizzazione. Solo una leadership consapevole può trasformare il potenziale tecnologico in vero valore aziendale, evitando l’errore — comune — di introdurre strumenti senza preparare chi prende le decisioni.

Formazione in IA: da costo a investimento strategico

Molte aziende commettono l’errore di adottare strumenti di IA senza prima investire nella formazione. Questo porta a un utilizzo superficiale, spesso limitato alle funzioni più ovvie, con il risultato di non sfruttare appieno il potenziale della tecnologia.

Considerare la formazione come un costo è una visione miope. Un piano formativo ben strutturato:

  • migliora la qualità delle decisioni e riduce rischi di compliance;
  • diminuisce errori e tempi di esecuzione;
  • facilita l’adozione interna, riducendo resistenze culturali.

Investire in corsi di aggiornamento e programmi di “AI literacy” permette ai dipendenti di comprendere come funzionano i modelli, quali limiti hanno e in che modo interpretarli. Questo riduce errori, aumenta la produttività e, soprattutto, rende più facile integrare l’IA nei flussi di lavoro senza resistenze interne.

Esempi concreti non mancano. Alcune aziende hanno organizzato workshop di “prompt engineering” che hanno permesso ai team di ridurre drasticamente i tempi di redazione di report complessi. Nei reparti legali, la formazione mirata ha migliorato la capacità di controllo sui documenti prodotti dall’IA, evitando di ricorrere a consulenti esterni per attività a basso valore aggiunto.

Professioni sotto pressione con l’avanzata dell’IA

Gli avvocati, i giuristi ed i legali non sono i soli a sentire la concorrenza delle macchine. Copywriter, pubblicitari e creativi stanno già sperimentando la concorrenza diretta dell’IA. In realtà, qualunque lavoro che comporti l’uso di un computer verrà toccato.

Il fenomeno segue un copione abbastanza ricorrente:

  1. i posti lasciati liberi da chi si dimette o va in pensione non vengono sostituiti;
  2. il carico di lavoro passa gradualmente all’IA;
  3. con il tempo arrivano licenziamenti mirati, spesso ben poco visibili all’esterno.

Dopo anni di produttività stagnante, nessuna organizzazione può permettersi di ignorare strumenti che permettono di velocizzare compiti, anche se non ancora perfetti. Le falle e gli errori saranno aggirati o corretti dall’ingegno umano.

Giovani lavoratori: primi a pagare il prezzo

I primi a farne le spese sono spesso i neolaureati o chi entra per la prima volta nel mercato del lavoro. Una posizione da assistente legale, ad esempio, oggi ha meno probabilità di essere aperta perché perché parte delle mansioni di verifica e preparazione documenti può essere gestita internamente dall’IA. Non si vedono licenziamenti di massa, ma un’erosione lenta delle opportunità.

Negli Stati Uniti, la disoccupazione giovanile è ai massimi degli ultimi vent’anni. L’IA non è l’unica causa, ma riduce in modo concreto le opportunità di ingresso e quindi, potrebbe essere uno dei primi segnali tangibili della sua influenza sul mercato del lavoro, specialmente per i gruppi più vulnerabili.

La minaccia invisibile della trasformazione IA

A differenza delle rivoluzioni industriali passate, quella dell’IA non arriva con una crisi improvvisa. È un’erosione lenta ma costante di mansioni e opportunità.

Il rischio è che, quando i dati sulla disoccupazione convinceranno governi e aziende a intervenire, i processi basati sull’IA saranno ormai così integrati da essere impossibili da rimuovere. E la mancanza di competenze aggiornate renderà difficile riassegnare le persone a nuovi ruoli.

Interessi e investimenti: perché l’adozione è inevitabile

I capitali investiti nell’IA sono enormi e i vantaggi competitivi troppo importanti per essere ignorati. La conseguenza è che l’adozione continuerà, indipendentemente dal livello di consapevolezza del pubblico o dalle incertezze normative.

Il vero pericolo è accorgersi dell’impatto solo quando sarà già ovunque. Senza una strategia di formazione, senza regole chiare e senza politiche di supporto, rischiamo di trovarci in un futuro in cui non è la tecnologia a inseguire noi, ma noi a rincorrere lei.


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Gregg Kober, AI-First Leadership: Embracing the Future of Work, Harvard Business Publishing, 24 gennaio 2025

(2) Accenture, The Productivity Payoff: Unlock Competitiveness with Gen AI, Research Report, 2024



  • Commento Utente

    LUCA SPINELLI • CONSULENTE FINANZIARIO

    L’IA avanza silenziosa ma inesorabile.

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