Dispositivi medici e operatori di origine cinese: cosa cambia con il Regolamento 1197/2025

Dispositivi medici e operatori di origine cinese: cosa cambia con il Regolamento 1197/2025

7 novembre 2025

di Matteo CORBO

In un settore già fortemente colpito dal Payback(1) e dal Decreto “0,75%”(2), l’Unione Europea ha scelto di intervenire nuovamente, occupandosi in questo caso dei prodotti e degli operatori di origine cinese. 

Dal 30 giugno 2025 è entrato in vigore il Regolamento di esecuzione UE n. 1197/2025, una norma che segna un punto di svolta nel commercio internazionale dei dispositivi medici. L’Unione Europea ha deciso di introdurre restrizioni significative alla partecipazione di operatori economici cinesi nelle gare pubbliche europee e di limitare l’importazione di dispositivi medici dalla Cina.

Ma perché questa misura? E quali conseguenze avrà per aziende, ospedali e cittadini?

1. Il contesto e le motivazioni dell’intervento europeo

Negli ultimi anni, il settore dei dispositivi medici è diventato strategico per la salute pubblica e per l’economia globale. La pandemia di COVID-19 ha mostrato quanto sia rischioso dipendere da fornitori esteri per prodotti essenziali come ventilatori, mascherine e strumenti diagnostici. In questo scenario, la Cina è emersa come uno dei principali produttori mondiali, ma con politiche commerciali fortemente orientate alla protezione del proprio mercato interno.

Secondo un’indagine della Commissione Europea, l’87% delle gare d’appalto in Cina escludeva (ed esclude) esplicitamente o implicitamente prodotti di origine straniera, favorendo i dispositivi medici nazionali e imponendo condizioni economiche insostenibili per i concorrenti esteri. Queste pratiche si inseriscono nel piano cinese “Buy China”, volto a raggiungere l’autosufficienza tecnologica negli ospedali entro il 2030.

Di fronte a questa chiusura, l’UE ha deciso di reagire applicando l’I.P.I. (International Procurement Instrument), vale a dire lo strumento UE che consente di limitare l’accesso ai mercati europei quando i Paesi terzi non garantiscono reciprocità, sulla cui base è stato adottato il Regolamento di cui si tratta.

2. Contenuto e ambito di applicazione del Regolamento 1197/2025

Ma cosa prevede in concreto il Regolamento 1197/2025?

Le nuove regole si applicano alle gare pubbliche per dispositivi medici con valore pari  o superiore a 5 milioni di euro, IVA esclusa (è ancora aperto il tema di come si debbano trattare le gare composte da più lotti, il cui valore complessivo – ma non quello dei singoli lotti – superi i 5 milioni) .

In queste procedure:

  • Gli operatori economici originari della Cina sono esclusi.
  • anche le imprese europee o di altri Paesi rischiano l’esclusione se oltre il 50% del valore dell’offerta proviene da dispositivi di origine cinese.

Queste preclusioni valgono per tutti i dispositivi classificati nei codici C.P.V. (Common Procurement Vocabulary: un sistema di codici che identifica le categorie di beni e servizi negli appalti pubblici) da 33100000-1 a 33199000-1, che comprendono apparecchiature mediche, strumenti chirurgici, dispositivi diagnostici e altro.

A titolo esemplificativo, si possono citare le apparecchiature per immagini (radiografie, TAC, risonanze magnetiche), i dispositivi per la chirurgia (strumenti laparoscopici, bisturi elettrici), il materiale per la terapia intensiva (ventilatori, pompe infusionali), gli strumenti diagnostici (analizzatori di laboratorio, test rapidi) e i dispositivi per il monitoraggio (elettrocardiografi, saturimetri).

Come si può ben capire, questi prodotti rappresentano una parte significativa delle forniture ospedaliere e incidono direttamente sulla qualità delle cure.

3. Le criticità interpretative e operative

Questo regolamento, al di là di un’apparente chiarezza (e di una certa assertività), pone una serie di problematiche non da poco. 

In particolare, come si determina l’origine di un prodotto? La risposta, ricavata dal dato letterale del Regolamento, è che si applicano le regole doganali UE: un dispositivo è considerato “cinese” se è interamente fabbricato in Cina o se lì avviene l’ultima trasformazione sostanziale. Questo significa che anche chi assembla componenti cinesi in Europa deve verificare attentamente la qualificazione del prodotto. E qui si pone un ulteriore problema, di difficile soluzione: nel momento in cui il prodotto risulterà prodotto in un Paese diverso dalla Cina, quale sarà l’onere di verifica in capo alle Stazioni Appaltanti rispetto all’effettiva origine?

In altre parole, le SA si faranno andare bene tale attestazione, generalmente rilasciata dalle Camere di Commercio locali, oppure si porranno il problema di compiere ulteriori indagini, tenendo conto dell’elevato rischio di frodi nel settore?

Infatti, se già precedentemente – nell’ottica di eludere i dazi – avveniva che un dispositivo prodotto in Cina venisse poi fraudolentemente ri-etichettato in altri Paesi, con questo nuovo regolamento il rischio aumenta ancora di più. 

E inoltre, come dovranno regolarsi le aziende che importano la gran parte della componentistica dalla Cina e svolgono nel territorio europeo un’opera che è essenzialmente di assemblaggio? Si potrà considerare che l’ultima “trasformazione essenziale” sia avvenuta nel territorio dell’Unione?

Come si può ben capire, il Regolamento non riguarda solo le imprese cinesi. Anche i fornitori europei devono mappare la propria filiera e predisporre documentazione chiara sull’origine dei prodotti. La mancata conformità potrebbe portare all’esclusione dalle gare. 

Per le PMI, la sfida è ancora più grande: molte dipendono da componentistica cinese per contenere i costi. Dovranno valutare alternative, investire in fornitori europei o rivedere i processi produttivi.

4. Gli effetti economici e le prospettive future

Tuttavia, secondo le stime della Commissione, gli effetti positivi del Regolamento supereranno di gran lunga quelli negativi. Infatti, la misura potrebbe generare 1-1,2 miliardi di euro di vendite aggiuntive per le imprese non cinesi e creare oltre 3.000 nuovi posti di lavoro nell’UE. Tuttavia, resta il rischio di tensioni commerciali: la Cina ha già annunciato misure simmetriche (come se già non bastassero le precedenti), limitando l’accesso delle aziende europee al proprio mercato sanitario.

Un altro rischio è l’aumento dei prezzi: ridurre la dipendenza dalla Cina potrebbe comportare costi più alti per ospedali e sistemi sanitari, almeno nel breve periodo. Il tutto, in un settore già duramente colpito dal Payback, che sta causando l’evidente effetto di far aumentare i costi dei dispositivi, in ragione della riduzione dei margini e del clima di incertezza posto in capo alle aziende produttrici e distributrici. 

In ogni caso, il Regolamento 1197/2025 è solo il primo passo. L’UE potrebbe estendere misure simili ad altri settori strategici, come farmaceutica e tecnologia medica avanzata. Nel frattempo, le aziende dovranno investire in trasparenza di filiera, produzione locale e innovazione per restare competitive.

In definitiva, il Regolamento UE 1197/2025 non è solo una norma tecnica: è un segnale politico forte. L’UE punta a difendere la concorrenza leale e a garantire che le proprie imprese non siano penalizzate da pratiche discriminatorie. Per le aziende, la sfida sarà trasformare queste restrizioni in opportunità, investendo in filiere più trasparenti e resilienti.

Intervento di Matteo CORBO | Autore per Risk & Compliance Platform EuropeAvvocato – Ph.D.


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1) Corbo M. (2025), Payback dispositivi medici: ancora uno sconto, ma tanta delusione – Risk & Compliance Platform Europe, www.riskcompliance.it

(2) Corbo M. (2024), Dispositivi medici: dopo il payback, il Governo colpisce ancora – Risk & Compliance Platform Europe, www.riskcompliance.it



Lascia un Commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnati con *