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Cina vs UE: poco spirito di squadra fra gli Stati avvantaggia la Cina

16 settembre 2020

Redazione

Cambiano le relazioni con la Cina? È probabile di sì.

Proprio nei giorni scorsi è stata pubblicata l’analisi della Corte dei Conti europea(1) che è un forte monito ai rischi connessi alla strategia degli investimenti di aziende cinesi – che sono quasi sempre a guida statale – in Europa.

Nel modus operandi dell’Europa dovrà prevalere la collaborazione fin dove possibile ma soprattutto la fermezza delle posizioni per difendere i valori e non compromettere gli interessi europei.

Dagli anni ’70, la Cina ha aperto cautamente le porte ai paesi esteri e per molto tempo la UE e i 27 Stati Membri hanno visto solo le grandi opportunità economiche rappresentate dal mercato asiatico senza mai preoccuparsi troppo delle ambizioni cinesi. Oggi le cose sono cambiate: la Cina è diventata una potenza mondiale ed è il secondo partner commerciale della UE. Di contro la UE è il primo partner commerciale della Cina.

IL RISCHIO SISTEMA-CINA E LA CONCORRENZA SLEALE

Il pericolo oggi è reale e ormai a Bruxelles da più parti si ripete “siamo stati ingenui” perché la rivalità con la Cina è viziata da una concorrenza sleale. Infatti, le aziende cinesi – che molto spesso godono del sostegno statale – non vengono ostacolate né quando cercano occasioni di investimento sul mercato interno né quando competono per le gare d’appalto a livello europeo. Al contrario, quando gli imprenditori europei intendono investire in Cina gli ostacoli sono molti e vari: ad esempio il trasferimento obbligatorio di conoscenze tecnologiche.

Questa situazione non è sostenibile. Un accordo con la Cina è previsto per fine anno. Ma è dal 2013, che UE e Cina sono in trattativa per un accordo quadro sugli investimenti che prevede la parità di condizioni, il reciproco accesso ai mercati e la trasparenza come condizioni fondamentali. Nonostante i progressi ribaditi dai diplomatici della UE su singole tematiche non è chiaro se entro fine 2020 l’accordo sarà firmato.

IL RISCHIO CLIMATICO

Nei giorni scorsi si è tenuto il vertice UE-Cina in video-conferenza proprio con l’obiettivo di spingere i negoziati. Fra i presenti Ursula von der Leyen (Presidente della Commissione UE), Charles Michel (Presidente del Consiglio UE), la cancelliera Angela Merkel (la Germania è Presidente di turno della UE) e il Presidente cinese Xi Jinping.

Insieme agli investimenti e al commercio, il clima è un altro tema caldo segnalato anche nell’analisi della Corte dei Conti. La Cina è il più grande inquinatore del mondo. La UE preme perché la Cina si impegni al raggiungimento di zero emissioni nette di CO2 entro la seconda metà di questo secolo. L’obiettivo ambizioso della UE ossia la neutralità climatica entro il 2050 è impensabile per Pechino ma la UE è consapevole che la Cina può fare molto di più per ridurre l’emissione dei gas serra nocivi.

DALLA VIOLAZIONE DEI DIRITTI UMANI AGLI ATTACCHI INFORMATICI

Una delle preoccupazioni per l’Europa è relativa all’utilizzo della potenza cinese non per promuovere pace, stabilità e prosperità nel mondo bensì per:

  • la violazione sistematica dei diritti umani – compresa la persecuzione di alcune minoranze -;
  • l’imposizione di una controversa legge sulla sicurezza a Hong Kong,
  • la rivendicazione di dominio su tutto il Mar Cinese Meridionale – fulcro di molte rotte commerciali – inseguendo pescatori e navi militari di altri paesi.

Infine, ci sono i rischi connessi agli attacchi informatici e alla disinformazione con cui la Cina sta travolgendo la UE; nonché la situazione di molti paesi – spesso africani – sovraccaricati da un ingente debito cinese.

DIVIDE ET IMPERA

Il monito della Corte dei Conti riguarda i rischi del rapporto UE-Cina.

Mai prima d’ora è stata fatta un’appropriata analisi dei rischi. È tempo di valutare, ad esempio, il pericolo potenziale rappresentato dagli investimenti cinesi nei settori strategici europei fra questi, il settore dell’energia, delle telecomunicazioni e delle infrastrutture. Infatti, gli investimenti cinesi sono essenzialmente investimenti di aziende “statali” per cui Pechino sembra acquisire influenza crescente nei settori strategici della UE.

Inoltre, mancano ad oggi numeri aggiornati e corretti relativi agli investimenti cinesi.

C’è infine un problema di poco spirito di squadra. Molti Stati membri fanno affari “in proprio” con la Cina senza che Bruxelles venga adeguatamente informata, proprio come nel caso della Nuova Via della Seta. Purtroppo, il motto sembra essere Divide et Impera.

La Corte ha effettuato una mappatura dei rischi e delle opportunità; individuando 18 Rischi suddivisi per tipologia: Rischio politico, economico, sociale, tecnologico, legale, ambientale e 13 Opportunità. Il quadro è completato da esempi reali nonché da 74 azioni e 3 documenti strategici destinati alla UE e determinanti per acquisire consapevolezza e gestire adeguatamente le risposte europee alla strategia di investimenti cinese.

A margine ricordiamo che la European Chamber ha riscontrato, in una recente analisi, che i crescenti rischi politici legati alle attività commerciali riguardano quasi la metà delle aziende aderenti. Le aziende europee che operano in Cina sono seriamente preoccupate di poter diventare vittime di boicottaggi arbitrari in Cina, ma si accorgono anche che aumenta la pressione nei loro paesi di origine per rendere conto delle attività dell’azienda in Cina.

 


Per approfondimenti, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

Analisi nr. 03/2020 – Strategia di investimenti cinese: la risposta della UE – 10 Settembre 2020, Corte dei Conti Europea



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