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Hawala: anche una questione di educazione finanziaria

17 febbraio 2020

di Antonio ROSSI

In Italia il sistema hawala è considerato illecito ai sensi del ex art. 132 del T.U.B.(1)(2) (esercizio abusivo dell’attività bancaria) come confermato da diverse sentenze della Suprema Corte di Cassazione tra cui la n.2387 del 2019 eppure, sono stati recentemente registrati diversi casi relativi all’utilizzo di questo sistema.

In particolare:

  • nel 2017, il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha tratto in arresto 13 persone con l’accusa di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale. L’inchiesta coordinata dal Dott. Alberto Nobili e dal PM, Dott. Adriano Scudieri, ha messo in luce che il sodalizio criminale, mediante l’utilizzo del sistema della hawala, consentiva agli appartenenti all’organizzazione di riscuotere i proventi delle attività illecite da uno dei corrispondenti residente all’estero(3);
  • nel 2017, le indagini dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia presso la Procura della Repubblica di Bari e condotte dalla Squadra Mobile di Bari, dal Servizio Centrale Operativo e dalla Digos di Bari hanno portato allo smantellamento di un’organizzazione criminale dedita al traffico di migranti somali. L’organizzazione forniva ai migranti documenti di viaggio falsi al fine di farli entrare in territorio comunitario. L’operazione è stata denominata “hawala.net” in quanto l’organizzazione criminale utilizzava un sistema di hawala “informatica”- ovvero di rimesse di denaro e di compensazioni tra le varie agenzie in Italia e all’estero “on line” basate sulla fiducia – per ricevere i compensi dai migranti(4);
  • nel 2019, il Nucleo di Polizia Economico- Finanziaria di Udine, a seguito di una serrata attività d’indagine tecnica ha scoperto, che Internet Point di Udine svolgeva abusivamente un’attività di money transfer illegale mediante il sistema dell’hawala(5). Tale fattispecie penalmente rilevante, molto spesso va ad integrarsi con ulteriori fattispecie criminose, legate alla finalità della transazione, alla provenienza dei fondi e alla destinazione degli stessi, tra cui il finanziamento di organizzazioni terroristiche.

Per finanziamento del terrorismo, ai sensi dell’Art. 1 del d.lgs. n. 109/2007(6) s’intende : “(…) qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo; ovvero in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti (…)” e consiste nel “Money Dirtying” con cui s’investono proventi leciti in attività illecite attraverso meccanismi economico-finanziari.

Il processo di “Money Dirtying” si articola nelle seguenti fasi:

  1. Collection: raccolta di risorse finanziarie;
  2. Trasmission/Dissimulation: trasmissione o occultamento di risorse finanziarie;
  3. Use: impiego.

L’esperienza d’intelligence ed investigativa maturata nel corso degli anni, ha evidenziato che esistono diversi canali di finanziamento del terrorismo tra cui:

  • il sostegno di paesi “amici”;
  • imprese che svolgono attività produttive, commerciali o di servizi che hanno interesse economico e/o ideologico a far sviluppare ed a sostenere organizzazioni terroristiche in determinati Paesi;
  • organizzazioni caritatevoli;
  • la criminalità transnazionale.

Una volta terminata la raccolta di risorse finanziarie, l’organizzazione deve preoccuparsi di trasferire o di occultare tali risorse.
Il sistema dell’hawala potrebbe rivestire un ruolo in tutte le fasi del processo di “Money Dirtying” e principalmente nella fase di Trasmission/Dissimulation delle risorse finanziarie.

Ai fini del contrasto del finanziamento al terrorismo è bene evidenziare che i flussi finanziari destinati ad organizzazioni terroristiche sono difficili da intercettare, in quanto sono d’importo solitamente limitato, sono canalizzati al di fuori del circuito finanziario legale e solitamente sono proventi di lecita provenienza(7).

A tal proposito e con specifico riferimento alla hawala, l’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia nel Rapporto Annuale 2018(8), sottolinea che “(…) in concreto essa (ndr., l’hawala) può lasciare tracce sia nella fase di raccolta (…) sia in quella di compensazione periodica (trasferimenti verso l’estero di importo non minimale a favore di soggetti ricorrenti, identificabili con gli omologhi hawaladar corrispondenti nei paesi esteri). In tale schema, inoltre, l’hawaladar che effettui anticipazioni dovrà, di necessità, disporre di un patrimonio personale adeguato; infine l’eventuale svolgimento di un’attività commerciale con l’estero risulta funzionale a dissimulare le reali motivazioni delle compensazioni periodiche (…)”.

Alla luce di quanto sin qui scritto, l’analisi dei flussi finanziari è stata da sempre fondamentale nell’ambito del contrasto alla criminalità organizzata e del terrorismo, basti pensare che il giudice Giovanni Falcone negli anni 80, con l’invenzione del metodo “Follow the Money”, è stato il precursore di tale strategia investigativa.
Nel dettaglio, tale modello prevedeva l’”inseguimento” dei flussi finanziari da parte degli organi inquirenti al fine di ricostruire le reti e i patrimoni delle famiglie mafiose, in quanto lo stesso giudice sosteneva “(…) segui il denaro e troverai cosa nostra (…)(9).
In particolare, il Dott. Falcone durante il convengo su “Tecniche di indagine in materia di mafia” tenutosi nel 1982 a Castel Gandolfo, evidenziava come “(…)il vero «tallone d’Achille» delle organizzazioni mafiose è costituito dalle tracce che lasciano dietro di sé i grandi movimenti di denaro connessi alle attività criminali più lucrose. Lo sviluppo di queste tracce, attraverso un’indagine patrimoniale che segua il flusso di denaro proveniente dai traffici illeciti, è quindi la strada maestra, l’aspetto decisamente da privilegiare nelle investigazioni in materia di mafia, perché è quello che maggiormente consente agli inquirenti di costruire un reticolo di prove obiettive, documentali, univoche, insuscettibili di distorsioni, e foriere di conferme e riscontri ai dati emergenti dall’attività probatoria di tipo tradizionale diretta all’immediato accertamento della consumazione dei delitti. (…)”.
Pertanto, anche con riferimento a questa digressione sul modello “Follow the Money”, in un mondo fortemente globalizzato l’attenzione da parte delle autorità e degli organi investigativi verso i flussi finanziari potenzialmente “anomali” e verso i nuovi strumenti finanziari deve restare molto alta.

Questo strumento ha rappresentato nel corso degli anni una valida alternativa agli strumenti convenzionali per il trasferimento di fondi provenienti da attività illecite o per il finanziamento e il trasferimento di fondi da parte di organizzazioni criminali/terroristiche.
Per tale ragione il contrasto a questo strumento in tutte le sue forme, seppur di difficile identificazione, dovrebbe essere una delle priorità delle autorità di controllo nazionali ed internazionali, ponendo particolare attenzione alla coesistenza di alcuni indicatori di rischio che col tempo sono stati individuati.

In particolare, l’Association of Certified Anti-Money Laundering Specialist ha individuato alcuni fattori di rischio relativi ad attività commerciali che esercitano abusivamente l’attività di money transfer tra cui(10):

  • conti correnti bancari intestati a persone fisiche e giuridiche con un numero elevato di operazioni
    eseguite in assegni o contanti;
  • operazioni effettuate con paesi in cui l’utilizzo del sistema dell’hawala è molto diffuso;
  • accrediti ricevuti da entità che non hanno alcun collegamento apparente con la persona fisica o giuridica
    intestataria del conto;
  • entrate di cassa sproporzionate rispetto al fatturato dell’attività sottostante.

Facendo riferimento all’esempio di cui sopra, il negozio etnico che vende alimenti provenienti dal Pakistan in Italia e che esercita abusivamente un’attività di money transfer mediante il sistema dell’hawala, molto probabilmente presenterà:

  • (i) sul conto corrente un elevato numero di versamenti in contanti;
  • (ii) un elevato numero di operazioni con il Pakistan; e
  • (iii) entrate di cassa sproporzionate rispetto al fatturato dell’attività di vendita di prodotti etnici (analisi della movimentazione del magazzino).

Gli indicatori di rischio sopra menzionati purtroppo non sono esaustivi e non possono essere l’unico sistema di rivelazione di tale sistema di finanziamento. Molto spesso i flussi finanziari non entrano nel sistema bancario, quindi solo un’attenta attività d’osservazione, da parte degli investigatori, delle attività commerciali ed eventuali confidenze d’informatori, potrebbero permettere di capire se dietro un’attività commerciale legale si cela in realtà uno “sportello” illegale che esercita attività di trasferimento/ricevimento di denaro.

La messa a punto di sofisticati mezzi di controllo per reprimere la diffusione del sistema della hawala potrebbe rilevarsi non pienamente efficace e molto dispendiosa proprio a causa della natura “informale” di tale sistema.

Pertanto, si potrebbe operare più che in una fase di “detection” in una fase di “prevention” andando ad arginare il fenomeno della hawala mediante dei corsi di educazione finanziaria mirati a educare quella fascia di immigrati che utilizzano tale sistema non per finalità esplicitamente illecite ma perché ancora legati alla cultura del paese di origine.
In particolare, potrebbe essere sviluppato un percorso di educazione finanziaria all’interno dei centri di accoglienza e di aggregazione finalizzato, oltre che a facilitare l’integrazione degli immigrati, anche a fornire una conoscenza di base del contesto economico/finanziario con cui l’immigrato dovrà confrontarsi.

Una azione formativa finalizzata a tracciare un discrimine tra chi utilizza e favorisce tale sistema informale di trasferimento di valuta a seguito di un retaggio culturale e chi invece lo utilizza per finalità chiaramente illecite faciliterebbe sicuramente l’attività degli investigatori permettendo di focalizzare transazioni che potrebbero costituire un grave pericolo per il nostro Paese.

 

Intervento del Dott. Antonio ROSSI – CFE, Deloitte Italia Financial Advisory Srl – Forensic Services

 

LEGGI QUI l’articolo precedente  1/2,   Hawala: un sistema (illegale) per il Finanziamento al Terrorismo


Per approfondimenti e normative, consultare i seguenti link e/o riferimenti:

(1)   “Chiunque svolge, nei confronti del pubblico una o più attività finanziarie previste dall’articolo 106, comma 1, in assenza dell’autorizzazione di cui all’articolo 107 o dell’iscrizione di cui all’articolo 111 ovvero dell’articolo 112, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da euro 2.065 ad euro 10.329”; Art. 132 del Testo Unico Bancario

(2)   D.Lgs. 385/1993 aggiornato, T.U.B. – Testo Unico Bancario

(3)   Gazzetta di Parma, Riciclaggio: Gdf arresta 13 persone, usavano sistema ‘hawala‘, 2017

(4)   Polizia di Stato (sito ufficiale), Con l’operazione “hawala.net” arrestati trafficanti di esseri umani, 2017

(5)   Guardia di Finanza (sito ufficiale), Sequestrato uno sportello abusivo per l’invio, la ricezione ed il prestito di denaro, con il metodo hawala, 2019

(6)  D.Lgs. 109/2007 – Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attivita’ dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE

(7)  Presentazione del Rapporto Annuale 2015 – Banca d’Italia-UIF, 2016

(8)  Rapporto Annuale 2018 – Banca d’Italia-UIF, 2019

(9)  Redazione Radio 24, “Follow the money: cosa resta del metodo Falcone, 25 anni dopo Capaci”, 2017

(10)  Genesis M., “A guidance to understand hawala and to establish the nexus with Terrorist financing”,  ACAMS, 2018

 



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