Legge Antiriciclaggio

L’introduzione in Italia del reato di autoriciclaggio

18 marzo 2019

di Nicola MAINIERI e Maria Giulia TOVINI

L’autoriciclaggio, articolo 648-ter1 del codice penale, è stato introdotto nel nostro Paese dall’art. 3 comma 3 della legge 186/2014, con decorrenza dal 1° gennaio 2015.

La norma punisce “chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo”, svolga poi una serie qualificata di comportamenti di carattere “auto-riciclatorio”, ponendo così un concreto ostacolo all’identificazione della loro provenienza delittuosa.

Con l’autoriciclaggio si è in sostanza cercato di:

  • a) limitare una lacuna nel nostro jus puniendi superando la limitazione costituita dalla clausola di riserva apposta sia al reato di riciclaggio” 648 bis c.p. che a quello di impiego 648-ter che recita in entrambi “fuori dai casi di concorso nel reato”(2), escludendo così per tali fatti la punibilità sia in capo all’autore che in capo al concorrente del reato presupposto;
  • b) disporre di uno strumento più efficace per colpire l’occultamento dei patrimoni illeciti;
  • c) fare da “volano” alla contestuale normativa di regolarizzazione fiscale introdotta con la c.d. voluntary disclosure, tramite la menzionata legge 186/14.

Pur se, allora, di non obbligatoria adozione, la norma era stata più volte raccomandata a livello sovranazionale (ad es. dal Fondo Monetario Internazionale/GAFI nel rapporto di mutual evaluation 2006 sul nostro Paese(3) o dal Gruppo di lavoro OCSE contro la corruzione dei pubblici ufficiali nel Rapporto 2011 sull’Italia) e nazionale (per la Magistratura in primis il Procuratore Capo di Milano Francesco Greco nonché l’allora Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti). Il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco aveva sottolineato come “in molte occasioni la Banca d’Italia ha segnalato l’urgenza di introdurre nell’ordinamento il reato di auto-riciclaggio. In particolare, la definizione di un’adeguata fattispecie penale consentirebbe di punire efficacemente gli autori dei reati di evasione fiscale, truffa e corruzione i cui comportamenti in vario modo ostacolano l’individuazione della provenienza delittuosa del denaro”(4).

L’Italia, infatti, ratificando, con la legge n. 328/1993, la Convenzione di Strasburgo del Consiglio d’Europa del 1990 sul riciclaggio, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, aveva previsto nel proprio ordinamento gli artt. 648-bis c.p., che è tuttora la formulazione del reato di riciclaggio, e 648-ter c.p., che costituisce tuttora il reato di “impiego”. Con tali norme, se da un canto si ampliava il novero fin allora previsto dei reati presupposto fino ad includervi «qualsiasi delitto non colposo», dall’altro ci si avvaleva allora della clausola della Convenzione a mente della quale gli Stati potevano stabilire che la fattispecie di riciclaggio non fosse applicabile nei confronti delle “persone che hanno commesso il fatto principale”(5).

Detta scelta legislativa, tesa ad escludere la punibilità per fatti di riciclaggio o di impiego di capitali illeciti compiuti dall’autore o dal concorrente del reato presupposto, trovava in realtà un limite nel preesistente art. 12 quinquies “trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori” della legge 356/92 (c.d. “legge Falcone-Borsellino”) che al primo comma già puniva particolari fatti di “autoriciclaggio” per “chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di escludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648 bis e 648 ter del codice penale”. Antecedentemente all’introduzione del 648 ter1, il predetto 12 quinquies veniva usato, infatti, per perseguire condotte di carattere “autoriciclatorio”, sia pure negli stretti limiti ivi previsti, ossia in presenza di un’attribuzione fittizia, con l’autore del reato che conserva comunque la posizione di dominus, ed al fine di agevolare una successiva circolazione del bene. In senso conforme la preesistente giurisprudenza della Cassazione, di cui si cita la sentenza n. 25191/14(6).

Recentemente anche la posizione del legislatore europeo sull’autoriciclaggio ha assunto caratteri più cogenti, tanto che la Direttiva UE 2018/1673 sulla “lotta al riciclaggio mediante il diritto penale” considera che “gli Stati membri dovrebbero assicurare che taluni tipi di attività di riciclaggio siano perseguibili anche quando sono commessi dall’autore dell’attività criminosa che ha generato i beni (autoriciclaggio). In tali casi, laddove l’attività di riciclaggio non si limiti alla mera detenzione o utilizzazione di beni, ma ne implichi anche il trasferimento, la conversione, l’occultamento o la dissimulazione, da cui derivi un danno supplementare oltre a quello già causato dall’attività criminosa, ad esempio mettendo in circolazione beni derivanti da un’attività criminosa e, così facendo, occultandone l’origine illecita, tale attività di riciclaggio dovrebbe essere perseguibile”(7). Una posizione, in concreto, molte simile a quella assunta dal legislatore italiano nel 2014 con l’articolo 648 ter1.

La condotta prevista dalla citata norma a carico del soggetto che “impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa” è in realtà alquanto difforme da quella disciplinata del preesistente reato di riciclaggio per il soggetto (extraneus) che “sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti” ovvero “compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. Così come la condotta del 648 ter1 risulta parzialmente difforme anche da quella criminalizzata dall’art. 648 ter per l’extraneus che “impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità” provenienti da delitto.

Questo trova la sua spiegazione nel fatto che l’autoriciclaggio è stato introdotto al termine di un lunghissimo dibattito concernente la sua opportunità e di un iter parlamentare che ne ha man mano modificato la formulazione in origine proposta(8). Infatti, anche il nostro legislatore avrebbe potuto seguire l’impostazione che già molti altri Paesi avevano adottato criminalizzando – come nei Paesi anglosassoni(9)l’autoriciclaggio o self money-laundering sin dall’originaria introduzione del reato di riciclaggio, senza distinguere se autore dell’attività di carattere riciclatorio fosse o meno l’autore del reato ad essa presupposto. In alternativa, avrebbe potuto essere seguita l’impostazione di Paesi di civil law come la Spagna, il Portogallo o il Belgio, dove le norme sul riciclaggio esplicitamente estendono la punibilità anche all’autore del reato presupposto(10).

L’intenzione originaria del legislatore del 2014 era effettivamente quella(11) di eliminare la clausola di riserva: in sostanza avrebbe così risposto di riciclaggio (nonchè di impiego) “chiunque” avesse posto in essere le condotte dei preesistenti artt. 648 bis e ter, con l’elemento oggettivo identico sia per il riciclatore che per l’autoriciclatore e adottando così una soluzione di stampo anglosassone(12). In realtà le cennate remore all’introduzione in Italia del nuovo reato hanno prodotto nel corso dell’iter legislativo tipiche soluzioni di compromesso che hanno – in parte – differenziato la terminologia utilizzata per la condotta dell’autoriciclaggio rispetto a quella dei preesistenti reati di riciclaggio e di impiego; ne è derivata l’impossibilità di avvalersi di buona parte della giurisprudenza ormai consolidata sui precedenti due reati, con la naturale conseguenza di trasferire di nuovo all’interpretazione della Magistratura l’onere della soluzione dei molti, nuovi, punti dubbi.

Il legislatore dell’autoriciclaggio ha tentato così una sintesi terminologica tra le condotte già criminalizzate nei reati di riciclaggio e di impiego, inserendo altresì ulteriori specifiche tendenti in qualche modo a limitare l’attività punibile a fattispecie “autoriciclatorie” che potessero comunque essere distinte dal mero utilizzo o godimento personale. Il primo comma 648 ter1 prevede così che l’impiego, la sostituzione, il trasferimento di quanto proveniente dalla commissione di un delitto non colposo debba avvenire in “attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative”, laddove i termini “imprenditoriali o speculativi” non trovano specifica espressione nel 648 ter. Parimenti il citato primo comma, nello specificare la condizione di ostacolo alla provenienza delittuosa dei beni, riproduce in parte la terminologia del 648 bis ma vi aggiunge l’avverbio “concretamente”, lasciando anche qui alla giurisprudenza il compito di definirne il contenuto.

A quattro anni dall’entrata in vigore del nuovo delitto, il presente studio intende fornire una panoramica completa delle prime undici sentenze conosciute(13) della Suprema Corte sull’autoriciclaggio, tendenti a dirimere i dubbi interpretativi che maggiormente hanno richiesto l’elaborazione giurisprudenziale. Per comodità di lettura si analizzeranno di seguito le sentenze in questione, raggruppandole secondo i rispettivi oggetti.

 

Intervento di:

Nicola MAINIERI, Avvocato, Dirigente senior della Banca d’Italia – Dipartimento Vigilanza. Responsabile del Nucleo a supporto dell’Autorità Giudiziaria.

Giulia Maria TOVINI, dr.ssa in Giurisprudenza, attualmente internship trainee ℅ Sadas.

 

to be continued 1/5

 


 

(1) Dirigente della Banca D’Italia. Le opinioni espresse dall’Autore non impegnano in alcun modo l’Istituto di appartenenza.

(2) Una valutazione di politica legislativa che aveva portato la Cassazione, da ultimo a sezioni unite, a parlare di una “deroga al concorso di reati che trova la sua ragione di essere nella valutazione, tipizzata dal legislatore, di ritenere l’intero disvalore dei fatti ricompreso nella punibilità del solo reato presupposto” così Cass. Sez. un. 13 giugno 2014

(3) Per quanto le Quaranta Raccomandazioni del Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale-GAFI non imponessero espressamente la sanzionabilità dell’autoriciclaggio, l’introduzione di reato veniva ivi considerata “raccomandabile, anche alla luce delle esigenze investigative rappresentate dalle stesse autorità italiane”.

(4) I. VISCO “Contrasto all’economia criminale: precondizione per la crescita economica” convegno Banca d’Italia – Fondazione Cirgis, Milano 7 novembre 2014

(5) Sul dibattito che ha accompagnato l’autoriciclaggio, si veda N. MAINIERI – M. PACINI “Reato di autoriciclaggio: introduzione in Italia” in Diritto e Giustizia web, speciale del 18 dicembre 2014

(6) F. UNGARETTI DELL’IMMAGINE, I confini tra i reati di riciclaggio ed autoriciclaggio. Brevi note alla sentenza n. 17235 cass, Pen. Sez II 17.01.2018, in Giurisprudenza Penale web, 2018, 7-8.

(7) Direttiva 2018/1673 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2018, “considerando” n.11

(8) Vedi anche: F. D’ALESSANDRO “Il delitto di autoriciclaggio” in Il nuovo volto della giustizia penale”, in M. BACCARI-K. LA REGINA- E. M. MANCUSO (a cura di), Milano 2015 9 Ad esempio negli Stati Uniti col Money Laundering Control Act del 1986 o nella Gran Bretagna con il Proceed of Crime Act del 2002

(9) Ad esempio negli Stati Uniti col Money Laundering Control Act del 1986 o nella Gran Bretagna con il Proceed of Crime Act del 2002

(10) F. MUCCIARELLI Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio in Rivista trimestrale di Diritto Penale Contemporaneo, 1/2015

(11) Il reato di autoriciclaggio fu studiato nell’ambito di un gruppo di lavoro, non formalmente istituito, che tra la fine del 2013 ed il 2014 lavorò presso la Presidenza del Consiglio per la legge sulla voluntary disclosure italiana. Di esso facevano parte – tra gli altri – rappresentanti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, l’allora Procuratore Aggiunto di Milano Francesco Greco – per conto del quale l’autore N. Mainieri partecipò ai lavori come consulente – funzionari della Banca d’Italia, rappresentanti della Guardia di Finanza, dell’Agenzia delle Entrate, del Ministero di Giustizia.

(12) In tal senso il testo si esprimeva, gli Atti Camera 1865, 2247 e 2248 questi ultimi due del giugno 2014

(13) A febbraio 2019

 

Questo articolo è stato pubblicato su GIURISPRUDENZA PENALE WEB, 2019, 3



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