Regolamento SFTR

Il Regolamento SFTR: le implicazioni, fra ESMA e Commissione Europea

22 novembre 2018

di Ivo INVERNIZZI

Il Regolamento UE 2015/2365 Securities Financing Transaction Regulation (SFTR) sulla trasparenza delle transazioni finanziarie collateralizzate è entrato in vigore a gennaio 2016. Alla base ci sono 3 principi: la trasparenza nel riutilizzo dei collaterali, la trasparenza verso gli investitori e il transaction reporting e l’implementazione riguarda tutte le istituzioni finanziarie.

In questo quadro il dialogo fra ESMA e Commissione Europea è determinante per l’approvazione dei documenti RTS e ITS finali da parte della Commissione Europea e la successiva applicazione della normativa.

ESMA e Commissione Europea: un dialogo costante

Quando nel marzo 2017 l’ESMA (European Securities Marktes Association) ha proposto i propri Regulatory Technical Standards (RTS) in applicazione del terzo pilastro del Regolamento (“Transaction Reporting”) e gli Implementing Technical Standards (ITS) su formato e frequenza dei reports, la Commissione Europea ha certamente manifestato la sua intenzione di approvarne i principi base, riservandosi tuttavia di apportare alcune correzioni a entrambi i documenti.

In particolare, la Commissione si è dichiarata disponibile a perseguire l’adozione formale dei suggerimenti tecnici di ESMA precisando che tale approvazione potrebbe attivare l’obbligo di reporting di SFT dal secondo o terzo trimestre del 2019. Come nel caso del reporting EMIR richiesto per gli strumenti derivati OTC, anche per le SFT, l’obiettivo di ESMA è promuovere la stabilità del sistema finanziario salvaguardando la protezione dell’investitore, con un occhio di riguardo ai costi sostenuti dalle reporting entities. Per garantire certezza legale, la Commissione ha specificato che, dopo l’adozione dei Regulatory Technical Standards ESMA, il diritto a introdurre variazioni ai requisiti di reporting dovuto a eventuali evoluzioni dell’industria finanziaria è irrevocabilmente attribuibile alla sola Commissione stessa e non ad ESMA, organismo che non ha alcuna delega legislativa o potere regolamentare nell’Unione Europea. La Commissione ha anche precisato che gli obblighi di reporting previsti dal Regolamento SFTR sono da ritenersi compliant con gli attuali standards dell’industria finanziaria.

Dall’analisi del carteggio intercorso tra ESMA e Commissione nel corso del 2018, sono emersi però alcuni punti aperti importanti. Tra essi, l’adozione di procedure e criteri di registrazione univoci nel trade repository, l’utilizzo di standard internazionali uniformi di reporting, il rispetto dei requisiti di trasparenza, raccolta, aggregazione e comparazione dati. ESMA ha anche proposto l’aggiornamento del reporting EMIR compliant, ma a tale proposta la Commissione ha replicato precisando alcuni emendamenti strutturali mediante lettera firmata da Oliver Guernsent, Direttore Generale Financial Stability Commission UE. Il carteggio ESMA-UE è poi proseguito con la replica di ESMA sull’importanza di rispettare, anche nel caso SFTR, i reporting standards internazionali.

Per dovere di completezza, ricordiamo che gli emendamenti proposti dalla Commissione Europea a integrazione dei RTS e ITS ESMA contenevano un riferimento ai codici Legal Entity Identifiers (LEI) delle filiali di reporting entities, agli ISIN dei titoli impiegati e ai codici Unique Trade Identifiers (UTI) delle transazioni. Ricordiamo che nel rispetto del Regolamento EMIR le filiali di case madri non sono soggette a obbligo di reporting. Pertanto imporre un obbligo a fini SFTR a inserire il codice LEI nel caso di transazioni ‘secured’ concluse da filiali sembrerebbe incoerente con EMIR. D’altro lato, si osserva che estendere alle filiali l’obbligo di reporting soddisferebbe alla best practice di miglior trasparenza.

In conclusione, le correzioni agli standards tecnici proposte dalla Commissione, secondo ESMA sarebbero inconsistenti con gli obblighi di rreporting EMIR. E non è tutto: ESMA sostiene che questi emendamenti estendono il gap temporale fra trade date dell’operazione e reporting date effettiva, in sostanza appesantendo il processo. L’ESMA non ha modificato le sue proposte e non ha condiviso l’approvazione dei suoi RTS e ITS “con riserva” dichiarata dalla Commissione.

Alcune implicazioni pratiche dell’SFTR

Già nel discorso tenuto dal Presidente ESMA Steven Maijor, in occasione della 25esima sessione annuale ISLA Securities Finance and Collateral Management Conference, si percepiva un’evidente preoccupazione ‘sistemica’ derivante dalla scarsa reperibilità di collateral di buona qualità a sostegno di operazioni di finanziamento garantite. Osservando l’operatività dei più importanti players in deals “collateralizzati”, i titoli governativi di accettabile qualità ossia anche eligible in operazioni di rifinanziamento in BCE e quindi idonei a entrare nel collateral pool, costituiscono il nucleo centrale delle garanzie in gran parte di questo particolare tipo di operazioni. Si noti in tal senso il crescente utilizzo di collateral non costituito da pura liquidità, bensì da titoli governativi prontamente liquidabili.

Trascurando volutamente il dibattito sorto intorno alle probabili difficoltà di alcuni Stati a rimborsare i titoli del proprio debito pubblico, l’efficienza allocativa del collaterale tra controparti e la sua stima puntuale e veritiera in occasione di un eventuale riutilizzo in altre operazioni garantite, è uno dei temi chiave affrontati dai regolatori europei. La qualità dei collaterals  facilita l’attendibilità dei bilanci delle istituzioni finanziarie attive nei finanziamenti collateralizzati. D’altro lato, non è fattore di poco conto che la reperibilità di collateral e la redditività e i costi delle operazioni garantite siano stati influenzati dalle recenti politiche monetarie espansive BCE caratterizzate da tassi negativi o prossimi allo zero; tali politiche, tuttavia termineranno molto probabilmente a fine 2018. La politica monetaria accomodante con livelli di tassi interbancari molto bassi, riduce la profittabilità delle istituzioni finanziarie attive nella pura intermediazione creditizia e questo inevitabilmente ha un notevole impatto anche sulla disponibilità dei collateral.

In particolare, il prolungato Quantitative Easing promosso dall’Istituto Centrale Europeo ha alzato il premio corrisposto dalle controparti bisognose di collaterali di elevata qualità impiegato nei repo e nel prestito titoli, in genere costituito da titoli governativi di Paesi ‘core economicamente forti. Ricordiamo che il prestito titoli attivo dove l’intermediario assume il ruolo di lender, è tuttora considerato una importante fonte alternativa di redditività alla intermediazione classica per molti importanti operatori dell’investment banking.

Tornando agli effetti di SFTR, permangono alcuni dubbi applicativi.

La Commissione Europea deve ancora definire gli ultimi dettagli del terzo e ultimo pilastro del Regolamento SFTR: il transaction reporting. Questo dovrà rispettare regole di segnalazione predefinite. Considerando che il Regolamento sarà attuabile dal terzo trimestre 2019, le reporting entities devono da subito avviare un processo interno d’investimento in tecnologie, infrastrutture e risorse umane “skillate” che le trovi pronte e non impreparate a quest’appuntamento. Il Regolamento avrà anche un impatto diretto sul business delle istituzioni finanziarie coinvolte, soprattutto per quanto riguarda la gestione delle garanzie, dei margini e il settlement. Il punto critico che influirà sia sui costi operativi di compliance sia su quelli di trading degli enti segnalanti è costituito dalla fungibilità delle garanzie a collateral.

Un’altra considerazione di estrema importanza riguarda la notevole ampiezza dei volumi di operazioni interessate. Ampiezza registrata non tanto e non solo nel caso delle operazioni “clearate” ovvero regolate mediante Casse di Compensazione Centrali (CCPs) e quindi all’apparenza “più sicure” ma soprattutto per le operazioni Over The Counter regolate da accordi bilaterali. In tal senso, si noti la moltitudine delle operazioni repo negoziate fuori dai mercati regolamentati e sottostanti ad accordi bilaterali di tipo GMRA (General Market Repo Agreement) o di prestito titoli sotto GMSLA (General Market Securities Lending Agreement) spesso implicanti uno scambio di collateral tra controparti. Secondo l’ultimo sondaggio ICMA (International Capital Markets Association) svolto in marzo 2018, il volume globale di pronti contro termine negoziati sui mercati europei nel 2018 è ammontato a 7.250 miliardi di euro, la rilevanza sistemica è evidente.

Soffermiamoci ora sul primo pilastro dell’SFTR, il principio di trasparenza di riutilizzo del collateral. Nel prestito titoli, in molti casi la controparte presta il titolo riservandosi di mantenerne il diritto di proprietà. Non è obbligatorio il consenso preventivo del prestatore (lender) ad autorizzare il prenditore (borrower)al riutilizzo del collateral in altrettante operazioni di prestito titoli con terze parti. Riteniamo essenziale che tale riutilizzo emerga chiaramente nel reporting obbligatorio descritto in precedenza. Un altro aspetto importante è l’uso di ‘repos accessori’ che abbiano un ruolo strumentale di garanzia in complesse operazioni di negoziazione in derivati OTC. E’ evidente che in tali fattispecie la concatenazione di operazioni multiple con “riciclo” del collateral e incremento della leva finanziaria può avere effetti a catena sulla stabilità del sistema finanziario, specialmente nel caso in cui a essere coinvolte in questi deals fossero le cosiddette “GSII” o Globally Systemical Important Institutions, cioè le principali banche, players che dominano quasi in regime di oligopolio sia il mercato dei derivati OTC quanto quello dei repo. A tale proposito, nell’SFTR il legislatore ha correttamente enfatizzato i principi di consapevolezza e sensibilizzazione degli operatori affinché comprendano a fondo gli effetti sistemici del riutilizzo di collateral in transazioni multiple.

Conclusioni: le sfide della SFTR

Il riutilizzo dei collaterals (fenomeno definito di “ri-collateralizzazione”) mediante transazioni collegate di tipo SFT, nel caso di default di una controparte può causare un effetto “default domino” o cross-default che riguarda tutte gli attori della filiera, inclusi agenti di settlement e depositari. Qui si evidenzia la questione tuttora parzialmente irrisolta del rischio sistemico, perché i diritti di ri-collateralizzazione devono ancora essere disciplinati dal legislatore europeo. Il Regolamento SFTR impone l’uniformità di standard minimi nella valutazione dei collateral e l’ attendibilità di calcolo dell’haircut che, lo ricordiamo, nel caso del prestito titoli è la percentuale maggiorativa del controvalore del collateral rispetto al controvalore del titolo prestato che fornisce un ‘cuscinetto prudenziale’ nella garanzia. Una migliore attendibilità dei criteri valutativi di collateral di qualità accettabile ridurrebbe le debolezze o carenze qualitative nei bilanci delle istituzioni finanziarie che ricorrono massicciamente a operazioni di finanziamento garantito. Come noto, le operazioni garantite e segnalate da alcune banche nell’ambito del Money Market Statistical Reporting (Regulation ECB/2014/48) ‘Secured’ MMSE, ovvero i deals in pronti contro termine e prestito titoli collateralizzato di durata inferiore all’anno, devono essere già segnalate alla BCE ogni giorno obbligatoriamente solo alcune aziende di credito europee a rilevanza sistemica. Tra esse, da cinque grandi banche italiane. Il regolamento SFTR non solo estende il reporting di pronti contro termine, prestito titoli e operazioni di finanziamento ‘marginate’ a tutte le banche, agli OICR e ad altri soggetti indipendentemente dalle loro dimensioni, pertanto anche alle banche minori o Less Significant Institutions attualmente non obbligate alle segnalazioni MMSR, ma anche ad altri attori non bancari di dimensioni minori appartenenti al cosiddetto ‘shadow banking’ cioè i fondi o OICVM e altri UCITS, gli AIF (Alternative Investment Funds), alle compagnie di assicurazione e ad altri enti. Per questi soggetti non bancari, sono rafforzati gli obblighi di disclosure di Securities Financial Transactions mediante un reporting periodico dedicato. Va da sé che questo avrà implicazioni evidenti in termini di costi di compliance sul conto economico delle istituzioni più piccole. E’ però opportuno sottolineare che per il soggetto segnalante già obbligato al reporting EMIR per gli strumenti derivati è possibile realizzare sinergie di costo ed economie di scala utilizzando lo stesso repository. Si noti inoltre che, come nel caso di EMIR, potrebbe evidenziarsi un problema di doppia segnalazione qualora entrambe le controparti avessero sede nell’UE, perché l’SFTR richiede a entrambe la pubblicazione a repository della stessa operazione entro la chiusura del giorno lavorativo successivo.

Le sfide di questo processo già manifestate in applicazione dell’EMIR, che includono la riconciliazione delle transazioni mediante identificatori di prodotto univoci, inducono alcuni players di mercato a invocare a gran voce degli standard di reporting semplici. Tale richiesta si giustifica nel doppio obbligo di reporting per la stessa transazione sia ai fini del Regolamento EMIR sia a fini SFTR. Per inciso, si osservi che anche il Regolamento EMIR ha contribuito all’incremento nella domanda di collateral a garanzia di operazioni in derivati. Le istituzioni finanziarie potrebbero trarre vantaggio dall’uso di sistemi di reportistica unificati e compliant sotto i profili SFTR, EMIR, MiFID 2. Lo stesso Recital 10 del Regolamento SFTR afferma l’intento di evitare un incremento di costi operativi o sgradite sovrapposizioni e incoerenze.

Un altro tema a nostro avviso delicato è la totale esclusione dalle segnalazioni di tutte le operazioni ‘secured’ eseguite da un intermediario finanziario con controparte Istituti centrali che abbiano sede nell’Unione Europea. Si noti che, pur essendo escluse da SFTR le transazioni ‘secured’ effettuate con Banche Centrali dell’Unione Europea, non lo sono quelle chiuse con Banche Centrali con sede legale extra-UE. Questo da un lato pone limiti alla concorrenzialità di Istituzioni Centrali come prestatrici nel caso di operazioni “cross-continental” che coinvolgano banche europee e banche centrali non europee, d’altro lato penalizza la riservatezza riguardo eventuali operazioni di politica monetaria attuate da queste banche centrali.

Considerazioni distinte meritano i tri-party repos, che, lo ricordiamo, sono “cash driven” ovvero principalmente finalizzati alla raccolta di liquidità e utilizzano collateral generico (titoli di Stato). In un tri-party repo in aggiunta alle due classiche controparti generalmente bancarie in raccolta e impiego si realizza il ricorso a un’entità terza che assume la qualifica di agente, sia essa una Controparte Centrale o altro soggetto. Un tri-party repo è non di rado collateralizzato con cash e implica consegna contestuale del cash contro il titolo (Delivery Versus Payment) Un ulteriore allungamento della catena transazionale mediante riutilizzo del collateral affidato ad un soggetto terzo agente (triparty agent) incrementerebbe i rischi legati al reimpiego del titolo e anche il numero delle operazioni soggette a reporting. È tuttavia opportuno ricordare che il ricorso ai tri-party repos è proprio mirato a ridurre i problemi derivanti dal default di una delle controparti che potrebbe verificarsi in un bilateral repo classico.

Nuove criticità sotto il profilo del reporting si evidenziano nel caso di repo ‘incrociati’ tra le stesse controparti con netting del cash, cioè alla presenza di più repos (raccolta di liquidità contro reciproca consegna di titoli differenti tra loro) e reverse repos (impiego di liquidità contro ritiro del titolo) siglati dalla stessa banca con controparti multiple selezionate in funzione della convenienza delle fees applicate all’operazione e caratterizzate dallo scambio di collateral con maturities, rating, rischio emittente e conseguentemente ai primi, rendimenti diversi. Queste operazioni incrociate sono talvolta utilizzate da alcuni istituti di credito al fine di migliorare gli indicatori di liquidità definiti dall’impianto di Basilea III, tipicamente il Liquidity Coverage Ratio LCR e il Net Stability Funding Ratio NSFR. Proprio perché il rating, il rendimento, la solvibilità dell’emittente dei titoli scambiati sono differenti tra loro, potrebbero intervenire delle variazioni contrattuali (ad esempio la modifica del tasso applicato). Tali variazioni sarebbero a loro volta oggetto di reporting distinto. La presenza di deals multipli all’interno di un’unica operazione complessa, pone in luce la complessità di garantire un reporting SFTR trasparente e privo di duplicazioni soprattutto nei casi di riutilizzo o sostituzione dei collateral.

 

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LEGGI QUI l’articolo precedente  1/2,   Securities Financing Transactions Regulation (SFTR): la lunga strada verso il 2019

 


Riferimenti normativi, Consultare i link sotto riportati:

Securities Financing Transaction Regulation SFTR UE 2015/2365

ESMA Final Report Technical standards under SFTR and certain amendments to EMIR

Communication of the Commission on the intention to endorse, with amendments, the draft Regulatory and Implementing Technical Standards submitted by ESMA

European Market Infrastructure Regulation (EMIR) on OTC Derivatives UE 648/2012

 



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