La settimana lavorativa di quattro giorni: tra intelligenza artificiale, produttività e benessere

La settimana lavorativa di quattro giorni: tra intelligenza artificiale, produttività e benessere

10 settembre 2025

Redazione

Negli ultimi anni il dibattito sulla settimana lavorativa di quattro giorni ha guadagnato sempre più spazio. Non si tratta più di un’utopia da visionari o di esperimenti isolati, ma di una scelta concreta che alcune grandi aziende hanno già adottato, con risultati che vanno oltre le attese.

La spinta decisiva arriva dall’intelligenza artificiale, che rende possibile mantenere la produttività, e in alcuni casi addirittura accrescerla, pur lavorando meno ore.

Oggi esistono casi emblematici che dimostrano come la riduzione della settimana lavorativa non significhi un calo delle performance aziendali. Al contrario, i dati raccolti mostrano un aumento della soddisfazione dei dipendenti, una maggiore innovazione e una produttività oraria più elevata.

Il modello del settore software: lavorare meno, guadagnare uguale

Una grande società informatica ha deciso di chiudere la propria sede principale da €150 milioni, un giorno alla settimana, lasciando ai circa 700 dipendenti libertà di organizzare il tempo come meglio credono. Nonostante la riduzione dell’orario, lo stipendio rimane pieno: quattro giorni di lavoro, cinque giorni di salario.

Il supporto ai clienti non è stato sacrificato. Grazie all’integrazione dell’intelligenza artificiale (IA) nei processi interni, il livello di servizio resta invariato anche il venerdì, quando l’ufficio è chiuso. La direzione è convinta che l’IA spingerà la produttività individuale a livelli mai raggiunti prima: da qualche decina di migliaia di euro di valore annuo per dipendente negli anni della fondazione dell’azienda, siamo passati agli oltre 450.000 euro attuali, e le prospettive – grazie all’IA – potrebbero sfiorare gli 800.000 euro a persona. “È curioso: si lavora meno ma si diventa molto più produttivi. L’AI ci aiuterà anche a mantenere la qualità del servizio clienti di venerdì” racconta il nostro interlocutore e CEO.

L’idea alla base di questa scelta è chiara. Ci troviamo in una specie di corsa senza fine per aumentare la produttività. Ma i profitti finiscono soprattutto nelle mani dei proprietari e degli azionisti delle aziende e non dei dipendenti. La settimana lavorativa di quattro giorni può spezzare questa dinamica e redistribuire valore ai dipendenti.

Non è però previsto che i dipendenti concentrino in quattro giorni lo stesso lavoro di cinque. “Non è questo l’obiettivo. Nel giorno libero si può fare volontariato, dare assistenza ai propri cari, seguire un corso. Io, ad esempio, inizierò lezioni di pianoforte”– racconta il nostro interlocutore e CEO. Gli obiettivi aziendali restano invariati: “Ci ripagheremo questo investimento.”

Non si tratta di comprimere cinque giorni di lavoro in quattro, ma di liberare tempo per la crescita personale, il volontariato o semplicemente per coltivare passioni.

Il management sottolinea che gli obiettivi aziendali non sono stati ridimensionati. La settimana corta è vista come un investimento che si ripagherà con maggiore motivazione, innovazione e fidelizzazione del personale. In un mercato del lavoro competitivo, inoltre, la misura contrasta la carenza di professionisti e rafforza l’attrattività verso i talenti, in particolare nel settore IT dove la scarsità di competenze è un problema cronico(1). D’altra parte dopo l’innovazione, ripartono le assunzioni di personale.

Il modello della consulenza: ridurre le ore, aumentare il valore

Un’altra azienda, attiva nel settore della consulenza manageriale, ha avviato un percorso simile. Tutti i 120 collaboratori lavoreranno solo quattro giorni, mantenendo lo stesso livello di retribuzione.

Per la direzione, la leva fondamentale è l’uso intelligente dell’IA. Un esempio concreto riguarda le interviste ai clienti: in passato erano condotte da due consulenti e poi analizzate dal team; oggi è sufficiente un solo consulente, mentre l’intelligenza artificiale ascolta, trascrive e produce una sintesi dettagliata. Il tempo risparmiato viene reinvestito in attività a maggior valore aggiunto.

La novità è particolarmente rilevante in un settore dove il modello tradizionale si basa sulle ore fatturabili. Ridurre il tempo di lavoro significherebbe, in teoria, ridurre i ricavi. Eppure la scommessa di questa società è che, grazie a una maggiore concentrazione e al recupero di spazi per la riflessione, i consulenti saranno in grado di offrire più valore ai clienti e di generare innovazione.

Non si tratta solo di ridurre l’orario, ma di ripensare i processi interni. Riunioni più snelle, collaborazione più efficiente, feedback sistematici: la settimana corta diventa l’occasione per rimettere in discussione abitudini consolidate e introdurre pratiche più efficaci.

Il progetto sarà monitorato per sei mesi, con l’obiettivo di valutare non solo i risultati economici, ma anche l’impatto sulla vita dei dipendenti e delle loro famiglie. Perfino i partner dei collaboratori saranno coinvolti in sondaggi per comprendere come la nuova organizzazione del lavoro influisca sull’equilibrio domestico.

La produttività: dati e percezioni

Al di là delle singole esperienze, la grande domanda è se ridurre la settimana a quattro giorni comporti inevitabilmente una perdita di produttività. Un’indagine condotta su manager e direttori offre risposte sorprendenti:

  • Il 75% degli intervistati afferma che la produzione /output diminuisce molto meno rispetto al taglio di orario.
  • Il 31%, in particolare nei servizi professionali, non nota alcun calo di produttività.
  • Molti sottolineano che i benefici si distribuiscono tra azienda e dipendenti: i costi calano senza impatti significativi, mentre i lavoratori ottengono un migliore equilibrio tra vita privata e lavoro, anche se non sempre a parità di stipendio.

Uno degli aspetti più interessanti è la cosiddetta “capacità di riserva”. Con la settimana di quattro giorni, le aziende possono chiedere ai dipendenti di lavorare temporaneamente cinque giorni nei momenti di picco, evitando così di ricorrere a personale esterno. Questo si traduce in ulteriore flessibilità e riduzione dei costi.

Nonostante i dati positivi, più della metà dei manager coinvolti nell’indagine non crede che la settimana corta diventerà la norma nel prossimo futuro; ma sarebbe sbagliato focalizzarsi solo su questo aspetto. I numeri mostrano chiaramente che la produttività per ora lavorata tende ad aumentare quando le persone hanno più tempo per recuperare energie, ridurre lo stress e tornare al lavoro con maggiore concentrazione.

Benefici nascosti e rischi da gestire

Accanto ai vantaggi più visibili, emergono anche effetti meno immediati. La riduzione dell’orario settimanale, ad esempio, riduce i costi legati all’assenteismo: dipendenti più riposati si ammalano meno, hanno meno probabilità di abbandonare l’azienda e mostrano maggiore attaccamento all’organizzazione.

In diversi casi, la settimana corta ha anche migliorato la capacità di innovare. Con più tempo libero a disposizione, i lavoratori riportano idee fresche, nuove prospettive e una creatività rinnovata. Questo elemento è stato sottolineato in particolare dalle imprese di consulenza, dove la capacità di generare soluzioni originali è un fattore competitivo decisivo.

Naturalmente, non mancano i rischi. Alcune aziende che hanno sperimentato il modello in altri Paesi sono tornate sui propri passi perché la qualità del servizio clienti ne risentiva.

È quindi essenziale che la riduzione delle ore sia accompagnata da una revisione dei processi e da un uso strategico della tecnologia.

Un cambiamento culturale prima ancora che organizzativo

Sia nel caso dell’azienda informatica sia in quello della società di consulenza, la vera sfida non è solo tecnica o organizzativa, ma culturale. Richiede un cambio di mentalità da parte di tutti, a partire dai leader. Sono proprio i dirigenti a dover dare l’esempio, dimostrando che lavorare meno ore non significa essere meno impegnati, ma al contrario più attenti ai risultati e al valore generato.

La settimana corta non è una semplice riduzione dell’orario, ma un nuovo paradigma in cui la tecnologia — e in particolare l’intelligenza artificiale — diventa alleata per liberare tempo e risorse, consentendo alle persone di esprimere il meglio delle proprie competenze.

In molte organizzazioni che hanno avviato la sperimentazione, i leader hanno raccontato che la parte più difficile non è stata la gestione tecnica, ma il convincere i team che “meno ore” non equivalgono a “meno valore”. Una sfida che richiede comunicazione trasparente, obiettivi chiari e un costante lavoro di accompagnamento al cambiamento.

Conclusioni

Le esperienze raccontate mostrano come la settimana di quattro giorni non sia un’utopia ma una possibilità concreta, resa praticabile dall’AI e da un ripensamento profondo dei processi aziendali. I benefici vanno oltre la produttività: toccano il benessere dei dipendenti, la capacità di innovare e persino l’attrattività sul mercato del lavoro.

È probabile che questo modello non diventi la norma in tempi brevi. Ma le aziende che scelgono di sperimentarlo dimostrano di avere una visione di lungo periodo, capace di coniugare competitività economica e sostenibilità sociale.

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Articolo a cura di Kim RINALDI, Comunicazione e Giornalismo, Università di Maastricht



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