Contratti Pubblici e Compliance 231: Il Nuovo Ecosistema Digitale Anticorruzione

Contratti Pubblici e Compliance 231: Il Nuovo Ecosistema Digitale Anticorruzione

30 maggio 2025

di Nicola LORENZINI

Digitalizzazione del Ciclo di Vita dei Contratti Pubblici  (D.Lgs. 36/2023 e correttivo 209/2024). Integrazione tra Codice dei Contratti Pubblici e la normativa della Responsabilità degli Enti e AML (D.Lgs. 231/2001 e D.Lgs. 231/2007).

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici – introdotto con il D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36 e aggiornato dal correttivo D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209 – ha sancito una svolta verso la transizione digitale nelle procedure di appalto e concessione.

A partire dal 1° gennaio 2024, tutte le gare pubbliche devono svolgersi esclusivamente tramite piattaforme di approvvigionamento digitale certificate. Questa obbligatorietà mira a rendere l’intero ciclo di vita dei contratti pubblici completamente digitale, in linea con gli obiettivi del PNRR (Missione M1C1-70) e del Codice dell’Amministrazione Digitale. 

La digitalizzazione delle gare, infatti, è considerata una misura chiave di prevenzione della corruzione, poiché consente la tracciabilità e il controllo in tempo reale di tutti i dati e documenti relativi alle procedure.  In tal modo si riducono spazi di discrezionalità opaca e si aumenta la trasparenza amministrativa.

Il Codice definisce un vero e proprio “ecosistema nazionale di approvvigionamento digitale (eprocurement)” (artt. 19-24 D.Lgs. 36/2023). 

  • L’art. 19 impone alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di assicurare la digitalizzazione di ogni fase del procedimento di gara, dalla programmazione all’esecuzione, nel rispetto dei principi di neutralità tecnologica, trasparenza, protezione dei dati personali e sicurezza informatica. 
  • L’art. 21 elenca le fasi del ciclo di vita digitale dei contratti (programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione) da gestire tramite piattaforme interoperabili. 
  • L’art. 22 dettaglia le funzionalità di queste piattaforme digitali: acquisizione di atti in formato nativo digitale, accesso elettronico alla documentazione di gara, presentazione delle offerte e del Documento di Gara Unico Europeo (DGUE), gestione digitale del fascicolo di gara, nonché trasmissione automatica dei dati alla Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici (BDNCP)   Quest’ultima, gestita da ANAC, si compone di sezioni come l’Anagrafe Unica delle Stazioni Appaltanti, la Piattaforma Contratti Pubblici, il Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico, ecc., ed  è concepita per interconnettersi con altre banche dati pubbliche  

L’ecosistema digitale, grazie all’interoperabilità obbligatoria tra sistemi, assicura che tutte le informazioni di gara confluiscano in un database centralizzato e trasparente, arricchendo la capacità di controllo in tempo reale da parte degli organi di vigilanza. 

In caso di omissione nel fornire dati al sistema interoperabile, sono previste segnalazioni e sanzioni da ANAC e AgID per violazione degli obblighi di transizione digitale.

ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) ha un ruolo centrale in questo nuovo assetto digitale. Oltre a gestire la BDNCP, l’ANAC esercita poteri di vigilanza sulle procedure di gara al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione.

L’ANAC definisce, con proprie linee guida, le informazioni che le stazioni appaltanti devono trasmettere al sistema, i requisiti di interoperabilità e i termini di integrazione delle piattaforme.

In tal modo la digitalizzazione diviene strumento di trasparenza proattiva: ogni fase dell’appalto lascia tracce digitali consultabili, riducendo drasticamente i margini per pratiche corruttive o collusive. 

Come evidenziato in dottrina, l’entrata in vigore del nuovo Codice in ambito PNRR segna “un ulteriore passo avanti nel combattere il riciclaggio e contrastare la criminalità organizzata imponendo la digitalizzazione dell’intero ciclo di vita dei contratti pubblici”.

In sintesi, il Codice 36/2023 pone le basi tecnologiche e normative per un procurement pubblico trasparente, dove ogni operazione è tracciata e ogni dato è condiviso su piattaforme certificate – una premessa fondamentale per integrare le misure anticorruzione e antiriciclaggio nel sistema degli appalti.

A.     Reati di Corruzione e Modelli Organizzativi 231/2001 nelle Gare Pubbliche

Il D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ha introdotto nell’ordinamento italiano la responsabilità “amministrativa” (penale sostanziale) degli enti per determinati reati commessi nel loro interesse o vantaggio. 

Tra i reati presupposto di tale responsabilità rivestono particolare importanza quelli legati alla corruzione e ai delitti contro la Pubblica Amministrazione, disciplinati dall’art. 25 D.lgs. 231/2001. 

Questo articolo comprende, tra gli altri, i delitti di peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e abuso d’ufficio, ossia l’intero spettro delle condotte corruttive e corruttive – affini commesse da o nei confronti di pubblici ufficiali. 

La commissione di uno di questi reati da parte di dirigenti, amministratori o dipendenti nell’interesse dell’ente può far sorgere in capo all’ente stesso un procedimento ai sensi del D. Lgs.231/2001, con pesanti sanzioni pecuniarie ed interdittive (ad esempio, interdizione dall’esercizio dell’attività o divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione ai sensi dell’art. 9, co.2, lett. c) D.Lgs. 231/2001).  

Ciò crea un forte legame normativo tra la disciplina dei contratti pubblici e il sistema 231: le imprese rischiano di essere escluse dalle gare e colpite da interdizioni se coinvolte in episodi corruttivi.

Il D.lgs. 231/2001, peraltro, incentiva le imprese a adottare modelli organizzativi di prevenzione della corruzione.

L’art. 6 del decreto prevede infatti una sorta di “esimente” della responsabilità dell’ente: se il reato è stato commesso da soggetti apicali, l’ente non risponde se prova che, prima del reato, aveva adottato ed efficacemente attuato un Modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire reati di quella specie, e affidato a un apposito organismo interno il compito di vigilare sul modello stesso. 

In particolare, l’ente deve aver istituito un Organismo di Vigilanza (OdV) dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo, incaricato di monitorare il funzionamento e l’osservanza del modello e di curarne l’aggiornamento. 

Il corretto ed efficace operato dell’OdV è condizione essenziale per beneficiare dell’esonero di responsabilità. 

In pratica, quindi, le imprese che operano con la PA sono fortemente incentivate a adottare Modelli 231 anticorruzione: tali modelli prevedono protocolli e procedure (ad esempio in materia di gestione delle gare, selezione dei fornitori, controlli sui pagamenti) atti a prevenire condotte illecite, nonché un sistema disciplinare interno per sanzionare violazioni del modello. 

L’OdV vigila su questi processi, segnalando anomalie e proponendo correzioni. 

Nell’ambito degli appalti pubblici, un modello 231 efficace dovrà includere presìdi specifici per ridurre il rischio di tangenti, conflitti di interesse e nelle fasi di gara ed esecuzione del contratto.

Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici del 2023 riconosce esplicitamente la rilevanza dei modelli 231 e del profilo di compliance anticorruzione delle imprese partecipanti. In linea con le direttive UE in materia di appalti, il Codice collega direttamente alcune cause di esclusione dalle gare al mancato rispetto della normativa 231/2001. 

In particolare, costituiscono causa di esclusione automatica: 

  • la condanna definitiva dell’ente per uno dei gravi reati-presupposto ex art. 94, co.1 del Codice (in larga parte coincidenti con reati di corruzione, concussione, mafia, ecc., già previsti dal D.Lgs. 231/2001) di persone fisiche legate all’ente (es. amministratori) per tali reati; 
  • la condanna; 
  •  l’irrogazione all’ente di una sanzione interdittiva ex art. 9, co.2, lett. c) D.Lgs. 231/2001, ossia il divieto di contrattare con la PA 

Inoltre, al di fuori dei casi di condanna definitiva, il Codice prevede l’esclusione (discrezionale) dell’operatore economico qualora sia emerso un grave illecito professionale desumibile, tra l’altro, dalla contestazione in corso di uno dei reati 231 sopra citati.

Ciò significa che anche una inchiesta o rinvio a giudizio per reati 231 a carico dell’impresa (o dei suoi vertici) può compromettere la partecipazione alle gare, qualificandosi come indice di inaffidabilità professionale. 

Allo stesso tempo, il possesso di efficaci strumenti di compliance può rilevare positivamente: il Codice incentiva forme di self-cleaning – ad esempio, l’adozione di modelli organizzativi 231 e la collaborazione con l’autorità giudiziaria – che possono riabilitare l’operatore economico reduce da vicende illecite e dimostrarne la ritrovata integrità. 

Da notare che, in base alla normativa vigente (già con il previgente D.lgs. 50/2016), le imprese dotate di certificazioni sulla qualità e legalità (inclusi eventualmente modelli 231 o il “rating di legalità”) possono beneficiare di una riduzione del 50% della garanzia provvisoria richiesta per partecipare alle gare. 

In tal modo, la presenza di un modello 231 diviene non solo uno scudo legale, ma anche un elemento premiante in termini economico organizzativi nell’ambito degli appalti pubblici.

In sintesi, il D.lgs. 231/2001 fornisce alle imprese un quadro di riferimento per la prevenzione interna della corruzione, attraverso modelli organizzativi e un organismo di vigilanza dedicato, mentre il Codice dei Contratti integra tali previsioni stabilendo che il mancato rispetto di norme anticorruzione (con relative condanne) esclude dal mercato pubblico. 

La digitalizzazione del procurement introduce ulteriori ausili: ad esempio, un modello 231 potrà prevedere controlli automatici e flussi informativi digitali verso l’OdV relativi alle transazioni finanziarie anomale nelle commesse pubbliche, sfruttando i dati tracciati nei sistemi procurement. 

Studi recenti sottolineano come la digitalizzazione completa del ciclo di vita dei contratti pubblici possa potenziare il ruolo degli OdV, assicurando l’integrità e la trasparenza delle attività aziendali: la registrazione centralizzata dei dati finanziari e di gara facilita infatti l’analisi da parte dell’OdV e la rilevazione di eventuali discrepanze o irregolarità.

L’Organismo di Vigilanza diventa così parte attiva nel monitorare che la gestione degli appalti nell’ente avvenga in conformità al modello e alle normative anticorruzione, segnalando tempestivamente criticità e proponendo interventi correttivi.

to be continued 1/2



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